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“Via d’Amelio: strage di Stato!”. È il titolo del video appena pubblicato dall’Ass. Our Voice sui loro social in cui ricordano le mancate verità e i depistaggi istituzionali che hanno segnato la strage che il 19 luglio 1992 sventrò via d’Amelio, a Palermo, uccidendo il giudice Paolo Borsellino assieme agli agenti di scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina. “Una strage organizzata velocemente, a soli 57 giorni di distanza dalla strage di Capaci", dice Marta Capaccioni, attivista del gruppo. “Le stragi del ’92 e del ’93 devono essere analizzate in un preciso contesto storico e politico, ricostruendo con una visione di insieme tutti i fatti emersi dai processi celebrati negli ultimi 32 anni a Caltanissetta, Palermo, Firenze e Reggio Calabria: le gravi responsabilità di funzionari di Stato e di personaggi politici; i depistaggi istituzionali (a partire dalla sparizione dell’Agenda rossa di Borsellino sul luogo della strage); le trattative e i patti sporchi siglati sottobanco a scapito della vita di decine di persone”, aggiunge.

L’oggetto dell’invettiva è chiaro: “Oggi si cerca di riscrivere la storia e di insabbiare le verità scomode che si celano dietro la nascita della Seconda Repubblica: attraverso nuovi depistaggi, sentenze contraddittorie e illogiche rispetto ai fatti”. E subito il richiamo alla sentenza della Cassazione sul processo “Trattativa Stato-mafia”, che ha cancellato con un “colpo di spugna” le verità emerse in 10mila pagine di motivazioni di primo e secondo grado; “quelle storicamente accertate in tre sentenze definitive (Bagarella-Riina; Tagliavia; D’Amato, ndr); oltre che il lavoro di 90 giudici penali che hanno indagato sulle stragi del ’93”.

E poi il focus sulla Commissione parlamentare antimafia, presieduta da Chiara Colosimo che, “sotto spinta del Governo e dei carabinieri del Ros che hanno trattato con Cosa nostra durante le stragi - ha continuato Marta Capaccioni -, ha deciso di concentrarsi solo sulla pista mafia-appalti. Una pista che riduce le motivazioni delle stragi esclusivamente ad interessi economici di mafiosi, imprenditori e politici della prima repubblica”. “Una verità comoda, allontanando lo sguardo da quei mandanti esterni che sono stati i veri fruitori politici delle stragi del 1992 e del 1993. Gli stessi che hanno posto le basi dell’attuale potere politico, di cui gode oggi l’attuale Governo”, conclude.

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