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amato-giuliano-webL'ex capo della Polizia la nega, l'ex premier non ricorda. Oggi l'audizione di Scotti e Martelli
di Aaron Pettinari - 11 settembre 2012
“Di trattative con la Mafia non ho mai sentito parlare”. Così l'ex capo della Dia e della Polizia Gianni De Gennaro, attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai Servizi segreti, è intervenuto ieri davanti alla Commissione parlamentare antimafia. De Gennaro ha spiegato come all'epoca, nelle relazioni della Dia, non si parlava di trattativa, bensì andava delineandosi un tentativo da parte di Cosa Nostra di creare le condizioni per influire sul quadro politico a suon di bombe.

In particolare l'ex capo della Polizia ha ricordato come a ridosso delle stragi del '92 venissero messe in relazione l'omicidio Lima e la strage di Capaci sottolineando i collegamenti con la condanna definitiva in Cassazione per il maxi-processo.
De Gennaro, rispondendo alle domande, ha anche ricordato il fallito attentato a Falcone, all'Addaura, soffermandosi sul riferimento fatto dallo stesso magistrato riguardo le “menti raffinatissime” che potevano essere presenti dietro all'attentato: “Il riferimento è probabilmente da ricercarsi nelle logge massoniche deviate”. De Gennaro ha anche parlato di Mori, definendo come “proficuo” il rapporto quando era a capo della Polizia mentre il generale era a capo del Sisde, e di Ciancimino (“Non lo conosco, e non capisco perché mi abbia accusato falsamente”). E' stato invece nel pomeriggio che la Commissione ha interrogato Giuliano Amato. L'ex premier, rimasto in carica per soli sette mesi tra il 1992 ed il 1993, ha toccato vari temi smentendo comunque di aver mai saputo di una trattativa con la mafia. “L'avrei fermata – ha detto – e se ci sono stati uomini dello Stato che hanno trattato con la mafia nessuno è venuto a dirlo a me. Del resto la mia posizione sul 41 bis fu sempre più rigida degli altri e se qualcuno mi avesse chiesto un parere su revoche e ridimensionamenti sarei stato contrario”. Secondo Amato inoltre non si può escludere, viste le ''tecnicalità'' degli attentati di Capaci e via D'Amelio, che dietro le stragi vi siano “altri fenomeni criminali e di terrorismo internazionale”. Ha fatto notare, infatti, che le modalità fino a allora usate da Cosa nostra erano di altro tipo. “Certo non si può escludere che con questi delitti si volesse cercare l'allegerimento del 41-bis – ha aggiunto - Tutte le ipotesi sono sul tappeto. Ma sapere se si tratti, in questo caso, di recrudescenza della mafia o della mafia innestata in qualcos'altro è difficile anche se è importante capirlo”.
Amato ha negato anche di aver avuto contatti diretti con il generale Subranni, allora comandante del Ros, e con il colonnello Mori. “Lui - ha ricordato- venne ricevuto dal segretario generale di Palazzo Chigi, Fernanda Contri dopo l'uccisione di Borsellino. Lei gli chiese notizie sulle indagini, non parlò di trattativa né ebbe da lui indicazioni in quel senso”. Dichiarazioni quest'ultime che hanno dato luogo ad un piccolo scontro con il senatore Idv, Luigi Li Gotti, il quale ha ricordato come invece, davanti ai magistrati, avesse detto che era stato informato delle intenzioni del Ros di avvicinare Ciancimino, proprio dalla Contri, e che aveva definito la stessa segretaria generale come “un ponte” tra lui e Mario Mori. A quel punto Amaoto ha precisaro: “Se posso dare la mia interpretazione autentica del ‘ponte’ è la seguente: la Contri chiamò Mori per decisione sua chiedendo cosa sapevano e quali indagini stavano facendo. Su questo è possibile che ci sia stato un ponte. Nel senso che io sentivo il bisogno di sapere qualcosa delle indagini e la Contri chiede a Mori, il quale dirà che - ai fini delle indagini - riteneva utile avere il rapporto con Vito Ciancimino”.
Amato ha poi riferito di essere “rimasto sorpreso” quando ha saputo che Enzo Scotti temeva di non rimanere più al ministero dell’Interno al momento della formazione del suo governo. L'ex premier ha poi smentito l'ex ministro Martelli. Quest'ultimo ai pm aveva parlato di un colloqui, avuto con lo stesso Amato, dove gli sarebbe stato riferito che Craxi non lo voleva più alla Giustizia. Ma a riguardo l'ex premier dice di non ricordare alcuna conversazione.
Riguardo al movente della sostituzione dell’allora capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria, Nicolò Amato, l'ex presidente del consiglio ha invece aggiunto: “Non vedevo spesso Amato anche se era socialista e delle sue vicende non mi investì. Peraltro la sua sostituzione maturò quando il mio governo aveva già cessato di esistere”.
Infine oggi è stato ascoltato, Vincenzo Scotti, ex ministro agli Interni. Questi ha ricordato alcune parole a lui rifierite dal suo ex capo di gabinetto nel luglio 1992, il giorno dopo l'omicidio di Borsellino: “ 'E' meglio che non fai più dichiarazioni sulle questioni che riguardano il Viminale' mi disse il mio ex capo di gabinetto del ministero dell'Interno a luglio del 1992, il giorno dopo l'assassinio di Paolo Borsellino". Ero ministro e avevo dichiarato al Tg1 non si può indebolire la lotta alla mafia”. “Il 41 bis – ha continuato Scotti - fu proposto da me e da Martelli, non dalla polizia, questo deve essere chiaro, e l'obiettivo era troncare i rapporti della mafia tra l'esterno e l'interno del carcere”. Scotti ha ricordato che all'epoca del suo incarico al ministero dell'Interno “c'era una divergenza sulla linea strategica” nel contrastare la mafia, “io posi la necessità di fronteggiare l'attacco mafioso quando Falcone non era ancora stato ucciso e dissi: dovete scegliere se volete la convivenza o lo scontro con la mafia, l'ho ripetuto sui giornali e in Parlamento e tra le due linee - dice senza esplicitare quale fosse l'altra - c'era la massima tensione”. Quindi l'ex ministro ha citato un articolo che fu pubblicato da Repubblica una settimana prima della formazione del governo Amato, quello nel quale al suo posto all'Interno venne scelto Nicola Mancino: “Scotti era preoccupato e infastidito, i suoi collaboratori e i suoi amici dicono che non sa se accettare l'incarico (di ministro degli Esteri, ndr) e dice che la mafia colpirà ancora e più in alto ma non tutti vogliono capirlo”. Quanto alla trattativa, Scotti ha aggiunto di non avere “elementi né valutazioni” ma ha negato che la scelta di sostituirlo con Mancino fosse legata alla necessità di lasciare libero il posto di capogruppo al Senato e ha rivendicato di “non aver mai posto il problema di restare in Parlamento per avere l'immunità”, quando la Dc stabilì il criterio dell'incompatibilità tra carica di governo e seggio parlamentare. Infine rispondendo alle domande dei membri della Commissione, Scotti ha aggiunto: “Non ho mai letto il rapporto mafia-appalti, non ho mai avuto colloqui con Mori, con Violante non ho parlato di quel rapporto” e al senatore Serra che gli ha chiesto come mai non chiese al premier Amato perché lo sostituiva, l'ex ministro ha risposto: “Non ho l'abitudine di lamentarmi, nella mia storia politica ho sempre accettato le decisioni prese per ragioni politiche sperando che un giorno venisse fuori la verità”.
Successivamente è toccato a Martelli, ministro della Giustizia dal 1991 al 1993. Questi, come già aveva fatto lo scorso agosto nel corso di un'intervista, ha accusato l'ex presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, di aver avuto un ruolo di 'regia' nella trattativa Stato-mafia e far cessare il periodo stragista. "Lui era il dominus, colui che regnava", anche se non isolato ma con "un consenso più ampio". Per Martelli l'ex capo dello Stato fu protagonista della "regia per la 'normalizzazione' del rapporto con la mafia" che, con l'obiettivo di fermare le stragi, mise da da parte dei "politici e avevano esagerato nel contrasto".
"Il fine - ha detto l'ex esponente socialista davanti alla Commissione antimafia - era quello di tagliare l'area più offensiva contro Cosa Nostra. Colpendo Martelli, Scotti e successivamente anche Nicolò Amato, responsabile dell'Amministrazione penitenziaria". L'ex guardasigilli è arrivato anche a dare del 'bugiardo' all'ex premier e compagno di partito Giuliano Amato che ieri, ascoltato in Commissione, ha dichiarato di aver scelto personalmente il successore al ministero della Giustizia Consu: "È una bugia perchè Consu è stato scelto da Scalfaro. Così come lo stesso Amato è stato scelto da Scalfaro, Mancino e la sostituzione di Nicolò Amato con Capriotti".



In foto: Giuliano Amato

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