Migranti, il fondatore di Libera: “Società assuefatta e indifferente di fronte a chi è lasciato nudo e affamato su un barcone”
“Guardando alle vicende di questi giorni ho pensato che anche noi come Gandhi, come Capitini, con un atto d’amore, pensando alla fame delle persone migranti, potremmo essere capaci di uno sciopero della fame”. Lo ha detto don Luigi Ciotti, sacerdote e attivista italiano da sempre impegnato contro le mafie e le ingiustizie, intervenuto a margine dell’evento di Vibo Valentia, “Contromafiaecorruzione”, rispondendo ai microfoni del quotidiano “Avvenire”. Il fondatore di Libera e del Gruppo Abele ha esortato a promuovere il cambiamento impegnandosi in prima persona e ispirandosi a chi ha messo a disposizione anche il proprio corpo, oltre che il proprio impegno, in favore del prossimo, dei più deboli e dei diseredati. “Qualche milione di italiani - ha proseguito - che cominci uno sciopero della fame vero, concreto, perché altri hanno perso la vita e la stanno perdendo per meccanismi ingiusti. Un modo non violento di graffiare la coscienza di chi ha le responsabilità - ha spiegato - modificando quei meccanismi che calpestano la Dichiarazione universale dei diritti umani e la Costituzione. Altrimenti, saranno solo parole”. Parlando di leggi ingiuste, don Ciotti, citando don Lorenzo Milani, ha ribadito che lo scopo principale del diritto dovrebbe essere quello di dare forza ai deboli e di battersi quando le leggi sono ingiuste, “quando non sanzionano il sopruso del forte”; è in quel momento che bisogna “pagare di persona un’obiezione di coscienza, cioè violare la legge di cui si ha coscienza che è cattiva e accettare la pena che essa prevede”. Per il sacerdote, è necessario lottare per “equiparare i diritti e i doveri di chiunque vive sul territorio del nostro Paese”, contrastando le disuguaglianze e tutto ciò che porta i migranti a dover scappare dalle proprie terre d’origine, anche a costo della vita. “Occorre fermare la deriva etica di un pezzo di Mondo che abbandona alla deriva l’Umanità più povera e fragile”, costruendo una società più inclusiva ed evitando politiche autoritarie che minano la democrazia.
La tragedia dei migranti e la complicità dell’indifferenza
Per quanto riguarda la strage di migranti che ogni anno si consuma a causa di persone che cercano di attraversare i confini marittimi per sfuggire a guerre, fame, persecuzioni e povertà, don Ciotti ha ricordato che il Mar Mediterraneo è da tempo diventato il teatro principale di un vero e proprio martirio, dove migliaia di migranti ogni anno perdono la vita, annegando o morendo per altre cause legate ai viaggi estremamente pericolosi. “Questa rischia di essere una civiltà che non riconosce la morte, ma finisce per infliggerla agli altri mentre si permette di essere spettatrice”, ha osservato don Ciotti, evidenziando come si sia creata una sorta di “assuefazione” da parte di una società che rimane pressoché indifferente alla vista di chi è “lasciato nudo e affamato su un barcone alla deriva”. E ha aggiunto: “Quello che chiediamo alla politica, alzando la voce, è che si blocchi questa emorragia di umanità. Noi non dobbiamo tacere, non possiamo diventare complici di tutto questo sulla pelle di tanti poveri”. Il sacerdote attivista ha commentato anche il conflitto, ancora una volta in corso, tra politica e magistratura. “Non si era mai visto con tale violenza” ha spiegato don Ciotti, riferendosi alla tendenza di una certa politica a voler piegare la magistratura per renderla “obbediente”. “È evidente l’attacco di parte della politica perché la magistratura li inchioda al contenuto delle leggi”. A questo - ha aggiunto - si deve sommare “un attacco personale ad alcuni magistrati”.
Foto © Imagoeconomica
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