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Mentre la Premier va dicendo parole confortanti, la dura realtà le dà lo schiaffo morale

Crescono le preoccupazioni degli italiani, in tutte le regioni si respira a fatica, una vita normale sembra ormai un lontano ricordo, le spese, l'inflazione sembrano aumentare esponenzialmente al contrario di quanto il governo vuole affermare.
"L’Italia è tornata a correre, e il merito di questo successo non è del Governo ma delle imprese e dei loro lavoratori. Della loro resistenza, della loro intraprendenza, della loro capacità di innovare. Il Governo ha cercato di fare la propria parte, che è quella di creare un ambiente il più possibile favorevole a chi produce ricchezza e occupazione. Abbiamo scritto leggi di bilancio ispirate al buon senso e al pragmatismo, concentrando tutte le risorse a disposizione per sostenere le imprese che assumono e creano posti di lavoro e rafforzare il potere di acquisto delle famiglie".
Così il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel messaggio all'assemblea congiunta di Confindustria Brescia e Bergamo sottolineando che oggi si celebra "un’iniziativa molto significativa per rafforzare quel percorso di sinergia e connessione avviato da tempo dalle due Associazioni, tra le principali realtà produttive nazionali, per consolidare la leadership che già incarnate in termini industriali e manifatturieri.
"Più è forte la vostra sinergia, maggiore è il beneficio che il sistema produttivo italiano nel suo complesso può trarne. Fare squadra, soprattutto in un tempo complesso come quello che stiamo vivendo, caratterizzato da profonde trasformazioni e instabilità crescente, è cruciale per far crescere la competitività delle nostre imprese e rafforzare la capacità di conquistare nuovi mercati", ha detto Meloni.
Non manca ovviamente un lungo passaggio sulla nuova manovra che - spiega la Premier - "si inserisce nel solco di quelle precedenti, e prevede misure e interventi concreti per sostenere l’occupazione e chi fa impresa. Rendiamo strutturale il taglio del cuneo fiscale e ne ampliamo i benefici ai circa 1,3 milioni di lavoratori con redditi tra 35 a 40mila euro annui. Confermiamo la super deduzione del 120% del costo del lavoro per le nuove assunzioni e proroghiamo gli incentivi previsti dal Decreto Coesione per l’assunzione di giovani e donne. Rifinanziamo uno strumento importante come la Nuova Sabatini, portando il fondo ad un totale di 607 milioni nel 2025 e incrementando le risorse fino al 2029. Stanziamo 1,6 miliardi per il credito d’imposta in favore delle imprese che realizzano investimenti nella ZES unica del Mezzogiorno nel 2025".
"Inoltre, confermiamo la detassazione dei premi di produttività e dei fringe benefit riconosciuti da imprese e datori di lavoro ai lavoratori, nel limite di 1000 euro complessivo che sale a 2000 per i lavoratori con figli. Introduciamo, inoltre, una misura molto importante per i neoassunti che hanno trasferito la loro residenza oltre i 100 km e hanno un reddito non superiore ai 35 mila euro. Per questi lavoratori, i canoni di locazione e le spese di manutenzione dei fabbricati concessi in uso ai dipendenti assunti a tempo indeterminato, nei primi due anni dall’assunzione, non costituiscono reddito ai fini fiscali, entro il limite complessivo di cinque mila euro annui".
"Provvedimenti che disegnano una visione molto chiara e che puntano a consolidare quel cammino di crescita che l’Italia ha iniziato a percorrere in questi anni. Abbiamo tanto lavoro da fare ancora, e intendiamo farlo insieme a voi, e a tutti coloro che hanno a cuore il futuro di questa Nazione", conclude Meloni.
Tuttavia l’analisi dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre mostra quanto siano cresciuti, tra il 2019 e il 2023, i costi sostenuti dalle famiglie italiane. Nel periodo in esame, il costo della vita è aumentato in media del 16,3%. Gli aumenti maggiori si sono verificati nel settore dell’energia, con bollette aumentate del 108% per l’elettricità e del 72,1% per il gas. In aumento anche il costo dell’acqua, che ha segnato un +13,2%, così come servizi postali (+8,6%), trasporto urbano (+6,3%), trasporto ferroviario (+4,5%), taxi (+3,9%), gestione dei rifiuti (+3,5%) e pedaggi autostradali (+3,3%). Le tariffe monitorate hanno un costo medio per le famiglie italiane di poco superiore ai 2.900 euro annui (circa il 12% dell’intera spesa familiare annua).
Secondo i dati Istat a settembre 2024, dopo tre mesi di crescita, il numero di occupati diminuisce (-63mila unità), attestandosi a 23 milioni 983mila; il calo coinvolge i dipendenti permanenti – che scendono a 16 milioni 21mila – e i dipendenti a termine, pari a 2 milioni 815mila; gli autonomi rimangono stabili a 5 milioni 147mila.
Rispetto a settembre 2023, gli occupati sono 301mila in più, sintesi dell’aumento dei dipendenti permanenti (+331mila) e degli autonomi (+81mila) e del calo dei dipendenti a termine (-110mila).
Su base mensile, il tasso di occupazione scende al 62,1%, quello di inattività sale al 33,7%, mentre il tasso di disoccupazione è stabile al 6,1%.
Infatti ad avviare un’attività imprenditoriale in Italia sono rimasti solo gli stranieri. O quasi. Negli ultimi 10 anni le imprese attive guidate da titolari nati all’estero sono aumentate del 29,5 per cento (in valore assoluto pari a +133.734), quelle in cui a capo c’è un italiano, invece, sono scese del 4,7 per cento (- 222.241). Delle 5.097.617 aziende attive presenti in Italia1, ben 586.584 (pari all’11,5 per cento del totale nazionale) sono a conduzione straniera. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA.
Nell’ultimo decennio (2013-2023), nelle 105 province d’Italia monitorate solo 7 hanno visto aumentare in termini assoluti il numero degli imprenditori italiani rispetto a quelli stranieri. Le realtà geografiche in cui gli stranieri con partita Iva sono cresciuti meno dei colleghi italiani sono tutte ubicate nel Mezzogiorno. Esse sono: Catania, Messina, Cosenza, Siracusa, Nuoro, Vibo Valentia e Palermo.
I dati che si osservano abbassano il morale, il lavoro rispetto alle spese e consumi sembra essere inversamente proporzionale, diminuisce l’occupazione e la precarietà e aumentano i costi della vita. A ottobre, secondo le stime preliminari, l’inflazione risale a +0,9%, seppure in un quadro di stabilità congiunturale. Gli andamenti settoriali appaiono, tuttavia, differenziati. Nel comparto alimentare la dinamica tendenziale dei prezzi risulta in accelerazione (+2,4% da +1,1% di settembre), con effetti che si manifestano sul “carrello della spesa” (+2,2% da +1,0%). Al contrario, i prezzi dei Beni energetici accentuano il calo su base annua (-9,1% da -8,7%), nonostante l’aumento congiunturale della componente regolamentata. In decelerazione sono infine i prezzi dei servizi ricreativi e culturali (+3,6% da +4,0%) e dei trasporti (+2,8% da +2,4%). A ottobre l’inflazione di fondo resta a +1,8%.
A causa di questa discrepanza che si espande come un’epidemia globale, ad incidere è il fattore psicologico e psicosomatico nelle persone. Soprattutto dei giovani che risentono dell’incertezza della vita, dell’instabilità di un futuro, a causa di precarietà e disoccupazione, ma non solo anche le fasce adulte che si ritrovano senza un impiego preoccupano, perchè magari a 50 anni o 60 vengono licenziati, per fallimenti aziendali o deficit economici. Il tasso di natalità legato alle fasce giovanili per motivi sopra citati ha ancora un record al ribasso: nel 2023 scendono a 379.890, registrando un calo del 3,4% sull’anno precedente. Il calo delle nascite prosegue anche nel 2024: in base ai dati provvisori relativi a gennaio-luglio le nascite sono 4.600 in meno rispetto allo stesso periodo del 2023. Il numero medio di figli per donna scende: si attesta a 1,20, in flessione sul 2022 (1,24) e la stima provvisoria elaborata sui primi 7 mesi del 2024 evidenzia una fecondità pari a 1,21.
Tutte queste cause e concause hanno contribuito ad uno stato di malessere generale del paese, quindi al contrario di quanto si voglia far credere questo è lo stato delle cose secondo dati ufficiali e fonti attendibili. Infatti secondo il report dell’Oms riportato da “Nurse24.it” - “La perdita del lavoro, l'instabilità finanziaria, la riduzione delle opportunità di lavoro o l'aumento della disoccupazione sono altri fattori di rischio, causati dalle recessioni economiche o dalle emergenze umanitarie o di sanità pubblica, che possono minare la salute mentale delle persone.
Di fronte a questo panorama, l'Oms sottolinea pertanto la necessità di agire per proteggere e promuovere la salute mentale sul posto di lavoro, prevenendo quelle condizioni di non benessere che fanno ammalare legate all'attività lavorativa.
Invita pertanto all'azione i governi, i datori di lavoro e le organizzazioni sindacali, tutti attori responsabili della salute e della sicurezza dei lavoratori, raccomandando loro di implementare interventi organizzativi per valutare, mitigare, modificare o rimuovere tutti quei rischi che minacciano la salute mentale dei propri lavoratori”.
E ancora secondo “Quotidianosanità.it” - “Su oltre 28 milioni di lavoratori circa 6 milioni di italiani 1 su 5 soffrono di stress da lavoro, con prevalenza di donne.
Se si considera che del totale degli occupati gli uomini rappresentano circa il 60%, in tema di stress correlato al lavoro il rapporto tra i generi si ribalta. Oltre 3 milioni e 200 mila sono le donne lavoratrici con problematiche di stress correlate e disagi psichici. Di queste circa 1 milione soffrono di una condizione clinicamente rilevante e meritevole di un'attenzione specialistica 500 per disturbi d’ansia, 230 mila di insonnia e 220 mila depressione, le restanti (2 milioni 200mila) presentano transitori disturbi di ansia, irritabilità facilità al pianto deficit di concentrazione, disturbi del sonno). La Società Italiana di Psichiatria (Sip) ha recentemente promosso, sotto l’egida della XII Commissione del Senato della Repubblica, una indagine conoscitiva sulla depressione, quale tema importantissimo, sebbene spesso sottovalutato, che riguarda milioni di persone, finalizzata a individuare e capire quali possano essere i suggerimenti di indirizzo che il Parlamento può dare al Governo in merito a questo tema, ma anche riportare nel dibattito pubblico un problema che interessa moltissime persone, e che viene spesso misconosciuto.
“Sono dati che spaventano – spiega il presidente della Sip, Bernardo Carpiniello, direttore della Clinica Psichiatrica dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria e Professore di Psichiatria all’Università degli Studi di Cagliari – perché il lavoro, che per anni è stato fonte di reddito, di prospettive familiari e di realizzazione di sogni, insomma di felicità, diventa oggi, nelle forme attuali (velocità, reattività, interazione immediata, costante sottoposizione a valutazioni personali) causa di problemi e di patologie mentali. Con costi sociali umani altissimi”.
“La depressione è, già oggi – spiega Carpiniello – la seconda malattia invalidante al mondo e si stima che nel 2030 sarà sul gradino più alto di questo non invidiabile podio, con altissimi costi sociali e un forte impatto economico. Un recente studio condotto dall'Oms stima che depressione e ansia costino in termini di economia globale circa 1 trilione di dollari ogni anno. La depressione in particolare ha un impatto pesantissimo sulla nostra capacità lavorativa e sulla produttività. Essa è infatti la prima causa di giornate perse fra tutte le patologie, oltre che tra le principali cause di calo della produttività sul lavoro”.
Quindi queste sono le condizioni attuali del paese e una repubblica fondata sul lavoro e sulla felicità dell’individuo in relazione alla società non può non tenere conto della dura realtà, si adoperi ad un cambiamento costruttivo e di risanamento.
Perché ormai è evidente l’andazzo dei poteri forti, quello di mettere in ginocchio la popolazione per sfruttarne e captarne le risorse interiori e vitali.
Quindi aprite gli occhi e le orecchie e divenite uomini liberi fautori della vostra felicità, cari lettori e fratelli.

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