Il Pontefice torna sul tema della lotta alla criminalità organizzata: "Gli Stati non devono solo indagare ma anche collaborare tra di loro per identificare i loro beni e recuperarli, al fine di rendere impossibile la continuazione delle loro attività criminali''

La mafia, assieme al terrorismo, è “la più grande minaccia non militare contro la sicurezza di ogni nazione e stabilità economica internazionale”. Lo scrive Papa Francesco in un messaggio inviato ai partecipanti al Convegno sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie che si svolge oggi e domani, in Vaticano, nella Casina Pio IV, per iniziativa della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e di “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie”, fondata da don Luigi Ciotti, con l’obiettivo di riflettere, condividere esperienze e dare una dimensione globale alla strategia di uso sociale dei beni recuperati dalla criminalità organizzata, per favorirne lo smantellamento, per la ricostruzione dei legami sociali, la riparazione dei danni causati alla comunità e la prevenzione dei crimini attraverso la riaffermazione dello stato di diritto.

Nel messaggio scritto in spagnolo che reca in calce la firma del Pontefice, Francesco rigetti le tesi più volte riaffermate dal cardinal Czerny, a capo del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale, presso cui era stata istituita dallo stesso Bergoglio la Commissione che avrebbe dovuto lavorare per mettere nero la scomunica ai mafiosi che proprio il Papa argentino pronunciò nella piana di Sibari dieci anni fa.

Per il porporato, quello della mafia “è un problema solo italiano” e di conseguenza deve occuparsene la Cei (leggi qui). Papa Francesco, al contrario, anche in questo ultimo testo sottolinea che quella delle mafie è una ferita “transnazionale” e per tanto va affrontata come un “problema globale con una reazione globale”.

La criminalità organizzata, ribadisce il Pontefice, “ha una vocazione transnazionale, copre tutti i grandi traffici” e “agisce per commettere reati allo scopo di ottenere un profitto materiale o economico”. Ed è per questo che la lotta alle mafie “rappresenta una delle sfide più importanti per la comunità internazionale, poiché insieme al terrorismo, rappresenta la più grande minaccia non militare contro la sicurezza di ogni nazione e stabilità economica internazionale”.

Cosa fare allora? Per il Santo Padre, “in uno scenario” come quello odierno, dove “le mafie non conoscono confini di stato e sovranità nazionali” gli Stati, “attraverso le loro istituzioni, non devono solo indagare”, ma “devono collaborare tra di loro per identificare i loro beni e recuperarli, al fine di rendere impossibile la continuazione delle loro attività criminali”.

“Ma è necessario – sottolinea Francesco – tenere presente che il recupero dei beni non deve esaurirsi in questo obiettivo”, Al contrario, deve “essere ispirata alla riparazione e alla ricostruzione del bene comune” così come descritto nella Gaudium et spes (cfr. n. 26).

“La criminalità organizzata, nella sua brutalità, attacca il bene comune” e con esso “milioni di persone, uomini e donne che hanno il diritto di vivere la loro vita e di crescere i propri figli con dignità”. Attacca anche “i gruppi socialmente emarginati che sono particolarmente vulnerabili”. Tutto ciò “è intollerabile”, prosegue il Papa, secondo il quale, “non è possibile dimenticare queste vittime perché solo pensando a loro si può capire il danno causato” dalle mafie e “solo comprendendo questo danno si può discernere in come assistere, proteggere e riparare”.

In questo senso, “il modello italiano – l’elogio del Pontefice – è un buon esempio di come i profitti criminali possono essere orientati verso la riparazione del danno causato alle vittime e alla società. Con la convinzione che sia indispensabile avere un approccio integrato alla lotta alle mafie, vi invito a concentrare le discussioni di questi giorni nell’urgenza che comporta il recupero del bene di tutte le persone, dove tutti contano e nessuno è scartato, dove il progetto comune, al servizio della dignità umana, supera la somma individuale di ciascuno”.

Tratto da: ilquadrantenews.it

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