Il figlio del defunto capomafia Totò Di Gangi, protagonista negli scorsi giorni di un confronto con il deputato Ismaele La Vardera a Ribera, attraverso i suoi legali, gli avvocati Antonio Papalia e Luca Cianferoni, replica al vicepresidente della commissione regionale antimafia. Di seguito pubblichiamo la nota.
Con riferimento alle notizie pubblicate su "Deputato Ars in questura Agrigento segnala figlio di boss" si chiede ex art. 8 l. 47/48 di voler dare ampio risalto alla seguente nota, a valere quale richiesta di rettifica o, comunque, esercizio del diritto di replica:
Il signor Di Gangi smentisce categoricamente di aver adoperato toni o modalità comunicative atti ad intimorire l’On. Ismaele La Vardera in occasione del breve incontro avvenuto in Ribera il 10 maggio scorso, a margine di un’iniziativa elettorale.
Piuttosto, invitato ad avvicinarsi all’Onorevole da alcuni suoi conoscenti, ha colto l’occasione per segnalare – immaginando comunque che la conoscesse – la drammatica vicenda della crisi idrica che attanaglia il comparto dell’agricoltura e, più in generale, le comunità locali a causa del mancato riempimento della diga Castello, oltre che delle questioni relative alla centrale idroelettrica sul fiume Verdura ed al conseguente mancato approvvigionamento di acqua per uso irriguo e civile.
A fronte delle legittime richieste di Alessandro Di Gangi, coltivatore diretto interessato dalla crisi idrica, l’On. La Vardera ha dapprima chiesto per quale ragione non si fosse rivolto all’On. Pace, definito “cuffariano” e, successivamente, pur dichiarandosi disponibile a fornire tutti gli atti pubblici reperibili, lo ha invitato a rivolgersi personalmente alla competente Procura.
A quel punto, il signor Di Gangi riferisce di aver affermato di trovare surreale che solo il figlio di un “uomo d’onore”, condannato diverse volte con sentenza definitiva, doveva assumere su di sé il compito di denunciare una situazione nota a tutti, compresi – con ogni probabilità – i componenti della Commissione della quale l’Onorevole è Vicepresidente.
Il signor Di Gangi, pur sempre nell’ambito di una discussione pacata e serena, ha affermato quanto fosse più corretto rivolgersi ai politici, in quanto “detentori del potere”, nel mentre qualche decina di anni fa i contadini sarebbero stati obbligati a rivolgersi “agli uomini d’onore”.
In quella occasione, il signor Di Gangi ha, peraltro, percepito l’affermazione, evidentemente assecondante, dell’accompagnatore dell’On. La Vardera “la mafia oggi è la politica”.
L’incontro, per ciò che il signor Di Gangi ha pure riferito presso il Commissariato di PS di Sciacca, laddove si è recato per sporgere querela, si è concluso cordialmente e con l’accordo che l’Onorevole avrebbe reperito copia di alcuni documenti relativi alla questione della diga Castello.
Insomma, nessun delirio, nessun epiteto, nessuna spocchia, ma solo lo sfogo di un contadino siciliano, tutt’oggi disponibile a raccontare alle Autorità ed a qualunque testata giornalistica la propria versione dei fatti e, soprattutto, ad accendere i riflettori sulla crisi idrica che coinvolge le comunità di Ribera e dell’intera area e sui dubbi in ordine ai tempi ed ai modi di attivazione della bretella Diga Gammauta – Diga Castello.
Da ultimo, si precisa che il signor Salvatore Di Gangi – scomparso nel novembre del 2021 e padre di Alessandro Di Gangi – non è mai stato condannato all’ergastolo (o, peggio, a tre ergastoli, come si è scritto su talune testate) e che ha scontato complessivamente 16 anni di reclusione.
Avv. Antonio Papalia
Avv. Luca Cianferoni