Spiati politici, giornalisti “scomodi” e vip. Arrestato super poliziotto considerato deus ex machina dell’organizzazione
Un "gigantesco mercato di informazioni personali" e riservate acquisite il modo illecito da banche dati strategiche per l'Italia, carpite da ex appartenenti o appartenenti a polizia e Gdf, tecnici informatici e hacker per essere rivendute a clienti del mondo dell'imprenditoria non solo per fini 'aziendali' ma anche familiari. È quanto ha scoperchiato l'indagine della Dda di Milano e della Dna che ha portato agli arresti domiciliari Carmine Gallo - ex poliziotto di alto profilo noto per le sue indagini contro la ’ndrangheta in Lombardia -, l’amministratore delegato della Equalize, società di investigazione privata del presidente di Fondazione Fiera, Enrico Pazzali (ora indagato), Nunzio Calamucci, Massimiliano Camponovo e Giulio Cornelli, titolari o soci di aziende collegate e specializzate nella sicurezza e nell'informatica.
A disporre gli arresti con braccialetto elettronico è stato il gip Fabrizio Filice che ha anche firmato un provvedimento interdittivo della sospensione dal servizio per un finanziere e un agente di polizia e ha posto sotto sequestro, oltre alla Equalize, Mercury Advisor srls e Develope and Go srls. Le accuse a vario titolo, contestate a una sessantina di persone, sono associazione per delinquere finalizzata all'accesso abusivo a sistema informatico, corruzione, rivelazione del segreto d'ufficio e intercettazione abusiva e favoreggiamento. Le banche dati bucate sono i depositi di dati strategici in uso alle forze dell'ordine, all'agenzia delle entrate e a Bankitalia.
Il giudice, pur respingendo altre 10 richieste di misura cautelare - tra cui quella per Pazzali - avanzate dal pm milanese Francesco De Tommasi (i rigetti verranno impugnati), ha condiviso l'impostazione di inquirenti e investigatori. Così a finire tra gli indagati sono stati solo coloro che sapevano dell'attività illegale alla base di questo traffico "allarmante e di dimensioni imprenditoriali", come ha spiegato il Procuratore della Dna, Gianni Melillo, con l'esfiltrazione, in un paio di anni, di parecchie migliaia di dati che poi finivano in report spesso "mimetizzati" in modo da apparire leciti.
In un passaggio dell’ordinanza del gip di Milano si legge: “Un’organizzazione deputata alla conduzione di un’attività di servizi di investigazione privata, nel cui ambito risultano sistematicamente attuate condotte illecite di accesso abusivo a sistemi informatici in uso al ministero dell’Interno e alle Forze dell’ordine, inaccessibili ai privati, protetti da misure di sicurezza e relativi all’ordine pubblico e alla sicurezza pubblica”.
Da super poliziotto a deus ex machina dell’organizzazione
Carmine Gallo, non è un ispettore qualsiasi. Ha lavorato “gomito a gomito” con tanti pm dell’Antimafia negli anni ‘90 delle prime maxioperazioni contro la ‘Ndrangheta a Milano; ha gestito Saverio Morabito, il più importante pentito di ‘Ndrangheta al Nord, si è occupato di numerose indagini su tanti sequestri di persona e tanto altro.
“Non si era mai verificata una cosa del genere, un summit storico”, raccontò Gallo sentito come testimone al processo sulla cosca Morabito. “Abbiamo visto tre personaggi principali delle tre maggiori organizzazioni criminali operanti in Calabria e in Lombardia, credo che sia una cosa che mai più si è verificata. Noi stavamo indagando per i sequestri di Marco Fiora e Cesare Casella. Quest’ultimo verificatosi a Pavia e nel quale erano coinvolti alcuni personaggi vicini sia ai Papalia e sia ai Pelle”. Era il marzo 1988 e in quel summit c’erano Giuseppe Morabito, ’u tiradrittu, gran maestro delle cosche di Africo; Antonio Pelle, detto “Gambazza”, il principe nero di San Luca (deceduto d’infarto nel 2009); infine, Antonio Papalia, boss di Platì, referente al nord della mafia calabrese e padrone di casa.
Un grande poliziotto, che però, da ieri, si trova agli arresti domiciliari con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata all’accesso abusivo a sistema informatico. Per gli inquirenti, sarebbe il deus ex machina dell’organizzazione. Un uomo ritenuto in grado di delineare le “strategie operative” e programmare “le attività illecite” sul confezionamento di dossier e utilizzo di informazioni segrete esfiltrate dalle banche dati strategiche nazionali.
Operazioni illegali e uso di malware
L’inchiesta ha portato alla luce pratiche illegali come l’utilizzo di software dannosi e “captatori informatici” per monitorare dispositivi privati. Uno degli episodi più eclatanti riguarda Leonardo Maria Del Vecchio, figlio del fondatore di Luxottica, che avrebbe richiesto di sorvegliare il cellulare della compagna Jessica Serfaty, attrice e modella, senza però riuscire nell’intento. In un altro caso, secondo gli inquirenti, Calamucci avrebbe organizzato false chat compromettenti tra la Serfaty e un famoso illusionista per danneggiarne la reputazione.
Per ottenere dati riservati, l’organizzazione avrebbe agito secondo due modalità principali: corruzione di pubblici ufficiali e accesso abusivo ai sistemi informatici tramite malware, in particolare attraverso un “RAT” (Remote Access Trojan), ovvero un virus che permetteva di violare i server ministeriali. La piattaforma Beyond, sviluppata dall’organizzazione, avrebbe garantito questi accessi illeciti, che venivano successivamente utilizzati per arricchire i cosiddetti “report reputazionali” destinati ai clienti.
Grandi aziende tra i clienti: i rapporti con Erg, Barilla ed Eni
Nell’inchiesta sono finiti anche grandi firme e marchi. Tra i principali clienti del network, infatti, emergono nomi dell’industria italiana come Erg, Barilla ed Eni. Le aziende, oltre a chiedere rapporti di monitoraggio su dipendenti e collaboratori, si sarebbero servite di trojan installati illegalmente su dispositivi personali per raccogliere informazioni sensibili. Dirà Calamucci, rispetto al monitoraggio di alcuni dipendenti di Erg: “Okay, sta registrando tutto? Metti in modalità che registra tutto. Noi guardiamo che cosa combinano e poi domani diamo una sbirciata”. E ancora: “C’ha WhatsApp, io questo lo sto registrando tutto!”.
In una delle intercettazioni, Gallo riferisce di una fattura da 50.000 euro emessa proprio per Eni a lavoro concluso. Altri individui di spicco coinvolti includono il finanziere Giuseppe Bivona e l’ex presidente di Bpm Massimo Ponzellini. Persino nomi dello spettacolo, come il cantante Alex Britti, risultano tra i bersagli di questi controlli.
L’ampiezza dell’organizzazione e il livello dei contatti fotografano una struttura ben radicata nel panorama delle grandi imprese e in settori strategici del Paese. Le indagini proseguono. Gli investigatori vogliono comprendere se, oltre al vantaggio economico, vi siano altri scopi dietro questo “gigantesco mercato delle informazioni riservate” e i numerosi casi di spionaggio che sembrano aver garantito a Equalize un potere senza precedenti.
Anche alcuni giornalisti nel mirino
Anche i giornalisti rientravano tra i bersagli della rete di spionaggio orchestrata da Enrico Pazzali e Carmine Gallo attraverso la loro società, Equalize. I loro esperti di intercettazioni e trojan riuscivano a "penetrare abusivamente in sistemi informatici e telematici protetti da misure di sicurezza", come si legge nell’ordinanza del giudice, violando dispositivi personali come telefoni, computer e tablet di alcuni cronisti da monitorare. Tra questi figurano Gianni Dragoni del Sole 24 Ore e Giovanni Pons di Repubblica. Anche Guido Rivolta, ex giornalista del Sole 24 Ore e poi responsabile delle relazioni istituzionali di “Cassa depositi e prestiti”, e Andrea Deugeni di Milano Finanza erano sotto sorveglianza. Pazzali gestiva in prima persona i rapporti con i giornalisti e proteggeva con attenzione la sua attività; quando qualcuno infrangeva questo equilibrio con articoli scomodi, entravano in azione gli specialisti di Equalize. Nel 2019, i giornalisti Giovanni Pons e Andrea Sparaciari pubblicano su Business Insider tre articoli critici su Enrico Pazzali, in procinto di ritornare a Milano al vertice della Fondazione Fiera. Gli articoli ripercorrono problemi finanziari durante la sua precedente gestione della Fiera di Milano e il coinvolgimento di imprese mafiose tra i fornitori. In risposta, Equalize, accede illegalmente ai contatti di Pons e ai dispositivi di Giovanni Gorno Tempini, l’allora presidente uscente della Fondazione Fiera.
Poco dopo, anche Gianni Dragoni critica Pazzali tra le colone de Il Sole 24 Ore, accusandolo di truccare i bilanci della Eur Spa. Di conseguenza, Equalize viola i telefoni di Dragoni e crea false chat tra lui e Gorno Tempini, contatti che Dragoni non possedeva realmente.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
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