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dellutri-berlusconi-bigdi AMDuemila - 24 aprile 2012
Marcello Dell’Utri ha rivestito il ruolo di “mediatore” tra Cosa Nostra e l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. E’ l’importante conferma che giunge dalla Corte di Cassazione, nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 9 marzo ha annullato con rinvio la condanna a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, inflitta in appello all’imputato.

Nel documento redatto dalla quinta sezione penale della Suprema Corte si legge che i giudici di secondo grado si sono correttamente avvalsi “delle convergenti dichiarazioni di più collaboratori a vario titolo gravitanti sul o nel sodalizio mafioso Cosa nostra -tra i quali Di Carlo, Galliano e Cucuzza - approfonditamente e congruamente analizzate dal punto di vista dell'attendibilità soggettiva nonché sul piano della idoneità a riscontrarsi reciprocamente circa il tema dell'assunzione -per il tramite di Dell'Utri - di Mangano ad Arcore come la risultante di convergenti interessi di Berlusconi e di Cosa nostra e circa il tema della non gratuità dell'accordo protettivo, in cambio del quale sono state versate cospicue somme da parte  di Berlusconi in favore del sodalizio mafioso che aveva curato l'esecuzione di quell'accordo, essendosi posto anche come garante del risultato”.
Nelle 146 pagine del documento si sottolinea, “senza possibilità di valide alternative”, l’esistenza  “di un accordo di natura protettiva e collaborativa raggiunto da Berlusconi con la mafia per il tramite di Dell'Utri che, di quella assunzione, è stato l'artefice grazie anche all'impegno specifico profuso da Cinà”. Un dato di fatto indipendente “dalle ricostruzioni dei cosiddetti pentiti”. Mentre è indubbio “e costituisce espressione del concorso esterno da parte dell'imputato nell'associazione criminale Cosa nostra – si legge ancora - il comportamento consistito nell'aver favorito e determinato avvalendosi dei rapporti personali di cui già a Palermo godeva con i boss e di una amicizia in particolare che gli aveva consentito di caldeggiare la propria iniziativa con speciale efficacia presso quelli -la realizzazione di un incontro materiale e del correlato accordo di reciproco interesse tra i boss mafiosi- nella loro posizione rappresentativa- e l'imprenditore amico Berlusconi”.

La Cassazione conferma quindi in buona parte la sentenza con cui Marcello Dell’Utri era stato condannato in secondo grado, ma, spiegano i giudici, si è ritenuto necessario il rinvio poiché deve essere provato il concorso esterno a favore di Cosa Nostra per gli anni che vanno dal 1977 al 1982, periodo durante il quale Dell'Utri non lavorò più per Berlusconi ma venne assunto “alle dipendenze di imprenditore diverso e autonomo, il Rapisarda”. Su questo argomento, concludono, nel verdetto della Corte d'Appello, c'è “un totale vuoto argomentativo per quanto concerne la possibile incidenza di tale allontanamento sulla permanenza del reato già commesso”.

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