Il bavaglio sulle dichiarazioni pubbliche dei magistrati non si è fatto. Almeno non ora.
Nel corso della seduta lampo del Consiglio dei Ministri convocato per oggi è stato approvato il decreto legge sulla giustizia che contiene un inasprimento della disciplina sui reati in materia di cybersicurezza. Ma, all'ultimo è stato tolto il provvedimento che avrebbe costretto i magistrati a astenersi dal trattare fascicoli relativi a tematiche su cui avessero espresso pubblicamente una posizione, come ad esempio tramite un intervento a un convegno o un’intervista a un giornale.
Per farla breve: se un pubblico un magistrato avesse parlato delle stragi di mafia, non avrebbe potuto più trattare delle stesse in sede giudiziaria.
Come anticipato dal Corriere, il ministero ha deciso di stralciare la norma dal decreto, ufficialmente per non esacerbare la tensione già altissima con la magistratura.
Questo emendamento è stato criticato come un tentativo di escludere dai procedimenti giudiziari "sensibili" i magistrati considerati politicizzati, come nel caso del giudice Silvia Albano, che aveva bloccato i trattenimenti dei richiedenti asilo in Albania. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio avrebbe avuto il potere di valutare le “gravi ragioni di convenienza” e, se necessario, avviare azioni disciplinari, che avrebbero potuto portare a sanzioni come l'ammonimento o la rimozione dall'ordine giudiziario. L'iniziativa è stata contestata dalle opposizioni, in particolare Movimento 5 stelle e Pd, ma anche dall'Associazione Nazionale Magistrati, l’organismo di rappresentanza dei giudici e dei pm.
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