Il giovane meccanico di Forcella fu ucciso dalla paranza dei bambini
di Francesco Ferrigno
L’omicidio di Luigi Galletta, un meccanico di 21 anni del rione Forcella di Napoli, creò scalpore ed indignazione a luglio del 2015. Estraneo alle logiche criminali, Galletta fu freddato nella sua officina dopo essere stato pestato. Ne scaturirono marce anticamorra e si diffuse la voce che il giovane fu ammazzato perché non aveva voluto “collaborare” con una delle due fazioni in lotta, magari mettendo a disposizione l’officina o le sue abilità da meccanico. Oppure che secondo uno dei clan conosceva volti ed abitudini dei personaggi rivali, con cui non aveva niente a che fare. Era il tempo dell’accesa lotta tra il clan Buonerba e i Sibillo, la cosiddetta paranza dei bambini. Era il tempo di una resa dei conti sanguinaria alla ricerca di chi avesse ucciso il boss Emanuele Sibillo ad inizio luglio.
Dopo poco più di due anni gli inquirenti hanno fatto chiarezza attorno all’omicidio. Per l’agguato è stato arrestato oggi N. A., che era minorenne quando premette il grilletto contro Galletta. Il ragazzo, che avrebbe fatto parte del clan Sibillo, è stato ammanettato dagli agenti della squadra mobile di Napoli. A suo carico c’è un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip su richiesta della Procura del Tribunale per i Minorenni di Napoli. Le accuse sono di omicidio, detenzione e porto illegale di arma da fuoco, lesioni personali e minacce, e tutti i reati sarebbero stati commessi per agevolare la cosca e rafforzarne l’egemonia sul territorio.
Come già accennato, il contesto è quello della guerra di camorra tra il clan Buonerba ed il sodalizio facente capo alle famiglie Sibillo, Giuliano, Brunetti e Amirante scoppiata per il predominio sul narcotraffico e sul giro di estorsioni nei quartieri napoletani di Forcella, Maddalena e Tribunali. Le indagini hanno consentito di ricostruire il contesto criminale, il movente del pestaggio e del successivo omicidio di Luigi, risultato estraneo alle faide di camorra e ad ambienti criminali, avvenuti rispettivamente in data 28 e 31 luglio 2015, in via Carbonara, all’interno di un locale adibito a officina meccanica, dove la vittima lavorava.
Secondo la squadra mobile l’aggressione sarebbe maturata a seguito dell’uccisione di un affiliato ai Sibillo, Salvatore D’Alpino, avvenuta il giorno prima del pestaggio. All’inizio del mese di luglio, inoltre, era stato ammazzato Emanuele Sibillo, divenuto un’icona criminale tra i seguaci del cuore di Napoli. Un’uccisione che rese furiosi i Sibillo, anche perché il boss fu ucciso mentre era di spalle.
È in questo contesto che si arrivò alla reazione feroce contro Galletta, lavoratore e incensurato, che sarebbe stato “colpevole” di conoscere superficialmente e di essere parente di alcuni coetanei vicini alla fazione rivale. Il 21enne, insomma, avrebbe rifiutato qualsiasi collaborazione con i Sibillo, non voleva avere nulla a che fare con la camorra che in quel momento ragionava: o con noi o contro di noi. Da lì avvenne prima il pestaggio con il calcio della pistola, poi l’uccisione con tre colpi al petto che non gli lasciarono scampo. “Il tutto avvenuto - come ha fatto sapere la squadra mobile di Napoli - secondo le logiche bieche della guerra tra le organizzazioni criminali presenti sul territorio napoletano”. Una dimostrazione che a Forcella comandavano i Sibillo, anche a costo di togliere la vita ad un innocente.