Chieste le condanne per presunti scafisti: “Hanno avuto un ruolo attivo nella gestione dei passeggeri del caicco naufragato”
La procura di Crotone ha chiesto il rinvio a giudizio per quattro finanzieri e due uomini della Guardia costiera nell'ambito dell'inchiesta sulla strage di Cutro, avvenuta il 26 febbraio 2023 dove sono morti 94 migranti e molti altri corpi non furono mai ritrovati. Gli uomini della Gdf e della Capitaneria di porto, come scrive la Gazzetta del Sud, sono accusati di non avere impedito il naufragio. I reati ipotizzati a carico dei sei indagati sono naufragio colposo e omicidio colposo plurimo. Rischiano il processo Giuseppe Grillo, capo turno della sala operativa del Comando provinciale di Vibo Valentia della Guardia di finanza e del Roan, il Reparto operativo aeronavale delle fiamme gialle; Alberto Lippolis, comandante del Roan di Vibo Valentia; Antonino Lopresti, ufficiale in comando e controllo tattico nel Roan di Vibo Valentia; Nicolino Vardaro, comandante del gruppo aeronavale di Taranto; Francesca Perfido, ufficiale di ispezione in servizio nel Centro di coordinamento italiano di soccorso marittimo di Roma, e Nicola Nania, ufficiale di ispezione nel centro secondario di soccorso marittimo di Reggio Calabria.
Chieste condanne per presunti scafisti
Il pubblico ministero Pasquale Festa ha chiesto al Tribunale di Crotone la condanna dei tre imputati per il naufragio del Summer love avvenuto a Steccato di Cutro il 26 febbraio 2023 e nel quale sono morte 94 persone con un numero imprecisato di dispersi. Il pm ha evidenziato le diverse responsabilità dei tre imputati chiedendo 18 anni di reclusione e 4,5 milioni di euro di multa per Hasab Hussain, 22 anni pakistano; 14 anni e 3,6 milioni di euro di multa per Khalid Arslan (26) pakistano; 11 anni e 2,7 milioni di multa per Sami Fuat (52), turco. "Non sono scafisti ma hanno avuto un ruolo attivo nella gestione dei passeggeri del caicco naufragato a Cutro anche se la loro responsabilità nel naufragio non è equiparabile a quella di chi guidava barca”, ha affermato il magistrato. "Durante questo processo - ha detto il pm durante la requisitoria - abbiamo sentito le parole scafista e migrante. Abbiamo sentito gli imputati dire io non sono scafista ma migrante. Se intendiamo lo scafista come comandante della nave, gli imputati qui presenti non sono scafisti perché non sono in posizione comando, ma impuntiamo loro di aver dato una mano nella gestione dei passeggeri". "Nel processo - ha sottolineato - abbiamo fornito un quadro solido rispetto a tutte le posizioni degli imputati. Abbiamo acquisito 19 testimonianze per avere diverse prospettive dello stesso viaggio e sono emerse circostanze analoghe". Nel ricostruire le vicende che hanno portato al naufragio, il pm ha differenziato i comportamenti dei tre imputati contestando soprattutto ad Hasab Hussain, che si era finto minore, la posizione più grave. Per il pm Hussain era "un organizzatore del viaggio avendo trovato nel suo telefono 74 foto con documenti di identità, assegni, transazioni bancarie di altre persone che in alcuni casi avevano già raggiunto l'Italia". Secondo il magistrato Hasab avrebbe anche tratto dei benefici economici. Festa ha riconosciuto che Khalid Arslan ha pagato il viaggio ma, facendo da traduttore e tenendo l'ordine tra i passeggeri, ha svolto un ruolo nell'agevolare gli organizzatori. Sul turco Sami Fuat, il pm ha detto: “Faccio fatica a pensare che era migrante come gli altri visto che lui era sul caicco da solo da alcuni giorni prima e poi è partito con l'equipaggio (Mohamed Abdessalem, siriano di 26 anni, condannato in abbreviato a 20 anni, e Guler Bayram di 35 anni, deceduto nel naufragio) per andare in soccorso della prima imbarcazione partita dalla Turchia che era in avaria".
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