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Il Procuratore capo di Torino intervistato da 'Repubblica'

"I clan si servono della tecnologia più avanzata. E per questo sono importanti le norme sul cybercrime che attribuiscono nuove competenze alla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo nel coordinare le inchieste a livello nazionale ed internazionale. Perché la ’Ndrangheta si serve di professionisti, reclutati anche all’estero, su cui investe per gli affari (ad esempio flussi finanziari che vengono movimentati senza lasciare traccia) e per essere all’avanguardia e sfuggire ai controlli degli investigatori".
Sono state queste le parole del procuratore della repubblica di Torino Giovanni Bombardieri in un'intervista rilasciata a 'Repubblica'. Il magistrato, già alla guida della procura di Reggio Calabria oggi retta dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, ha parlato nuovamente di quel connubio tra "fra economia, soggetti politici, organizzazioni criminali".
Per questo "non bisogna pensare alla ’Ndrangheta che spara, ma a veri e propri centri di potere che manovrano appalti o concessioni. Una zona grigia manovrata, a volte, da uomini della ’Ndrangheta, i cui affari non sono basati solo sui traffici internazionali di cocaina e sulle estorsioni, ma su vere e proprie infiltrazioni nell’economia legale. Attraverso prestanomi, fisici e societari, esponenti della criminalità organizzata si presentano con una 'faccia pulita', senza suscitare allarmi negli interlocutori economici, sociali e politici".
Bombardieri, con queste ultime parole, ha fatto riferimento alla strategia della sommersione che consiste nel non "usare mezzi violenti" e giocare prevalentemente la carta della corruzione.
Logica vorrebbe che il legislatore emanasse delle norme al fine di combattere quest'ultimo fenomeno ormai prevalente ma "alcuni reati spia della corruzione sono venuti meno, come l’abuso d’ufficio, che a volte poteva nascondere una vicenda di corruttela di cui non si riusciva a provare il passaggio di denaro. Senza queste norme, è più complicato provare il passaggio di somme nascoste dietro il semplice abuso che è invece una corruzione".


La politica e l'imprenditoria

"Per la mia esperienza - ha raccontato Bombardieri a 'Repubblica' - posso dire che si è passati da una criminalità capace di creare soggetti politici dal nulla, e che una volta raggiunto il successo elettorale venivano considerate persone a loro disposizione, a singoli candidati che cercano l’appoggio dei clan per essere eletti". Cioè "alcuni candidati chiedevano il consenso controllato dai boss senza considerare che ad elezione avvenuta gli stessi ’ndranghetisti presentano il conto. In questo modo viene inquinata la pubblica amministrazione".
In questo gioco non c'entra il colore politico: "La ’Ndrangheta non ha colore. Ci è capitato di sentire ’ndranghetisti che affermavano l’opportunità di appoggiare candidati dell’uno o dell’altro schieramento, per non rimanere poi spiazzati a elezione avvenuta".
Stessa cosa avviene anche per l'imprenditoria: ora sono gli imprenditori a cercare gli 'ndranghetisti e a chiedergli favori, spesso senza considerarne le conseguenze. "Non sempre è stata la ’Ndrangheta ad avvicinare gli imprenditori per imporre il pizzo nelle sue varie forme (denaro, assunzioni, forniture), ma ci sono stati e ci sono imprenditori che si rivolgono alla ’Ndrangheta per interessi propri, finanziari ad esempio, legati al recupero dei crediti o allo smaltimento illegale di rifiuti. Non è vero che tutti gli imprenditori sono vittime dei clan. Bisogna distinguere chi è oppresso da chi è meno onesto" ha detto il magistrato.

Fonte: Repubblica

Foto © Imagoeconomica

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