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cpl concordiaErano accusati di concorso esterno
di AMDuemila
Non ci fu nessun patto tra il clan dei Casalesi e la coop emiliana Cpl Concordia per la metanizzazione di alcuni comuni del Casertano, quelli a più alta densità camorristica, come Casal di Principe, Casapesenna e San Cipriano d'Aversa. A sancirlo è stato il Tribunale di Napoli Nord, presieduto da Francesco Chiaromonte, che ha assolto gli ex manager della Cpl Concordia, Roberto Casari, Giuseppe Cinquanta e Giulio Lancia, dall'accusa di concorso esterno in associazione camorristica. Diversamente sono stati condannati i due imprenditori che hanno eseguito materialmente i lavori, Antonio Piccolo e Claudio Schiavone, rispettivamente a 10 e 6 anni di carcere, il primo per associazione camorristica, il secondo per concorso esterno. La sentenza da un lato riconosce che le opere di metanizzazione dell'agro-aversano furono realizzate da imprenditori legati alla Camorra, ma non conferma l'esistenza di un accordo tra gli ex manager della coop rossa e il clan dei Casalesi, come invece ipotizzato dalla Dda, che aveva iniziato ad indagare sulla base delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Antonio Iovine, ex boss del clan dei Casalesi. Nel febbraio 2015 il Noe eseguì alcuni scavi in pieno centro a Casal di Principe, in corso Umberto, e scoprirono che le tubature erano realmente a 30 centimetri di profondità invece che a 60.
Durante la requisitoria, i pm della Dda di Napoli Maurizio Giordano e Catello Maresca avevano chiesto dagli 8 ai 12 anni per tutti gli imputati. Oltre a Giordano e Maresca, dell'inchiesta si occupò anche l'ex pm di Napoli Cesare Sirignano, oggi in forza alla Dna. Alla coop modenese si giunse grazie a un'intercettazione ambientale raccolta durante un'altra inchiesta relativa alla metanizzazione sull'isola di Ischia.
Nell’ultima udienza di ieri, prima della camera di consiglio e della sentenza, con l’audizione di un ispettore della Squadra Mobile di Napoli, si era anche parlato dell'impianto illegale di citofoni che nel comune di Casapesenna (Caserta) permetteva a Michele Zagaria di parlare, durante la latitanza, con i suoi stretti congiunti; per l'accusa, infatti, l'impianto arrivava anche presso la sede dell'azienda di Piccolo, la Cogepi, che confina con l'abitazione dove dimorava il fratello del boss, Carmine Zagaria.
Ovviamente soddisfatto Roberto Casari che dopo la sentenza ha commentato: “Torno dalla mia famiglia e dai miei concittadini soddisfatto che la giustizia abbia emesso questa sentenza che solleva me e la cooperativa e i soci da un'accusa così infamante”. “La sentenza scrive una pagina di evidente verità, restituendo agli imputati assolti piena onorabilità e riconoscendo loro il merito di aver portato un po' di benessere in un territorio molto difficile del Paese", ha invece sottolineato l'avvocato Bruno La Rosa, legale dell'ingegnere Lancia. "Siamo felici per le persone coinvolte, soprattutto perché abbiamo rischiato di mettere a repentaglio 1.500 posti di lavoro. Ma chi pagherà mai i danni economici, reputazionali e di immagine della cooperativa?", si è chiesto Mauro Lusetti, presidente Legacoop nazionale.

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