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provenzano-servizio-pubblicoDalla sparizione di documenti dai cassetti di Borsellino alle condizioni di Bernardo Provenzano
di AMDuemila - 24 maggio 2013
La puntata integrale di Servizio Pubblico all'interno!
E' andata in onda ieri, nel giorno dell’anniversario della strage di Capaci, in cui rimasero uccisi il magistrato Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, la puntata di Servizio Pubblico in cui si è affrontato il tema della trattativa Stato-mafia. Accanto al conduttore Michele Santoro ed al giornalista Marco Travaglio, vi erano come ospiti Bruno Vespa e Walter Veltroni. Dall'intervista al pentito Santino Di Matteo alla messa in onda delle immagini su Bernardo Provenzano nel carcere di Parma sono stati tanti gli aspetti trattati.

Santoro ha presenta la scaletta della serata, portando subito il ricordo di Capaci ricordando come “Le stragi sono accadute perché lo Stato ha ceduto alla mafia una parte della sua sovranità. Lo Stato non si comportò diversamente da Provenzano, si piegò ai suoi voleri”.
Intervistato da Sandro Ruotolo il collaboratore di giustizia Di Matteo ha raccontato lo svolgersi della riunione che precedette l’omicidio del giudice Falcone oltre alle fasi di preparazione con le prove di velocità con l’auto. Il pentito non partecipò attivamente alla strage di Capaci, ma apprese tutti i dettagli da Giovanni Brusca. Il pentito ha poi rivelato di aver deciso di collaborare coi magistrati, dopo il suicidio di Antonino Gioe. Saputa della sua collaborazione con la giustizia i boss Brusca e Bagarella decisero di intervenire assieme ad altri capimafia e rapirono il figlio, appena quindicenne. Dopo 779 giorni di prigionia il piccolo Giuseppe venne ucciso ed il suo corpo fu sciolto nell'acido.
Il tema della Trattativa è stato introdotto nel concreto con l'intervista ad Agnese Borsellino, moglie del magistrato e recentemente scomparsa, in cui viene ribadito come Paolo Borsellino “sapeva di dover morire a differenza di Falcone” e che i “mafiosi sono stati soldati mandati per eseguire la strage, ma dietro c’è stato ben altro”. La signora Agnese ha anche aggiunto un particolare, ovvero che dopo la bomba di via D’Amelio gli uffici di suo marito sono stati svuotati e così, oltre alla famosa agenda rossa, anche tutti i documenti del giudice Borsellino sono spariti nel nulla.
Il ragionamento sulla trattativa ha avuto seguito con la ricostruzione di uno dei brani delle intercettazioni tra l'ex ministro Nicola Mancino e Loris D'Ambrosio, consulente giuridico del Presidente Napolitano. E' Marco Travaglio a sottolineare il “tono ricattatorio di Mancino con D'Ambrosio” in quanto temeva di essere l’unico rimasto incastrato nel processo sulla trattativa-Stato mafia. Obiettivo sarebbe stato, secondo il vice direttore del Fatto Quotidiano, che le indagini di Caltanissetta e Palermo fossero coordinate, per essere tutelato e tenere i vertici dello Stato estranei al coinvolgimento nei processi”. E all’affermazione di Veltroni che “Ciampi, Napolitano, D’Ambrosio la mafia l’hanno combattuta“, Travaglio ha replicato duramente: “Parla per te, io non ho questa convinzione. Se non parlava Ciancimino e Spatuzza questi non avrebbero detto una parola sulla trattativa: troppe persone si sono dimenticate di dare informazioni importati. Oppure remavano contro la ricerca della verità”.
Ospite d’eccezione Bruno Vespa che, dopo aver ribadito che “Lo Stato non tratta con la mafia come non ha trattato con il terrorismo”, ha raccontato “Mancino mi ha detto che non chiese l’avocazione. E ha detto che ha avuto 4 telefonate con Napolitano, due fatte, due ricevute”. E ha aggiunto: “Non credo che Mancino non sapesse del provvedimento di Conso che a novembre avrebbe fatto decadere il 41bis per 400 mafiosi circa. Mi sento di escludere che Conso da solo si assumesse una responsabilità del genere senza la copertura del ministro degli Interni”.
Veltroni da parte sua ha invitato a collocare la trattativa nel contesto di allora, con l’Italia che aveva appena visto la caduta della prima repubblica a causa di Tangentopoli; sostenendo che la trattativa sia avvenuta, Veltroni tuttavia inizia a domandare chi l’abbia fatta, se le istituzioni o solo una parte dei partiti (in avvio aveva sostenuto che “La mafia ha sempre avuto un rapporto con lo Stato italiano, in particolare con la Democrazia Cristiana”).
Il canovaccio della puntata è proseguito con un nuovo intervento di Santino Di Matteo, stavolta direttamente in studio con il collaboratore di giustizia racconta le conseguenze della collaborazione tra pentiti e magistratura. Di Matteo ha rievocato il suicidio di Antonino Gioè, che scelse di farla finita per paura della sua famiglia. Ma il pentino ha poi raccontato che un telecomando come quello usato per la strage di Capaci fu consegnato ai fratelli Graviano. Graviano che, si è scoperto grazie alle rivelazioni di Spatuzza, hanno avuto un ruolo attivo nella strage di via D'Amelio.
Lo spettro della trattativa giunge fino al 1993 quando e Bruno Vespa ha fornito un'ulteriore testimonianza: “Io nel ‘93 ero cronista indipendente, così andai a San Giovanni per incontrare Ruini che però non c’era. Vidi il Papa, Cossiga e Parisi entrare dopo che la bomba era crollata, e chiesi a Parisi: “Mi scusi, ma che odore hanno queste bombe?” Parisi mi rispose: “Le prima (Capaci e Via D’Amelio) stabilizzavano, queste invece sono pericolose””.
Ma a chi ha giovato la trattativa? Sicuramente a Bernardo Provenzano sulla cui mancata cattura Servizio pubblico ha fornito un documento inedito con un carabiniere del comando provinciale di Palermo il quale, intervistato, ha rivelato che il covo del capomafia era già stato scoperto e segnalato al comandante della stazione nel 2001 grazie alla soffiata di una testimone. E' poi noto che l’arresto del capomafia sarebbe avvenuto solo nel 2006.
E' questo il servizio che ha introdotto al successivo, riguardante le condizioni del boss detenuto nel carcere di Parma.
La cronaca del video racconta dell’incontro in carcere fra il capomafia e Sonia Alfano, presidente della Commissione antimafia d’Europa in cui, sostiene la Alfano, Provenzano avrebbe ventilato l’ipotesi di collaborare con la giustizia. E sarebbe a quel punto che le condizioni del boss detenuto sono iniziate a peggiorare vertiginosamente, con ventilati tentativi di suicidio, la comparsa di echimosi e segni sul suo volto.
“Perchè ti sei infilato una busta di plastica in testa?”, chiede il figlio. “Dobbiamo parlare, non mi fanno parlare”, è la risposta di zu Binnu. E poi ancora: “Pigghiasti lignate?”, “Lignate, sì. Dietro i reni…” risponde il padre.
Da questi video la procura di Palermo ha aperto anche un’indagine per fare luce sui tanti misteri che ancora una volta avvolgono il superboss corleonese. Tante le cose da chiarire, dal tentato suicidio del maggio 2012 all'ultima caduta che l'ha ridotto persino in coma. Le scorse settimane il legale della famiglia, l’avvocato Rosalba Di Gregorio, aveva chiesto la revoca del carcere duro, la sospensione dell'esecuzione della pena per motivi di salute, ma l’istanza è stata respinta. Il 27 maggio inizia il processo sulla trattativa Stato-mafia: degli 11 imputati rinviati a giudizio ne resteranno solo 10. L’undicesimo è proprio il boss Bernando Provenzano che, secondo l’accusa, è il principale protagonista della trattativa, la cui posizione è stata stralciata in quanto ritenuto dal Gup Piergiorgio Morosini incapace di intendere e di volere.
La trama del racconto sulla trattativa Stato-mafia in studio è proseguita con la testimonianza di Massimo Ciancimino, il quale ha assicurato che il padre, l’ex Sindaco di Palermo Vito, volto politico del clan dei Corleonesi, si fidava di lui tanto da averlo nominato suo erede. Ciancimino ha rivelato a Ruotolo: “Se i Carabinieri avessero seguito me o mio padre sarebbero arrivati subito a Provenzano”. Quindi è stato proiettato un “confronto” di dichiarazioni tra Marcello Dell'Utri ed il pentito Di Carlo. “Ci sono regole in Cosa Nostra, per i soldi non si uccide. Per le prese in giro sì” dice quest'ultimo secondo cui Dell’Utri avrebbe incontrato i fratelli Graviano. Ma l'ex senatore del Pdl ha smentito: “Non ho mai incontrato Provenzano o i fratelli Graviano o Ciancimino in tutta la mia vita, a parlare è un pentito assoldato”.
Secondo Travaglio la trattativa Stato – mafia ha avuto precise finalità: “E’ servita per creare grosse carriere a destra e a sinistra”. Il vicedirettore del Fatto Quotidiano ha spiegato come pezzi del centrodestra e pezzi del centrosinistra sono accomunati dalla trattativa Stato – Mafia: “Questo governo è l’apoteosi del non detto.” E ha aggiunto: “Tutto quello che diceva la sinistra su Berlusconi è stato ruminato fino a scomparire. Un governo come questo” – ha continuato – “non può permettersi la lotta alla mafia”. E su questo, sembrano davvero esserci pochi dubbi.

VIDEO La puntata integrale di Servizio Pubblico "E' stato la mafia" del 23/05/2013



VIDEO Ecco Provenzano - Puntata 27 - Servizio Pubblico

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