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orlando antonio carta identitadi Emiliano Federico Caruso
Ricercato dal 2003 e considerato tra i 100 latitanti più pericolosi d'Italia, anche dalla sua latitanza Antonio Orlando reggeva le redini dei clan camorristici delle zone a nord di Napoli.
Questa mattina, all'alba, i carabinieri del Nucleo investigativo di Castello di Cisterna, coordinati dal magistrato della Dda di Napoli Maria di Mauro, diretti dal maggiore Bagarolo e dal colonnello Giardielli, hanno arrestato Antonio "o Mazzolino" Orlando, 60enne boss del clan camorristico degli Orlando-Nuvoletta-Polverino, una sorta di "federazione" di tre tra i più potenti clan del nord di Napoli, già latitante da 15 anni e ancora abilissimo nell'impartire ordini al suo clan tramite alcuni uomini fidati e gli immancabili "pizzini".
L'arresto di 'o Mazzolino è l'apice di due ordinanze di custodia cautelare in carcere per associazione di tipo mafioso, emesse a suo carico dal Giudice per le indagini preliminari di Napoli dietro richiesta della Direzione distrettuale antimafia, e il capitolo finale di una storia iniziata quasi trent'anni prima.
Sono gli anni '90, nel panorama dei clan camorristici campani, fatti di alleanze che si sciolgono e si riallacciano con frequenza e facilità, gli Orlando sono alleati sia ai Polverino, un clan dedito al narcotraffico, egemone delle zone di Marano e Quarto sin dagli anni '80 ma attivo fino in Veneto, sia ai Nuvoletta, altro potente clan fondato dai fratelli Lorenzo, Ciro e Angelo e affiliato nientemeno che con i Corleonesi di Liggio, Riina, Provenzano e Bagarella. Un sodalizio, quello tra i Nuvoletta-Polverino-Orlando, che sembra funzionare bene. Gli Orlando, in particolare, sono molto attivi nel traffico di hashish e nelle estorsioni, anche se a livelli ancora bassi.
Ma qualche anno dopo, nel corso di un diverbio, Antonio "'o Lepre" Nuvoletta viene schieffeggiato da Giuseppe "'o Barone" Polverino, potente bos del clan omonimo. Una cosa di questo genere, negli ambienti mafiosi, è da sempre considerata altamente offensiva, e dallo schiaffo del Barone a 'o Lepre nasce una scissione all'interno dei rispettivi clan, nella quale gli Orlando si trovano costretti a decidere da quale parte stare.
Dietro consiglio di Armando "Tamarro" Orlando, cugino di 'o Mazzolino, gli Orlando decidono infine di schierarsi con i Polverino. Riconosciuti come clan autonomo da Peppe "'o Barone", gli Orlando salgono quindi i gradi della gerarchia criminale e iniziano a diventare egemoni dello spaccio di hashish nelle zone di Quarto, Calvizzano e Marano, nell'entroterra a nord di Napoli. Grazie alla benedizione di Giuseppe Polverino, gli Orlando entrano quindi nei circoli di potere più alti della Camorra. Ma il rinnovato potere dura pochi anni.
Il 9 marzo del 2012, 'o Barone viene arrestato in una lussuosa villa in Andalusia, mentre si trova in compagnia di due modelle brasiliane. Lo chiamano 'o Barone proprio per la sua passione per il lusso e per le belle donne. Al momento dell'arresto ha già sei anni di latitanza sulle spalle e, scopriranno poi gli investigatori, un patrimonio di più di un miliardo di euro.



In seguito a questo arresto, nell'instabile panorama dei clan camorristici il clima si fa incerto da una parte e teso dall'altra: 'o Mazzolino Orlando risulta latitante da ormai 9 anni, anche se continua a tenere le redini del clan grazie a pochi, fidati uomini che conoscono i suoi nascondigli, e l'arresto del Barone non rafforza certo le alleanze. Vista l'aria che tira, e considerando l'arresto del boss dei Polverino, gli Orlando decidono infine di schierarsi questa volta con i Nuvoletta. Ma dura poco anche questa volta.
Ad aprile del 2016 Roberto "Paperone" Perrone, fidato killer e braccio destro di Giuseppe Polverino, decide di iniziare a collaborare con i magistrati, e ricostruisce per gli investigatori l'intero meccanismo delle alleanze tra gli Orlando, i Nuvoletta e i Polverino. Ne descrive le gerarchie, fa nomi e cognomi, e spiega nel dettaglio molte speculazioni edilizie, traffici e affari della camorra, allora ancora oggetto di indagini aperte.
Passa poco più di un anno, e a novembre del 2017 è un altro pentito, Teodoro Giannuzzi, a fornire nuovi elementi che gli investigatori possono utilizzare per contrastare il clan Orlando. Giannuzzi venne poi messo sotto protezione insieme al suocero Giuseppe di Pierno, in seguito alle minacce provenienti dagli Orlando e dai Polverino.
Ma torniamo ad Antonio Orlando. 'O Mazzolino sparisce dalla circolazione nel 2003, e passa ben 15 anni da latitante, nascondendosi nelle zone campane tra Mugnano e Marano, e cambia spesso nascondiglio, per non essere rintracciabile. La sua è una latitanza comoda, come quella di molti altri boss, e per rimanere nascosto così a lungo gode quasi certamente di importanti appoggi logistici e di un patrimonio economico accumulato in anni di riciclaggio di denaro e di traffico di droga, specialmente i proventi di un canale privilegiato dal Marocco all'Italia, dove viaggiavano tonnellate di hashish di alta qualità marchiato "iPhone".
Riesce persino a partecipare ad alcune riunioni tra clan camorristici, in particolare quella dell'estate del 2015, dove il clan Orlando decise di sottomettere i Polverino e i Nuvoletta, prendendosi il controllo di tutti gli affari criminali delle zone di Calvizzano, Quarto e Marano.
Ma l'8 novembre 2018 succede qualcosa: dopo una lunga serie di arresti tra le fila del clan, la Guardia di finanza di Grosseto arresta a Marano il fratello di Antonio, Angelo Orlando.
'O Mazzolino capisce di avere il fiato sul collo, si trasferisce in un altro nascondiglio a Mugnano, con tanto di sauna artigianale e piccolo solarium privato, ma dura pochi giorni. Preso forse dall'istinto dell'animale braccato, da premonizione o da un attacco di panico, il boss inizia a bruciare i pizzini, le schede telefoniche, i documenti, gli appunti, insomma tutto quel che potrebbe costituire una prova contro di lui. I carabinieri del Nucleo investigativo di Castello di Cisterna lo trovano così, in quell'appartamento/nascondiglio di Mugnano, e 'o Mazzolino, che forse capisce di non avere più scampo, decide di arrendersi senza opporre resistenza.
L'arresto è sicuramente un colpo pesante e forse il capitolo finale per il clan Orlando, già decimato da numerosi arresti in passato, al punto che, poco dopo l'arresto, il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha dichiarato che "Anche per lui (Antonio Orlando, ndr) la pacchia è finita. Grazie alle forze dell'ordine e agli investigatori: ci fanno cominciare bene la giornata e ci fanno essere ancora di più orgogliosi di loro". Parole simili a quelle del sindaco di Quarto, Antonio Sabino: "Arresti come questo danno speranza alle migliaia di cittadini onesti e perbene, che rispettano la legge e pensano che il riscatto di un territorio possa avvenire innanzitutto dal ripristino della legalità”.
Una carriera criminale, quella di Antonio "'O Mazzolino" Orlando, iniziata negli anni '80 da semplice gestore delle piazze di spaccio a nord di Napoli, cresciuta nel giro di pochi anni, sopravvissuta al mutevole e caotico panorama di alleanze e faide interne della camorra, e finita questa mattina, davanti a un falò di documenti, pizzini e schede telefoniche.

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