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Michele Zagaria mi ordinò nell'aprile del 2009 di progettare un attentato contro l'ex sindaco di Casapesenna Giovanni Zara, ma mi raccomandò di farlo passare come un incidente. 'Vivo o morto non mi interessa, gli va data una lezione', mi disse il boss”. Queste le pesanti rivelazioni pronunciate davanti ai giudici del tribunale di Santa Maria Capua Vetere dal collaboratore di giustizia Michele Barone, al tempo fedelissimo del boss dei casalesi. Il processo in corso, vede imputati il boss Michele Zagaria, il politico Fortunato Zagaria e l'ex consigliere comunale Luigi Amato per il reato di tentata violenza privata aggravata dal metodo mafioso nei confronti del ex sindaco di Casapesenna, Giovanni Zara.
I fatti contestati risalgono al 2008, anno in cui Zara fu eletto sindaco con l'appoggio del centrodestra e dell'ex sindaco forzista, Fortunato Zagaria. In merito a questo, Barone ha detto: “Io ero in carcere ma presumo che il clan fosse d'accordo sul nome di Zara perché non si poteva muovere nulla a Casapesenna senza il volere di Zagaria. Ma Zara, una volta eletto, cominciò a mettersi contro il clan per cui doveva essere punito”. Dopo alcune uscite pubbliche del neo sindaco, in cui “auspicava la cattura” di Zagaria e dell'altro boss casalese Antonio Iovine, secondo la ricostruzione dell'accusa, sarebbe stato invitato da Fortunato Zagaria, con la presenza del consigliere Luigi Amato, a non parlare più: dei due boss latitanti e nemmeno di elogiare il lavoro delle forze dell'ordine. Altrimenti avrebbe rischiato ritorsioni politiche e personali. Secondo la DDA di Napoli fu proprio Michele Zagaria a volere Fortunato (eletto come vice-sindaco) accanto a Zara in modo che potesse piegarlo al volere del clan. Nel marzo del 2009, Zara fu sfiduciato dalla sua stessa maggioranza, anche perché qualche giorno prima avrebbe firmato un protocollo per un progetto di riutilizzo di un bene confiscato sui terreni del boss Vincenzo Zagaria. Così, dopo un mese dalla fine dell'amministrazione, il boss casalese ordinò a Michele Barone di progettare un piano per uccidere l'ex sindaco. “Zagaria - ha raccontato il collaboratore in aula - disse a me e Salvatore Nobis di preparare l'attentato perché Zara si era messo contro il clan e perché temeva che denunciasse i legami di alcuni consigliere comunali con il clan. Incaricai il figlio di Salvatore, Mario, di andare a Villa di Briano per vedere dove abitavano Zara e la moglie. Furono coinvolti anche altri uomini del clan, che pedinarono l'ex sindaco per giorni, fino alla sua abitazione. Decidemmo che doveva essere usata una Jeep per colpire Zara; poteva essere un investimento, l'importante era simulare un incidente, in modo che nessuno potesse collegare il fatto al clan. Queste furono le indicazioni di Zagaria”.
Il progetto di morte di Zara però saltò, perché l'ex sindaco aveva richiamato su di sé i riflettori della stampa. “Perché naufragò il piano?” ha chiesto il pm della DDA di Napoli Maurizio Giordano. “Non agimmo più perché Zara probabilmente durante un comizio per le elezioni convocate dopo la sua caduta, fece alcune dichiarazioni contro alcuni consiglieri comunali che lo avevano sfiduciato, dicendo che erano guidati dal clan Zagaria - ha risposto il pentito - uscirono così degli articoli di stampa e lui divenne noto, sicché fu impossibile portare a termine l'azione; la stessa sarebbe stata immediatamente ricondotta a noi”.
Zara, alle successive elezioni, si candidò con l'appoggio del suo capo partito di Alleanza Nazionale, Alfredo Mantovano, ma a vincere le elezioni comunali 2009 fu Fortunato Zagaria, considerato dal pentito Barone: “Il sindaco di Michele Zagaria presso il Comune di Casapesenna”. Anche il boss casalese, Antonio Iovine (pentito dal 2014), nell'udienza preliminare del processo accusò Fortunato Zagaria “di essere del gruppo capeggiato dal boss omonimo”.
Nel 2010 Fortunato Zagaria fu arrestato mentre era in carica in seguito alla denuncia di Zara.

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