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Per gli inquirenti una collaborazione dall'alto valore "simbolico"
Un pentimento di alto valore sul piano simbolico. E' questo il parere degli inquirenti rispetto l'avvio della collaborazione con la giustizia da parte di Nicola Schiavone, il primogenito dell'irriducibile boss dei Casalesi Francesco 'Sandokan'. Il quarantenne, che era detenuto in regime di 41bis, ha manifestato la sua volontà venti giorni fa attraverso una lettera inviata alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli. I suoi parenti più stretti hanno aderito al programma di protezione che è stato immediatamente attivato.
A farsi carico della verifica, rigorosa, delle sue dichiarazioni saranno i pubblici ministeri Graziella Arlomede, Fabrizio Vanorio e Vincenzo Ranieri, del pool antimafia che si occupa delle indagini sui clan del Casertano. Il quarantenne, che sta scontando l'ergastolo per cinque omicidi, ha già reso dei primi interrogatori. Nelle prossime settimane i colloqui si intensificheranno anche in ragione del fatto che Nicola Schiavone ha a disposizione 180 giorni, come prevede la legge, per poter rivelare tutto quanto a sua conoscenza su episodi criminali.
Schiavone, come è facile immaginare, si concentrerà su una storia non più attualissima: il boss è detenuto dal 15 giugno del 2010, quando fu arrestato dagli agenti della Squadra Mobile di Caserta in un villino-bunker alla periferia di Casal di Principe, da sempre roccaforte dei Casalesi. Fino alla data della cattura, tuttavia, Schiavone era a capo della cosca e ne ha gestito gli affari illeciti di maggior spessore intrattenendo anche rapporti con politici e colletti bianchi.
Schiavone, secondo il collaboratore di giustizia Roberto Vargas, suo braccio destro, aveva anche deciso di uccidere l’allora procuratore aggiunto a Napoli, Federico Cafiero de Raho, oggi procuratore nazionale antimafia, e poi tutto il pool della Dda napoletana che si occupava dei casalesi. Il piano saltò perché un gruppo di terroristi islamici che vivevano nel casertano fu scoperto con l’arresto di un algerino. La collaborazione di Nicola Schiavone potrebbe aprire scenari importanti in altre fazioni della cosca dopo che nel 2014, aveva deciso di collaborare con la giustizia l’altro boss di primo piano, Antonio Iovine, arrestato nel 2010 dopo 14 anni di latitanza.

Foto © Imagoeconomica

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