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A Valderice il convegno per ricordare il giornalista e e sociologia a 36 anni dal delitto. L’ex pm: “Ci sono tanti altri colpevoli impuniti

Quello di Mauro Rostagnocertamente è un delitto di mafia, ma altrettanto certamente non è un delitto di sola mafia”. A dirlo è l’ex pm Antonio Ingroia, che assieme ai colleghi Gaetano Paci e Francesco Del Bene, ha istruito il processo di primo grado per la morte del giornalista e sociologo barbaramente assassinato il 26 settembre 1988 nelle campagne di Lenzi, a pochi passi dalla comunità Saman, nel Trapanese, dove lavorava.

Per l’omicidio è stato condannato in via definitiva il boss trapanese Vincenzo Virga, accusato di essere il mandante. Condannato in primo grado ma poi assolto in appello e in cassazione il presunto killer, il valdericino Vito Mazzara. “Le indagini andavano sicuramente proseguite dopo il processo, anche alla luce dei tanti fatti emersi nel corso del dibattimento", ha sottolineato Ingroia nell’ambito del convegno, promosso dall’associazione antiracket e antiusura Trapani a Valderice, per ricordare Rostagno (ieri era il 36° anniversario dell’omicidio). "Possiamo approfittare della giornata - ha proseguito l'ex pm - per lanciare un appello alla Procura di Palermo affinchè apra un fascicolo Rostagno bis”. L’avvocato Ingroia ha ripercorso le fasi delle indagini e gli aspetti tuttora non chiariti dagli sforzi dell’autorità giudiziaria. “Il processo - ha ricordato Ingroia - è nato dalla perizia balistica richiesta dall’allora capo della Mobile di Trapani, Giuseppe Linares, e dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che affermavano che non c’era prova diretta che l’ordine di uccidere fosse partito da Virga ma che verosimilmente avesse dato l’assenso al delitto nelle vesti di capomafia di Trapani”. “Io non sono mai stato convinto - ha proseguito l’ex pm - che il movente del delitto Rostagno fosse legato soltanto a quello che diceva in tv. Mauro Rostagno era un pericolo anche per le inchieste che stava svolgendo sul traffico d’armi”. Trapani, al tempo, era crocevia di traffici illeciti: dall’eroina, alle armi, ai rifiuti tossici. Affari nei quali Cosa nostra sguazzava mettendosi d’accordo con imprenditori senza scrupolo e con la complicità di politici, massoni e 007. Rostagno aveva indagato su questi traffici.

L’unica certezza - ha concluso Ingroia - è che dall’88 al 96 ci sono stati otto anni di buio totale, di depistaggi, e si sa che purtroppo ogni anno che passa diventa sempre più difficile trovare il bandolo della matassa. Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, comunque si è fatto il processo. Sono certo però che ci sono tanti altri colpevoli impuniti”.

Fonte: primapaginamazara.it

Foto © Imagoeconomica

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