Questo articolo, che riproponiamo ai nostri lettori, è stato scritto in data 16-10-2024
Dieci anni or sono, il 16 ottobre 2014, venne ucciso il mio amico e fratello di sempre Pablo Medina; giornalista affermato di ANTIMAFIADuemila, scrittore e corrispondente di una delle televisioni più importanti del Paraguay, l'ABC Color.
Con lui morì anche la sua giovane collaboratrice, Antonia Almada, che di anni ne aveva solo 19.
Il potere criminale gli strappò la vita lungo una strada rurale di Villa Ygatimí, nel dipartimento di Canindeyú al confine con il Brasile.
In questi dieci anni di ricerche abbiamo intervistato senatori, deputati, vicepresidenti, presidenti di commissione, sindaci, e abbiamo scoperto che la verità sull'assassino di Paolo Medina viene da lontano.
Viene dai grandi narcotrafficanti che governano la Triple Frontera in Sudamerica, uno dei luoghi più pericolosi del pianeta tra l’Argentina, Brasile e Paraguay. La regione è un mercato a cielo aperto di 2.500 chilometri quadrati in cui avviene ogni genere di traffico illecito, a partire da quello della droga.
Attualmente le indagini giudiziarie e i processi hanno portato alle condanne di Vilmar “Neneco” Acosta, ex sindaco di Ypejhú e politico del ‘partito Colorado’, ripetutamente denunciato da Pablo Medina come uomo vicino al narcotraffico della zona e coinvolto in altri delitti.
Fu lui a commissionare l'assassinio e per questo gli venne inflitta una condanna di ad oltre trent'anni di carcere che sta trascorrendo presso il Penitenziario Nazionale di Tacumbú.
Certamente è lui il mandante dell'omicidio ma chi gli diede l'autorizzazione procedere con l'organizzazione dell'attentato?
In un contesto criminale organizzato non è pensabile che un individuo come l'ex sindaco di Ypejhú abbia agito di 'motu proprio'.
Invero i grandi narcosi che controllano le filiere della coltivazione e della distribuzione di tonnellate di cocaina sono di fatto eterodiretti dal sistema criminale integrato che in America Latina è rappresentato, in parte, dalla 'Ndrangheta.
Questo sistema si serve di pendine, di 'pupi', per fare uccidere e fare attentati; pendine come Vilmar “Neneco” Acosta o Flavio Acosta, uno dei sicari (condannato a 36 anni) e Wilson Acosta, l'altro killer, anch'egli arrestato in Brasile nel maggio 2020.
Ma il livello delle complicità è sempre stato ed è ancora più alto. E' un fatto noto che il Paraguay è a tutti gli effetti un Narco-Stato.
È un concetto che abbiamo ripreso più volte ma che è stato anche al centro della trasmissione Presadiretta (condotta da Riccardo Iacona) su Rai 3 in cui è intervenuto il mio collega e direttore di Antimafia Dos Mil Jean Georges Almendras.
“Parlare di narcotraffico in Uruguay significa affrontare il sistema politico. E il sistema politico è cooptato, infiltrato dai narcotrafficanti”, ha esordito Almendras. “Lo abbiamo visto con la fuga di Rocco Morabito. Sono passati cinque anni e nessuno è stato indagato dalla Procura. Lo abbiamo visto con il passaporto rilasciato a Sebastián Marset (grande narcotrafficante uruguaiano fuggito negli Emirati, ndr) a Dubai. Quando parlo di narcomafia, di sistema politico contaminato, dicono che sono esagerato, che da noi non è così. Ma dobbiamo aspettare che ammazzino i giudici per strada? Che il sistema mafioso internazionale si sia insediato qui da noi? Nessuno lo può più negare”, ha affermato. Secondo il direttore di Antimafia Dos Mil si è iniziato a parlare di ‘Ndrangheta “quando c'è stato l'arresto e poi la fuga di Rocco Morabito e la ‘Ndrangheta, da parola vuota, senza significato concreto, è diventata reale, una faccia precisa, un nome, quello di Rocco Morabito. Ma l'infiltrazione nella nostra società era già avvenuta”.
“Il traffico di droga - ha spiegato - ha bisogno di vie di trasporto per muovere tonnellate di cocaina e questo significa controllo delle dogane, controllo della rotta degli aerei, dei porti, e la corruzione dei funzionari pubblici nel nostro paese è facile perché c'è molta povertà; anche questo la mafia lo sa e ne approfitta”.
Di conseguenza come non si può additare la corruzione apicale della politica di quei Paesi (Uruguay, Messico, Bolivia, Colombia etc...) che ha scalato le gerarchie statali fino ad arrivare a ministri e presidenti della repubblica.
Basti pensare al magnate Horacio Cartes (presidente del Paraguay dal 15 agosto 2013 al 15 agosto 2018) che controllava l'economia del Paese e che ebbe fortissimi legami con i clan del narcotraffico.
Questi Paesi diventano così parte di un sistema che facilita il transito di tonnellate di droga dirette verso gli Stati Uniti, spesso con la complicità di alcuni elementi corrotti della Cia e della Dea. In Italia, lo scenario non è diverso: le organizzazioni mafiose riescono a infiltrarsi nelle istituzioni, corrompendo alti funzionari dello Stato per garantire il passaggio di enormi quantità di sostanze stupefacenti.
È da questo sistema che è venuto l'ordine di assassinare mio fratello, Pablo Medina, il quale aveva smascherato anche vasti traffici di cocaina, portando al sequestro di tonnellate di droga.
Pablo Medina aveva compreso che nelle mani del narcotraffico sudamericano si trovavano non solo i criminali locali, ma anche le grandi mafie, inclusa la 'Ndrangheta. Fu proprio questa intuizione che, circa 15 anni fa, lo portò a contattare ANTIMAFIADuemila, chiedendo una collaborazione al sottoscritto. Aveva intuito che dietro i grandi traffici di droga in Sud America c’era il controllo della mafia italiana, quella che davvero muoveva i fili di questo complesso sistema criminale.
Grazie Pablo, seguici sempre da qualunque luogo ti trovi nella luce. Seguiremo il tuo esempio e continueremo a servire la nostra causa a qualunque costo.
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