Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Non finiscono in Italia i colpi di scena, gli scandali, le critiche, dopo l’intitolazione dell’aeroporto di Milano Malpensa in onore a Silvio Berlusconi, affarista, imprenditore, politico e grande stratega del marketing nero di mala affari. Contemporaneamente all’approvazione al “ddl Nordio” varato dal Governo, dal Ministro della giustizia Carlo Nordio e dal Ministro della Difesa Guido Crosetto in cui tra alcuni punti emerge l’abolizione del delitto di abuso d’ufficio, modifica della disciplina delle intercettazioni (pubblicazione, riservatezza del terzo estraneo al procedimento) . E infatti  questa volta il nostro paese finisce nel mirino, sotto analisi attenta dell’UE nella fattispecie sullo “Stato di diritto” nella Relazione 2024 pubblicata il 24/07. Nella sezione “PLURALISMO DEI MEDIA E LIBERTÀ DEI MEDIA” - si legge - “Le iniziative legislative che disciplinano l'accesso a determinate informazioni giudiziarie e la relativa pubblicazione preoccupano i giornalisti. Il quadro generale che disciplina il diritto di accesso alle informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni di cui al decreto FOIA resta invariato. Sono state proposte due iniziative legislative (la "riforma Nordio"e l'emendamento Costa") per disciplinare la possibilità di pubblicare determinate categorie di atti giudiziari.
Il Governo le ha ritenute giustificate per garantire il diritto al rispetto della vita privata, il rispetto della riservatezza della corrispondenza e delle comunicazioni e la presunzione d'innocenza. Secondo il Governo esse non arrecherebbero peraltro alcun pregiudizio né alla libertà di stampa né alla libertà d'informazione poiché, nel caso della riforma Nordio, la limitazione si applicherebbe solo alle informazioni che non sono state acquisite nel corso del procedimento penale conformemente alle applicabili disposizioni del codice di procedura penale e, nel caso dell'emendamento Costa, il divieto di pubblicazione sarebbe limitato, nel tempo, alla fase delle indagini preliminari e non impedirebbe in ogni caso ai giornalisti di parafrasare o riassumere il contenuto delle ordinanze di custodia cautelare. 
Secondo vari portatori di interessi tali misure costituirebbero invece una restrizione alla libertà di stampa, poiché inciderebbero negativamente sulla copertura giornalistica dei procedimenti giudiziari e sul diritto dei cittadini all'informazione. Preoccupazioni sono state espresse anche in merito alle misure previste dall'emendamento Costa che, come sottolineano i portatori di interessi, potrebbero creare un effetto dissuasivo per i giornalisti, esponendoli ad un rischio maggiore di eventuali querele per diffamazione in caso di sintesi o riformulazioni errate delle ordinanze di custodia cautelare. Le sfide che i giornalisti devono affrontare nell'esercizio della loro professione sono ancora numerose, sebbene siano in vigore norme specifiche che li tutelano dalle minacce nei loro confronti. 
Sono stati segnalati casi di aggressioni fisiche, minacce di morte e altre forme di intimidazione, che continuano a destare preoccupazioni per la sicurezza dei giornalisti in Italia. Nel periodo intercorso dalla Relazione sullo Stato di diritto 2023 la piattaforma del Consiglio d'Europa per la protezione del giornalismo e la sicurezza dei giornalisti ha registrato sette segnalazioni riguardanti l'Italia, di cui quattro riferibili ad aggressioni fisiche e tre a vessazioni e intimidazioni nei confronti di giornalisti, mentre la piattaforma Mapping Media Freedom (Mappatura della libertà dei media) ha segnalato, nel primo semestre del 2024, 75 episodi, di cui 47 riferibili a varie forme di attacchi contro i giornalisti e 13 ad azioni legali nei confronti di giornalisti. Secondo gli ultimi dati disponibili del Centro di coordinamento italiano, nel 2023 gli atti di intimidazione registrati dalla polizia sono stati 98239. Se è vero che da questi dati emerge una diminuzione dei casi rispetto al 2022, i portatori di interessi hanno fatto però rilevare che i giornalisti non sempre denunciano alla polizia le intimidazioni o gli attacchi subiti. A loro parere, questa realtà, sommata al fatto che il Centro di coordinamento non monitora i casi di SLAPP, potrebbe generare problemi di sottosegnalazione. Pur riconoscendo l'impatto positivo del Centro di coordinamento nel migliorare le relazioni tra gli operatori dei media e le pubbliche autorità, i portatori di interessi hanno invocato un suo potenziamento per renderlo pienamente indipendente dal Governo e in grado di monitorare i casi di SLAPP. Per quanto riguarda questi ultimi, i portatori di interessi hanno segnalato in particolare un aumento del numero degli atti intimidatori perpetrati, anche da esponenti politici, mediante il ricorso alle vie legali. Lo dimostra anche l'attività di monitoraggio svolta dalla società civile, secondo cui le azioni legali abusive hanno rappresentato, nel 2023, il 34 % dei casi complessivi registrati e accertati di minacce all'incolumità dei giornalisti.


parlamento eu ima 1999979


Per quanto riguarda la riforma delle norme sulla diffamazione non si è registrato alcun ulteriore passo avanti.
Nella Relazione sullo Stato di diritto 2023 si era raccomandato all'Italia di "portare avanti il processo legislativo di riforma e introduzione di garanzie per il regime della diffamazione e [per] la protezione del segreto professionale e delle fonti giornalistiche, tenendo conto delle norme europee in materia di protezione dei giornalisti”. Come precedentemente indicato, un disegno di legge per riformare la disciplina in materia di diffamazione a mezzo stampa è stato presentato al Senato della Repubblica. 
Da allora non si sono registrati ulteriori progressi e il disegno di legge è ancora all'esame del Senato. I portatori di interessi hanno accolto con favore la proposta di abolire formalmente la pena detentiva per il reato di diffamazione a mezzo stampa, in linea con la giurisprudenza della Corte costituzionale, e di estendere la tutela del segreto professionale e delle fonti giornalistiche ai giornalisti pubblicisti. Ma a suscitare la loro preoccupazione sono stati altri aspetti della riforma proposta riguardanti, in particolare, le sanzioni penali e disciplinari per la diffamazione a mezzo stampa, l'introduzione dell'obbligo di rettifica automatica e i criteri relativi alla competenza nelle cause per diffamazione. Hanno infatti ritenuto possibile il rischio che tali elementi generino un effetto dissuasivo per la libertà dei media e la libertà di espressione. Poiché il disegno di legge non è stato ancora approvato da nessuna delle due Camere del Parlamento, non è stato compiuto alcun ulteriore passo avanti nell'attuare la raccomandazione formulata nella Relazione sullo Stato di diritto 2023.


Pluralità di articoli contro l’opinione Meloniana

Le voci non tardano ad arrivare all’orecchio della premier che arriccia l’espressione e si fa risentire, a riportarlo un articolo di “ANSA” - “Da Pechino la premier Meloni accusa alcuni giornali di aver 'strumentalizzato' il Report dell'Ue sullo Stato di diritto per attaccare il governo e chiede una 'riflessione comune'.
La Fnsi replica che 'le liste di proscrizione sono un rischio per la democrazia'.
Secondo la direzione di Repubblica, la premier 'ha un'idea illiberale del giornalismo', mentre il direttore di Domani Fittipaldi accusa la presidente del Consiglio di 'parole pericolose' e di scegliere 'il vittimismo'.
Dal centrodestra, intanto, accusa ad un autore della Rai, Riccardo Cassini, per un post ironico sulla missione di Meloni in Cina con la figlia.
'Che pena, se la prende con una mamma e una bambina', dice il capogruppo di Fi al Senato Gasparri. 'Pessimo stile animato da pedestre pregiudizio ideologico. Forse uno svecchiamento autoriale sarebbe più che mai utile, anzi indispensabile, visto che cambiano governi, maggioranze e governance della Rai, ma la musica resta sempre la stessa', dice il vicepresidente della Camera Rampelli, deputato di Fratelli d'Italia.” - ancora su “Eunews” viene riportato - “Nuovi sviluppi nella querelle tra Giorgia Meloni e la Commissione europea sulla situazione dello stato di diritto in Italia. A una settimana dalla pubblicazione del rapporto annuale con cui Bruxelles valuta lo stato di salute dei principi democratici nei Paesi membri, proseguono gli strascichi: oggi (30 luglio) l’esecutivo Ue ha confermato di aver ricevuto la lettera con cui la premier si lamentava della strumentalizzazione dei contenuti del capitolo dedicato all’Italia, ma ha precisato: “Il rapporto è frutto di una metodologia consolidata e basata sui fatti”.
Una puntualizzazione piccata, o quanto meno figlia della sorpresa per la reazione inusuale di Roma, che ha voluto replicare a un rapporto di cui conosceva già da tempo i contenuti e ha reso pubblica la sua missiva a Ursula von der Leyen ancor prima che la Commissione europea potesse analizzarla. “La stiamo valutando e in questa fase non abbiamo alcun elemento ulteriore”, ha glissato Anitta Hipper, portavoce della Commissione europea, durante un briefing con la stampa internazionale a Bruxelles.
Ma a restituire l’irritazione di Bruxelles è l’appunto successivo: “Quando si tratta del rapporto sullo Stato di diritto in quanto tale, è importante dire che si tratta di una metodologia consolidata, basata sui fatti, ed è anche il risultato di un processo inclusivo di consultazione con gli Stati membri e con vari stakeholder”. Nessun dubbio insomma sulle critiche mosse all’Italia per quanto riguarda la riforma della giustizia e la sempre più precaria indipendenza del servizio pubblico. Contro i resoconti sui media delle preoccupazioni di Bruxelles per l’abrogazione del reato di abuso di ufficio, per il divieto di pubblicare intercettazione e per le modifiche proposte alla prescrizione, si era già scagliato il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, accusando alcuni organi di stampa di “false rappresentazioni”.
“La libertà di stampa in Italia continua ad essere minacciata dalle organizzazioni mafiose, soprattutto nel sud del Paese, nonché da vari piccoli gruppi estremisti violenti. I giornalisti denunciano anche i tentativi da parte dei politici di ostacolare la loro libertà di coprire i casi giudiziari attraverso una “legge bavaglio” – “legge bavaglio” – oltre alle procedure Slapp che sono una pratica comune in Italia». Lo si legge nel capitolo dedicato all’Italia del Rapporto 2024 di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa, che vede il nostro Paese retrocedere dal 41esimo al 46esimo posto della classifica.
«Il panorama mediatico italiano – prosegue la nota informativa - è sviluppato e dispone di un’ampia gamma di mezzi di comunicazione che garantiscono una diversità di opinioni. Il settore radiotelevisivo comprende diversi canali televisivi pubblici (come Rai 1) e stazioni radiofoniche, nonché molti media privati. Questa diversità si riscontra anche nella carta stampata, che comprende quasi 20 quotidiani (come  il Corriere della Sera e La Repubblica), circa 50 settimanali (come L'Espresso e Famiglia Cristiana), e molte riviste e vari siti di informazione».


quotidiani ima 1975271


Per quanto riguarda il contesto politico, «la maggior parte dei giornalisti italiani gode di un clima di libertà. Ma a volte cedono all'autocensura, sia per conformarsi alla linea editoriale della loro testata giornalistica, sia per evitare una causa per diffamazione o altre forme di azione legale. Ciò può essere aggravato per i giornalisti di cronaca nera e giudiziaria dalla “legge bavaglio” sostenuta dalla coalizione di governo del primo ministro Giorgia Meloni, che vieta la pubblicazione di un ordine di custodia cautelare fino alla fine dell'udienza preliminare».
Il rapporto si concentra poi sul quadro giuridico: «Una certa paralisi legislativa sta frenando l’adozione di vari progetti di legge proposti per preservare e persino migliorare la libertà giornalistica. Ciò spiega in parte i limiti che alcuni giornalisti incontrano nel loro lavoro. La criminalizzazione della diffamazione e le numerose procedure SLAPP limitano la libertà giornalistica».
Lo studio di Rsf poi affronta il tema della crisi economica, a causa della quale «i media dipendono sempre più dagli introiti pubblicitari e dai sussidi statali. Anche la carta stampata si trova ad affrontare un graduale calo delle vendite. Il risultato è una crescente precarietà che mina pericolosamente il giornalismo, il suo dinamismo e la sua autonomia».
Il rapporto analizza poi la polarizzazione della società durante la pandemia di Covid-19: «Ha colpito i giornalisti, che sono stati vittime di attacchi sia verbali che fisici durante le proteste contro le misure sanitarie. Questa polarizzazione persiste, cristallizzandosi attorno a questioni politiche o ideologiche legate agli eventi attuali».
Infine il capitolo relativo alla sicurezza dei cronisti: «I giornalisti che indagano sulla criminalità organizzata e sulla corruzione sono sistematicamente minacciati e talvolta sottoposti a violenza fisica per il loro lavoro investigativo. Le loro auto o case vengono talvolta distrutte da incendi dolosi. Campagne di intimidazione online vengono orchestrate contro coloro che perseguono questi problemi. Una ventina di giornalisti vivono attualmente sotto protezione permanente della polizia dopo essere stati bersaglio di intimidazioni e attacchi». Questo è quanto emerge da un articolo uscito da “FNSI” e ciò fa riflettere su quanto siano evanescenti le parole del capo del Governo. Si può notare una netta contrapposizione, tra ciò che il governo dichiara e la realtà dei fatti, tali che sono riportati ovunque nel mondo. Dati che sembrano non sortire alcun effetto al potere, tale da misconoscerli. Certo !  come possono essere approvati se la loro narrazione ha un tono di regime ?
Un duro attacco contro la libertà degli individui è in atto e soprattutto alla stampa che denuncia certi comportamenti autoritari e neoliberali, perché è evidente che chi vuole difendere la verità e la libertà è combattuto dai bramosi di scettro. 
L’aria che si respira nel nostro Paese è: guerra, paura, interessi personali, il resto è escluso. Continuano i finanziamenti di armi e mezzi con denari pubblici all’Ucraina con prone asservimento agli Usa, esplicitamente favoreggiamento alla guerra, nonostante la nostra Costituzione nell’articolo 11 lo vieti -” L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Non è finita qua, l’inchiesta di “Fanpage” che porta alla luce un governo che si nutre di sentimenti fascisti ed estremisti e una fitta rete di connessione di affari probabilmente sporchi.
Insomma fatti e misfatti che sprofondano il nostro Paese nelle lande più oscure, anziché agire per il bene comune, stabilire uguaglianza tra e nei diritti e doveri dei cittadini, garantire la dignità delle persone e dell’ambiente che ci anima, valorizzare il patrimonio artistico culturale e tutte le forme che lo arricchiscono, negli anni hanno solo fatto in modo che l’Italia sia diventata uno straccio da dividere e da indossare a proprio piacimento. 
E dal Governo tacito consenso, nessuna smentita con prove e negazionismo di ogni sorta di illecito. 
Ormai vige la regola che la tua opinione non conta se non sei uno scienziato di Stato e se non sei conforme alla linea sistemica. 
Ma tanto i giornalisti devono temere ciò che dicono, la libertà di stampa, si!! certo che c’è sostanzialmente, ma di fatto no. La facilità di essere querelati, malmenati, perseguitati e delle volte uccisi è all’ordine del giorno.

Foto © Imagoeconomica

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos