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In Italia la “criminalità dei potenti” e la politica diventano una cosa unica

Correva l'anno 2009 quando, sugli scaffali delle librerie, faceva il suo ingresso Il Ritorno del Principe (ed. Chiarelettere), un'opera straordinaria, capace di offrire una lucida analisi tanto del passato quanto del presente. Rispondendo alle domande del giornalista e scrittore Saverio Lodato l’allora procuratore generale di Palermo (e oggi senatore) Roberto Scarpinato aveva tracciato i confini di un girone dantesco dal quale il nostro paese non è mai stato in grado di uscire.
“Falcone coniò l'espressione ‘gioco grande’ proprio per definire il gioco totale del potere di cui il Principe è uno dei coprotagonisti” che rappresenta “la componente più arcaica e premoderna della nostra classe dirigente, il cui modo di praticare la lotta politica si è declinato, oltre che in termini palesi e legittimi, anche in forme criminali, ha trovato le sue principali espressioni nella corruzione, nello stragismo e nella mafia” disse l’alto magistrato. Con questa componente la legalità deve fare i conti poiché la Sua forza viene da lontano e affonda le radici nella storia del nostro popolo".

In alcune fasi storiche è costretta ad arretrare, in altre diventa straripante. E sempre e comunque una realtà politica. La lezione della storia insegna che nessuno, a destra, al centro e a sinistra, può governare in questo Paese senza tenere conto di questa realtà”.
Ma in cosa consiste? E in che modo è ritornata al comando, più forte che mai?
Partiamo dalla base: “La mafia è anche uno dei tanti complicati ingranaggi che nel loro insieme costituiscono la macchina del potere reale nazionale; macchina che scrive il corso della storia collettiva operando in parte sulla scena, ma in gran parte dietro le quinte. Nessuno può permettersi di svelare taluni segreti della parte oscena della storia che gli è accaduto di intravedere senza rischiare di restare stritolato dalla reazione compatta e trasversale di tutto il sistema”.


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Roberto Scarpinato © Paolo Bassani


E gli esempi li abbiamo oggi con l'assalto di questa maggioranza alla Costituzione e a quella parte della magistratura che cerca di scoprire le verità indicibili dietro le stragi di Stato e di Mafia, attraverso una serie di riforme e atti normativi (l'ultimo quello eversivo e criminale del Ddl Sicurezza) con l'antico scopo di "ristabilire il primato della politica surrogando la responsabilità penate con quella politica".
Il casus belli, oggi come allora, è sempre lo stesso: la classe dirigente continua a sostenere che la magistratura ha abusato dei suoi poteri e quindi deve essere 'riformata'.

E per 'riformata' si intende ridurla ad un organo servente dell'esecutivo tramite la separazione delle carriere e la discrezionalità dell'azione penale che, con la riforma Cartabia, è passata nelle mani del parlamento.
Scarpinato nel libro aveva descritto anche "l'involuzione autoritaria che semplifica la gestione del potere consegnando lo scettro del comando a pochi. Per certi versi la situazione ricorda la crisi della democrazia che si verificò all'inizio del Novecento, quando in Italia, a seguito dell'estensione del diritto di voto a tutti i cittadini e della conseguente immissione delle masse nello Stato, la fragile architettura dello Stato liberale fondato sul censo si rivelò inadeguata a gestire la complessità sociale. In quel tornante della storia, il potere si verticalizzò in modo violento con il fascismo. Oggi il potere si verticalizza in modo soft".


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Saverio Lodato © Paolo Bassani


E qui la mente corre veloce al progetto di riforma del Premierato che consegnerà la guida del paese, in maniera definitiva, non al popolo ma ad un gruppo politico di cui il primo ministro sarà la massima espressione.
"Il pubblico - disse l'ex procuratore generale - si riduce a essere il luogo di mera registrazione notarile di decisioni prese altrove o, peggio, il destinatario di una delega in bianco a oligarchie private, incaricate di gestire spese e orientamenti nell’utilizzo di risorse pubbliche. La prima tappa di questo processo di trasmigrazione è stata, come noto, la partitocrazia e la correntocrazia: una confisca di porzioni strategiche della sovranità popolare da parte di clan e oligarchie private".

A questo si deve aggiungere il "silenzio coatto sui crimini" che rappresenta "il sigillo del potere": "Per quanto possa apparire strano in fondo è l'intero sistema che chiede il silenzio. E lo chiede perché certi segreti, certe verità non sono gestibili pubblicamente né sul piano giudiziario, né su quello politico. La stessa coltre di silenzio giudiziario e politico calata sui tentativi di golpe e sui crimini commessi dal Principe negli anni della strategia della tensione avvolge anche i suoi crimini mafiosi".
"Il Ritorno del Principe" fu nuovamente ristampato nel 2017, mantenendo intatta la straordinaria attualità del suo messaggio, quasi fosse stato concepito appositamente per interpretare e illuminare le complessità del presente. E oggi l'impressione non è diversa.

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