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Una indagine su due fratelli imprenditori con interessi nel settore del trasporto e nella gestione dei rifiuti ha portato al sequestro di beni per oltre 50 milioni di euro. Per la procura di Napoli, i due fratelli hanno 'lavorato' con il broker internazionale del narcotraffico Raffaele Imperiale, il boss dei van Gogh, e uno di loro è destinatario di una misura cautelare per traffico internazionale di stupefacenti. Militari dei comandi provinciali della Guardia di Finanza di Napoli e Caserta e del Gruppo Carabinieri per la Tutela dell'Ambiente di Napoli stanno dando esecuzione al provvedimento emesso dalla Sezione per l'Applicazione delle Misure di Prevenzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta di aggravamento della misura del controllo giudiziario avanzata dalla Procura della Repubblica di Napoli - Direzione Distrettuale Antimafia - e dalla Procura Nazionale Antimafia, nei confronti di Giovanni e Michele Fontana, imprenditori di Villa Literno (Ce). Giovanni Fontana è già stato destinatario di un mandato di arresto. Dall'analisi del materiale acquisito da sistemi Eurochat e Sky ECC è emerso che nel 2021 Giovanni Fontana ha messo a disposizione del gruppo di Imperiale un deposito per occultare 600 kg. di cocaina all'interno di due container diretti in Australia. Nel corso degli interrogatori resi dopo l'esecuzione della misura cautelare, Imperiale ha confermato il coinvolgimento di Fontana nell'operazione con l'Australia e descritto altri traffici illeciti compiuti con la collaborazione dell'imprenditore liternese. Prima due operazioni di trasporto dal Brasile, tra il 2008 e il 2010, di complessivi 6.000 kg di cocaina e, in seguito, tra il 2017 e il 2021, una decina di trasporti dall'Olanda allorquando, avvertendo l'esigenza di dotarsi di autotrasportatori efficienti e fidati, decise di ricontattare Giovanni Fontana tramite Daniele Ursini (anch'egli tratto in arresto nel mese di novembre u.s.). Quest'ultimo ha confermato la circostanza nel corso dell'interrogatorio del 13 dicembre 2022. Fontana avrebbe ricevuto un compenso di oltre 7 milioni di euro. Al giudizio di pericolosità sociale di Fontana Giovanni hanno contribuito anche i precedenti per rapina, furto e armi e le dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, già esponenti di spicco delle fazioni Schiavone e Zagaria del clan dei Casalesi, che lo hanno descritto come un imprenditore colluso con il gruppo di Michele Zagaria. Michele, gravato da precedenti penali e legato al fratello Giovanni da vincoli societari per gli inquirenti non solo ha condiviso le strategie commerciali ma anche quelle di natura illecita del fratello. Le indagini patrimoniali hanno evidenziato una evidente sproporzione, nel periodo 2002-2021, tra i redditi dei due imprenditori e dei rispettivi nuclei familiari e le relative possidenze. Da qui il sequestro eseguito in data odierna, avente ad oggetto le quote e i compendi aziendali di 8 società, 120 immobili tra fabbricati e terreni, 6 auto/motoveicoli, nonché il blocco dei rapporti bancari e finanziari, per un valore complessivo di oltre 50 milioni di euro.

Sequestro di 200 camion

I carabinieri del Gruppo Carabinieri per la Tutela dell'Ambiente di Napoli, insieme con la Guardia di Finanza, stanno apponendo i sigilli in un mega parcheggio che si trova nella zona di Castel Volturno, in provincia di Caserta, a circa 200 camion appartenenti a una delle società finite nella lista dei beni da sequestrare ai fratelli imprenditori Giovanni e Michele Fontana. Entrambi, secondo due collaboratori di giustizia eccellenti come Giuseppe Misso e Michele Barone, sono stati fondamentali per gli affari dell'ex primula rossa del clan dei Casalesi Michele Zagaria. Secondo gli investigatori, infatti, proprio grazie all'appoggio della mafia casalese i Fontana sono riusciti a far diventare le loro aziende leader nel trasporto e nella gestione dei rifiuti. Il provvedimento di sequestro del giudice di Santa Maria Capua Vetere è stato adottato a seguito della revoca del controllo giudiziario di una società dei due imprenditori nei confronti dei quali sono emersi plurimi elementi "idonei a fondare un giudizio di pericolosità sociale e a far ritenere che il loro patrimonio si sia formato e sia stato incrementato negli anni grazie ad attività illecite".

Fonte: Agi

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