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Usura, spaccio, estorsioni: le accuse al processo a 'Napoletani della Tuscolana'
di AMDuemila
E’ stata chiesta ieri una sostanziale conferma dell'impianto accusatorio 'fissato' nelle motivazioni della sentenza di primo grado e conferma di tutte le condanne inflitte, da parte del Pg Francesco Piantoni nel processo d'appello a 24 persone, secondo l'accusa noti negli ambienti criminali come i 'Napoletani della Tuscolana'.
Un maxi processo che vede contestate accuse che, a vario titolo e secondo le rispettive posizioni, vanno dall'associazione mafiosa, all'associazione finalizzata al traffico illecito di droga, estorsioni, usura, reati contro la persona, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita, fittizia intestazione di beni, illecita detenzione di armi, illecita concorrenza con violenza e minacce.
Al contempo è stato lasciato spazio ad alcune rideterminazioni o alla riqualificazione di alcune imputazioni. In primo grado furono pronunciate condanne per complessivi più di 300 anni di reclusione (8 furono invece le assoluzioni). Le condanne più alte - per le quali il Pg ha chiesto la conferma - furono inflitte a Domenico Pagnozzi e Massimiliano Colagrande (30 anni ciascuno), nonché a Marco De Rosa e Stefano Fedeli (20 anni e 4 mesi ciascuno). Adesso il Pg, oltre alla conferma di queste condanne, ha chiesto la riforma per alcune delle contestazioni a causa dell'intervenuta prescrizione dei reati, ovvero per l'esclusione dell'aggravante del metodo mafioso per alcuni, o per la riqualificazione di singoli capi d'imputazione; per alcuni degli imputati, quindi, è stato sollecitato ai giudici di operare una riduzione della pena.
Il processo nacque dagli esiti di una maxi inchiesta che nel 2015 portò gli inquirenti a ritenere di avere smantellato un'organizzazione per delinquere di matrice camorristica operante nella zona sud-est di Roma, impegnata in varie attività illecite e capeggiata da Pagnozzi. Il 'gruppo', caratterizzato dall'integrazione tra persone di origini campane e romane, per l'accusa avrebbe gestito lo spaccio in alcune piazze della periferia della Capitale; durante le indagini, però, sarebbero emersi anche episodi di estorsioni e gravi intimidazioni per imporre il volere del clan e per recuperare crediti usurai anche per conto di terze persone. Per gli inquirenti, l'organizzazione avrebbe voluto monopolizzare anche il controllo della distribuzione delle slot machine in molti esercizi commerciali della zona Tuscolana-Cinecittà.

Fonte ANSA

Foto © Ansa

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