Come nel primo grado gli imputati tengono le bocche cucite.
Ad ottobre scorso era iniziato il processo d’appello per l’omicidio di Peter R. de Vries, il giornalista di inchiesta olandese colpito a morte il 6 luglio 2021 in Lange Leidsedwarsstraat, nel centro di Amsterdam, dopo una partecipazione a RTL Boulevard.
Lo scorso giugno il tribunale ha emesso pene che vanno da quattro settimane a 28 anni di carcere, ma sia gli imputati che l’Ufficio del Pubblico Ministero hanno presentato ricorso.
Durante l’udienza, l’imputato Konrad W. (condannato in primo grado a 14 anni) ha dichiarato che sta considerando di rilasciare dichiarazioni sulla propria posizione. Al contrario di quanto gli aveva suggerito il suo precedente avvocato.
All’inizio del processo d’appello l’Ufficio del Pubblico Ministero aveva esortato gli imputati a rompere il silenzio e a rilasciare delle dichiarazioni: “Il processo d’appello offre la possibilità di assumersi la responsabilità. Nel dossier ci sono molti dettagli sui loro ruoli, ma non tutte le domande trovano risposta. Perché De Vries doveva morire? Chi ha dato l’ordine? Chi altro è coinvolto?"
"I familiari e la società hanno diritto alla verità."
L’avvocato Vito Shukrula ha considerato questo appello "pericoloso" in quanto l’obbligo di tacere “esiste eccome nella criminalità organizzata, si chiama omertà”. L’avvocato teme che questo appello possa portare la criminalità organizzata a prendere "precauzioni" contro gli imputati o i loro avvocati. Ha anche sollevato dubbi sul fatto che lo Stato proteggerà gli imputati se decidessero di parlare. "O saranno abbandonati al loro destino, come spesso accade con i testimoni e le loro famiglie".
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