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napolitano-mancinodi Anna Petrozzi - 30 agosto 2012
Deve fare davvero paura l’indagine della procura di Palermo sulla trattativa mafia-stato. I veleni senza esclusioni di colpi bassi ricominciano da dove sono partiti: dalle pagine di “Panorama” che, dopo averlo annunciato in pompa magna come lo scoop del secolo, pubblica un articolo sul contenuto delle ormai famigerate intercettazioni tra Napolitano e Mancino.

O almeno era quello che tutti oggi si aspettavano. Invece nel pezzo firmato da Giovanni Fasanella infarcito di condizionali e di ipotetiche si adombrano fantomatiche fonti che avrebbero confermato quello che già altri giornali avrebbero ipotizzato sulla base di presunte rivelazioni di supposti amici. Non è un gioco di parole è un tentativo di sunto di quell’arzigogolo spacciato per scoop che avrebbe dovuto finalmente fare chiarezza sul tormentone mediatico dell’estate e spazzare via le ipocrisie di cui Panorama accusa gli altri giornali e giornalisti italiani.
Ipocrisie a parte di cui si potrebbe a lungo discutere, ciò che appare immediatamente chiaro è il tentativo di intorpidire ancor di più le acque in modo che i cittadini, sempre più confusi e nauseati da narcisismi e insulti, si disinteressino di quello che è invece un argomento delicatissimo che avrebbe bisogno di serie analisi e riflessioni su quel che è stato della storia recente del nostro Paese.
Inutili i sempre meritevoli tentativi di Travaglio e di altri bravi colleghi di mettere in ordine i fatti, la gara a chi la spara più grossa li ha belli e inghiottiti.
Probabilmente non sapremo mai cosa si sono detti Napolitano e Mancino e, a meno di non vedere le carte depositate (ipotesi altamente improbabile), rimarrà sempre il dubbio se quanto farfugliato da “Panorama” oggi almeno si avvicini alla realtà.
Era ovvio anche alla più elementare logica che se quelle intercettazioni non sono state ritenute rilevanti sul piano penale, contengono almeno qualcosa di molto inopportuno, visto che il Presidente della Repubblica, diversamente da come fece con quelle con Bertolaso, le ha blindate con un conflitto di attribuzione. Ed è anche abbastanza facile capire che in questo momento estremamente critico in cui versano gli equilibri politici ed economici del nostro Paese l’intercettazione misteriosa fa gola ai molti interessi in gioco anche e soprattutto in vista delle prossime elezioni.
In tutta questa bagarre ci siamo però scordati il dato davvero grave e preoccupante dell’intera vicenda. Vale a dire che Mancino si è sentito autorizzato a rivolgersi alla più alta carica dello Stato perché si attivasse in suo favore per cercare di toglierlo dai guai e di fare in modo che le indagini della procura di Palermo fossero condotte dietro una linea di contenimento, con il pretesto del coordinamento con gli altri uffici giudiziari. Fuor di perifrasi, che venissero in qualche modo fermate.
Insomma il solito dito, le intercettazioni che rilanciano ovviamente la riforma bavaglio, oscura la luna e diventa di giorno in giorno sempre più gigantesco e strumentalizzato in modo da offuscare il cuore della vicenda: nel 1992-1993 una parte dello Stato ha trattato con la mafia sulla pelle di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e le vittime innocenti e inermi di Firenze e Milano.
L’infernale macchina mediatica capitanata dai vari “Panorama” e dai ributtanti rigurgiti rabbiosi di Ferrara mira a raggiungere un preciso obiettivo: screditare i magistrati e l’intera inchiesta per proteggere chi sapeva allora e sa ancora oggi, chi era al potere allora e lo è ancora oggi. Terrorizzato che la verità venga fuori. E considerati i tanti silenzi istituzionali interrotti dopo vent’anni da qualche timida ammissione sfuggita a denti stretti non ci sono solo i colpevoli a volere questa indagine seppellita ma anche i tanti che si devono vergognare di convenienti complicità sulle quali hanno sicuramente costruito brillanti e imperiture carriere.
E infatti mentre il Quirinale si affanna a smentire categoricamente la “ricostruzione” di Panorama e ad incassare la scontata frotta di solidarietà, Mancino gongola tra la conferma e la smentita e alimenta i dubbi alludendo alla fragilità del segreto istruttorio.
Chi ne fa le spese? La verità, questa sconosciuta che lorsignori temono quanto la morte, e i cittadini che vorrebbero sapere cosa è veramente successo a cavallo delle due repubbliche, magari in tempo per decidere chi non votare più in vista della terza.
E non è questione da poco.

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