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camorra napoli scampiadi Fabrizio Feo
Ventisette comuni su 72. Praticamente un comune su tre in provincia di Napoli è a rischio infiltrazione. Il Prefetto di Napoli Gerarda Pantalone lo aveva detto senza giri di parole in Commissione Parlamentare Antimafia già nel marzo scorso. Un dato sconvolgente, basato su elementi raccolti con un lavoro certosino, informazioni incrociate da investigatori magistratura, prefettura, eppure, probabilmente, solo il segnale di una realtà ben peggiore.
Il Prefetto di Napoli si presenta in Commissione quando stanno cominciando ad affluire al suo ufficio le prime notizie -che pure sono ancora parziali, per ragioni di riservatezza- dei risultati di una indagine dei Carabinieri del Ros e della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli sul clan Polverino (costola, poi divenuta dominante, della storica famiglia camorristica, affiliata anche a Cosa Nostra siciliana, dei Nuvoletta di Marano). Le informazioni che arrivano a Gerarda Pantalone dicono che proprio al Municipio di Marano c’è qualcosa che non va come dovrebbe. Il Prefetto spiega ai commissari che Marano è tra quei 27 comuni che sono finiti sotto osservazione. Anzi, è nel novero di una decina di Comuni monitorati, se possibile, ancora con maggiore attenzione. A quel punto la seduta della Commissione e di conseguenza gli atti dell’audizione del Prefetto vengono segretati.
Non meraviglia quindi la decisione di sciogliere il consiglio comunale di Marano, adottata dal Consiglio dei Ministri per “accertate forme di condizionamento da parte della camorra” (terzo scioglimento del Comune di Marano, dopo quello del 1991, e del 2004 ,seguito da un annullamento del Tar). Non meraviglia soprattutto perché, prima dell’audizione del Prefetto davanti all’Antimafia, a febbraio dello scorso anno, i carabinieri del Ros avevano compiuto alcuni sequestri di documenti nel Comune di Marano. Si trattava di atti, considerati falsi o comunque alterati, relativi alla procedura di aggiudicazione, gestione e realizzazione dell’appalto per il Piano degli Insediamenti Produttivi (PIP) della città. Il sequestro era l’atto conseguente all’acquisizione di altri documenti nella sede della società assegnataria dell’appalto, la “Iniziative Industriali srl “, che fa capo al gruppo imprenditoriale dei fratelli Aniello e Raffaele Cesaro di Sant’Antimo.
Aniello e Raffaele sono i fratelli del parlamentare di Forza Italia Luigi Cesaro.
Da ultimo, poco più di un mese fa (il primo dicembre 2016) il Ros ha sequestrato parte delle opere realizzate per il PIP dai Cesaro, coinvolti in altri indagini per rapporti con la camorra. Opere che, secondo la Direzione Distrettuale Antimafia, sono difformi dal progetto: impianti idrici, strade, fogne, realizzati con fondi pubblici per quattro milioni di euro. Secondo le indagini alcune relazioni tecniche e certificati di collaudo delle opere erano stati ottenuti con minacce; inoltre erano stati prodotti diversi atti falsi. I carabinieri, tra l’altro, avevano scoperto che per falsificare una parte della documentazione conclusiva erano stati utilizzati il timbro e la firma di un ingegnere all’oscuro di tutto.
Alla vicenda del PIP di Marano va aggiunto che la commissione di accesso inviata dal Prefetto al comune, in sei mesi di lavoro, ha trovato degna di attenzione e quindi analizzato una mole di atti impressionante: deliberazioni e documenti dell’amministrazione comunale, bandi di gara e servizi. E ha cercato di capire cosa vi fosse dietro la non realizzazione di opere e mancati abbattimenti, parentele e legami discussi sia di amministratori che di consiglieri, della maggioranza che dell’opposizione.
E arrivata dunque la decisione su Marano, ma non quella sui comuni di Casavatore e Crispano, anche questi in provincia di Napoli. Ma il lavoro della Prefettura, come degli organi investigativi e della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli va avanti.
A marzo, in commissione parlamentare antimafia il Prefetto Gerarda Pantalone aveva spiegato che “ …la Prefettura di Napoli svolge un’attenta attività di monitoraggio. Monitoraggio che viene attivato generalmente quando un comune è stato già destinatario di provvedimento di rigore e quindi di scioglimento, quando vi è stato un accesso che non si è concluso con il provvedimento di scioglimento, quando vi sono state attenzioni da parte dell’autorità giudiziaria o ancora quando vi è una serie di denunce di situazioni da consiglieri dell’opposizione o di situazioni eclatanti di cui la prefettura viene a conoscenza, quindi si segue con particolare attenzione l’attività gestionale e amministrativa delle amministrazioni locali…”. E aveva aggiunto: “…Innanzitutto un dato che a me sembra molto preoccupante è quello della continuità e rigenerazione degli amministratori locali. Mi spiego meglio: noi troviamo a distanza anche di 15 o 20 anni gli stessi amministratori che erano in carica nel momento in cui l’ente locale è stato sciolto per infiltrazione camorristica, e li troviamo magari sotto un’altra veste politica, magari con delle liste civiche o addirittura cambiando coalizione da un lato all’altro, ma li troviamo presenti…L’altra considerazione: per moltissimi di questi amministratori che hanno una certa continuità nell’amministrare l’ente locale abbiamo contatti -accertati dalle forze dell’ordine o dalla magistratura, in molti casi anche da sentenze- diretti o indiretti, spesso molto diretti, con la criminalità organizzata… Un altro elemento a fattor comune è quello della potenziale o accertata vicinanza di elementi contigui alla criminalità organizzata durante la fase della campagna elettorale o in alcuni casi che hanno accompagnato il corteo della vittoria del neo eletto sindaco”.
E come meravigliarsi se – come racconta il Prefetto ai parlamentari della Commissione Antimafia- quando si va a verificare il modo in cui si sono svolte le procedure di voto si scopre che “….Un altro tratto per tutti questi comuni che abbiamo esaminato: durante le consultazioni elettorali, durante le operazioni di voto o durante la campagna elettorale vi sono state denunciate delle situazioni oggetto di attenzione da parte della magistratura. Parlo delle semplici operazioni di voto: abbiamo persone denunciate, a cominciare dai presidenti di seggio, dagli scrutatori o dagli stessi elettori che hanno compiuto reati o irregolarità in materia di consultazioni elettorali…”.
E questo dovrebbe bastare a comprendere la portata del problema…che purtroppo non pare l’incubo dei sonni di chi avrebbe invece il dovere di fare qualcosa.

Tratto da: liberainformazione.org

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