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vizzini-calogero-big0di Lorenzo Baldo - 6 luglio 2012
Palermo. “Sono state rivolte minacce di morte contro il signor presidente del Consiglio (Giulio Andreotti, ndr) e ministri Vizzini e Mannino…per marzo – luglio campagna terroristica contro esponenti Dc, Psi et Pds … Strategia comprendente anche episodi stragisti”. Era il 20 marzo 1992. Con queste parole l’allora ministro dell’Interno, Vincenzo Scotti, era intervenuto alla Commissioni Affari Costituzionali del Senato citando una serie di informative ufficiali che preannunciavano un piano di destabilizzazione istituzionale che da lì a poche settimane si sarebbe realizzato attraverso le stragi del ’92 e successivamente quelle del ’93.

Delle minacce di morte nei confronti del senatore Carlo Vizzini di cui accennavano le informative si è parlato oggi all’udienza del processo Mori-Obinu per la mancata cattura di Provenzano nel ’95. Poco prima è stato ascoltato il giornalista scrittore Luca Rossi che ha raccontato l’ultimo incontro con Borsellino un paio di settimane prima della strage di via D’Amelio nel quale il giudice gli avrebbe esternato la sua certezza del destino (simile a quello di Giovanni Falcone) che lo attendeva. Il senatore (ex Pdl, ora Psi) ha deposto su richiesta della difesa degli imputati. Rispondendo poi al pm Di Matteo lo stesso Vizzini ha dichiarato di non essere stato informato che il suo nome era tra quelli riportati nell’informativa, ma di averlo appreso successivamente. “Parisi (l’ex capo della polizia, ndr) mi aveva detto la mia sicurezza era stata sottovalutata, senza però far riferimento a tentativi di attentato”. La storia della lista dei politici visti da Cosa Nostra come “traditori” per non aver esaudito certune promesse pattuite precedentemente con i mafiosi è tornata alla ribalta in un processo che si avvia faticosamente alla conclusione. Su quei nomi vergati sulle circolari dei servizi di sicurezza vi sono ancora alcuni punti oscuri da chiarire. Quali promesse non erano state mantenute da questi esponenti politici a tal punto da meritarsi una condanna a morte dall’organizzazione criminale più potente al mondo? La vendetta dei mafiosi era per altro iniziata il 12 marzo 1992 con l’assassinio di Salvo Lima, ma nel mirino di Cosa Nostra figuravano elementi di spicco del calibro di Claudio Martelli, Calogero Mannino e Sebastiano Purpura.  Una storia tutta ancora da esplorare. Attualmente Carlo Vizzini è indagato dalla procura di Palermo per corruzione aggravata. L’accusa a carico del senatore è quella di aver intascato tangenti in cambio dei suoi buoni uffici alla società del gas di Vito Ciancimino, un’azienda che per vent’anni si è accaparrata lavori di metanizzazione, fuori e dentro la Sicilia, grazie al controllo dell’ex sindaco di Palermo e del boss di Cosa Nostra Bernardo Provenzano. Durante l’udienza odierna è stata affrontata nuovamente la questione della defenestrazione dell’allora ministro dell’interno Scotti. “Fui davvero sorpreso nell'apprendere che il ministro dell'Interno Vincenzo Scotti era stato sostituito alla guida del Viminale con Nicola Mancino – ha sottolineato Vizzini –, anche perché ritenevo, per come aveva operato, che la sua azione non si sarebbe dovuta interrompere”. Il pm Antonino Di Matteo ha chiesto a Vizzini se avesse vissuto la sostituzione di Scotti come “un calo di tensione nella lotta ai clan”. “Si, lo pensai - ha risposto  il senatore - ma in quel periodo ricordo, dovettero dimettersi da parlamentari. Ma io non potevo, né avevo la forza di intromettermi in un fatto interno di un altro partito”. Rispondendo alle domande della difesa e dell’accusa Carlo Vizzini ha raccontato l’episodio della cena del 16 luglio 1992 a Roma al ristorante “Il Moccoletto” insieme a Paolo Borsellino, Guido Lo Forte e Gioacchino Natoli. Secondo la ricostruzione del politico in quella cena i commensali parlarono dei rapporti fra mafia, imprenditori e appalti. “E' una mia idea -ha spiegato Vizzini - però secondo me le stragi di Falcone e Borsellino furono un 'golpe' per difendere il sistema illecito che ruotava proprio attorno agli appalti”. Il presidente della IV sezione penale, Mario Fontana, ha chiesto all’ex ministro se in quella cena si fosse parlato di una legge sulla dissociazione per i mafiosi. Diniego da parte di Vizzini che ha ammesso però di essersene occupato successivamente. Alla domanda del pm sull’influenza dell’allora capo dello Stato Scalfaro nella formazione del governo Amato lo stesso Vizzini ha ricordato la telefonata di Giuliano Amato nella quale gli veniva espressamente richiesta la sostituzione di un sottosegretario evidentemente non gradito al Quirinale in cambio di un altro soggetto più apprezzato dal Palazzo. A fronte di questa dichiarazione Di Matteo ha riletto il verbale di un precedente interrogatorio del senatore Vizzini, che attribuiva la stessa telefonata non a Giuliano Amato, ma direttamente al Quirinale. “E allora è possibile che la telefonata fosse arrivata dal Quirinale”, ha commentato il senatore. Anche in questo caso si è assistito ad una testimonianza decisamente incompleta da parte di uno dei protagonisti della prima Repubblica che molto probabilmente tanto avrebbe ancora da raccontare sui risvolti noti e meno noti di quei mesi febbrili prima e dopo le stragi del ’92. Il processo è stato rinviato al 17 settembre per integrazioni istruttorie che sono state proposte dal presidente della IV sezione penale. Tra i testi suggeriti dal dott. Fontana vi sono i nomi del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, i magistrati Guido Lo Forte e Gioacchino Natoli e il maggiore dei carabinieri Antonello Angeli. Pm e avvocati decideranno in seguito la priorità di chi chiamare a deporre.

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