Il Servizio informazioni difesa (Sid) aveva aperto un fascicolo personale su Pier Paolo Pasolini, il numero 2942 e i titolari dell'inchiesta sul suo omicidio non ne ebbero mai notizia. Sul Corriere della Sera, il collega Giovanni Bianconi ha ricordato l'attenzione dei servizi segreti per Pasolini: in un rapporto del Sid del 16 marzo 1971, si riferisce che lo scrittore e regista era "noto" all'ufficio e venne indicato come uno dei finanziatori del movimento extraparlamentare Lotta continua. Quindi il vecchio servizio segreto stava raccogliendo informazioni sul regista che stava cercando di denunciare pubblicamente le responsabilità politiche sulle stragi del quinquennio 1969-1974. Stragi che avevano come principale forza trainante i movimenti neofascisti e pezzi di Stato. Non sono semplici illazioni, basti leggere le sentenze sulla strage di Piazza Fontana (dicembre 1969) e di Piazza della Loggia (maggio 1974): in entrambi i casi il volto e le mani dello Stato erano presenti. La condanna riportata dal generale Gianadelio Maletti per il depistaggio sulle indagini per la bomba alla Banca Nazionale dell'Agricoltura né è un esempio lampante. Non solo, le sentenze sono andate oltre al servizio segreto italiano: nella sentenza per la strage alla stazione di Bologna c'è scritto nero su bianco il nome di Federico Umberto D'Amato, il capo dell'Ufficio Affari riservati al ministero dell'Interno nonché uomo dell'intelligence statunitense.
Ciò è sufficiente per affermare che la responsabilità per la morte del poeta e regista non può essere attribuita solo a Giuseppe Pelosi, detto 'Pino la Rana', all'epoca diciassettenne, condannato a 9 anni, 7 mesi e 10 giorni di prigione per omicidio volontario. Senza contare che nelle stesse sentenze di condanna ne viene sottolineata l'inattendibilità. Inoltre a pena scontata lui stesso ha cambiato più volte versione fino a dichiararsi semplice "spettatore" del delitto, accusando persone scomparse o sconosciute, prima della morte arrivata nel 2017. Ma allora perché sin da subito fece di tutto per addossarsi l'esclusiva responsabilità dell'omicidio? Omicidio "in concorso con ignoti", stabilì in primo grado il Tribunale dei minori; ma della presenza di complici non ci sono prove, replicarono i giudici d'Appello, ricorda Bianconi sul 'Corriere', restituendo credito all'ipotesi iniziale e poi confermata in Cassazione. Il verdetto di secondo grado ammise, tuttavia, il "mancato appuramento" del movente e le successive indagini hanno determinato "l'incontrovertibile accertamento" di altri colpevoli. Almeno tre sono le tracce di Dna diverse da quelle di Pasolini e di Pelosi che sono state trovate sulla parte interna anteriore dei blue-jeans indossati dalla vittima, sulla maglia di “Pino la rana” e su un plantare ritrovato nella macchina del poeta.
Le dinamiche dell'omicidio: negata richiesta apertura delle indagini
Era a novembre dell'anno scorso quando la Procura di Roma aveva rigettato l'istanza di riapertura dell'indagine sull'omicidio di Pier Paolo Pasolini, avvenuto all'Idroscalo di Ostia il 2 novembre del 1975. A depositarla era stato l'avvocato Stefano Maccioni, a nome del regista David Grieco e dello sceneggiatore Giovanni Giovannetti: nell'atto si chiedeva ai pm di piazzale Clodio di approfondire in modo più compiuto la questione legata ai tre Dna individuati dai carabinieri del Ris nel 2010 sulla scena del crimine. Nel provvedimento con cui viene rigettata l'istanza il pm Francesco Minisci afferma che gli spunti "valutati alla luce delle imponenti attività svolte" nel vecchio procedimento "non sono idonei a consentire l'attivazione della procedura di riapertura delle indagini". Per la Procura capitolina si tratta di elementi "aventi natura eterogenea quanto alla tipologia e generica quanto alla portata, per alcuni aspetti non focalizzati sull'omicidio ma riguardanti episodi di contorno, talora ripetitivi di attività già svolte e orientati verso soggetti già valutati, aventi ad oggetto profili già presenti nell'atto di opposizione depositato nel procedimento definito con ordinanza di archiviazione" e "riferiti ad un raggio investigativo dal carattere sostanzialmente perlustrativo, che non appaiono utili ad aggiungere altri elementi alla mole e alla completezza di indagini (già svolte dall'Ufficio e valutate dal GIP di Roma), tanto da condurre alla prosecuzione delle indagini". Eppure molte domande ancora oggi sono senza risposta, senza contare i molteplici elementi che legittimamente ci fanno dubitare che sia stata opera solo di un ragazzo di 17 anni. Come si poteva, realisticamente parlando, pensare che si potesse ridurre in quel modo un cinquantatreenne atletico e in forma com'era Pasolini con una tavoletta di legno? Eppure Pino Pelosi è stato l'unico ad essere condannato definitivamente a 9 anni e 7 mesi. Perché si è consumato il delitto? Chi ha voluto quel delitto? Quali sono le cause che hanno portato alla sua morte? Perché Pier Paolo Pasolini era così scomodo? Dato che l'autorità giudiziaria ha negato ulteriori approfondimenti forse novità potrebbero arrivare dalla commissione parlamentare d'inchiesta proposta da un gruppo di senatori di Pd, Cinque Stelle, Avs e Italia viva, in discussione a Palazzo Madama.
Foto di copertina © Archivio Letizia Battaglia
ARTICOLI CORRELATI
Pier Paolo Pasolini: l'intellettuale che additava i crimini del Potere
Pasolini, quell'intellettuale che manca. Oggi più che mai
Omicidio Pasolini: chiesta la riapertura delle indagini alla procura di Roma
Massacro Pasolini, storia di un delitto all'italiana fatto di 'soliti ignoti'
In memoria di Pasolini, intellettuale rivoluzionario
Dimmi chi ha ucciso Pier Paolo Pasolini
L’ultimo mistero su Pasolini: agli atti una foto di Carboni