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di Emiliano Federico Caruso
La Direzione investigativa antimafia di Napoli ha eseguito un provvedimento di confisca di beni per sei milioni di euro, oltre a un obbligo di soggiorno con sorveglianza speciale per due anni e mezzo, nei confronti di Luigi Corvino, geometra, imprenditore ed ex consigliere comunale legato ai clan dei Casalesi.
Già abile faccendiere, Corvino, secondo gli inquirenti, già nei primi anni del duemila, agevolava la Camorra del Casertano ottenendo appalti edilizi in particolare per conto della fazione locale dei Bidognetti, un clan tra i primi a inserirsi nell’Italia del nord grazie al fondatore Francesco, e che già di suo deteneva un enorme controllo sul traffico illecito di armi e di rifiuti, negli appalti, nelle estorsioni e, appunto, nell’edilizia. Considerato il riferimento politico dei Casalesi, Luigi Corvino si sarebbe premurato di ottenere voti per gli uomini vicini al clan promettendo in cambio posti lavoro nel centro commerciale “Il Principe” (poi mai realizzato), e con lo stesso sistema sarebbe riuscito anche a essere eletto Consigliere comunale a Casal di Principe nelle fila di Forza Italia con 531 preferenze, durante le amministrative del 27/28 maggio 2007 e del successivo ballottaggio del 10/11 giugno.
In seguito alla sua elezione, Corvino divenne, secondo l’accusa, il principale punto di contatto tra il ceto politico e la parte imprenditoriale, militare e militare della Camorra, in particolare le fazioni di Schiavone “Sandokan” e di Bidognetti “Cicciotto ‘e mezzanotte”. Grazie al nuovo Consigliere comunale i clan del Casertano riuscirono ad ottenere il pieno potere delle istituzioni locali e degli appalti edilizi. Tra politica, edilizia, criminalità e politica tenevano praticamente sotto controllo l’intero territorio, sfruttando sia il loro crescente potere criminale, sia la copertura derivata dai vincoli politici.
Ma durò poco: nel corso dell’operazione “Il principe e la (scheda) ballerina”, il 6 dicembre del 2011 Luigi Corvino venne arrestato insieme ad altri 56 indagati, tra i quali si trovava anche l’imprenditore Francesco Lampo, fino a pochi anni prima considerato organico agli stessi clan dei Casalesi, per conto dei quali si occupava di nascondere le armi, di fornire supporto logistico agli affiliati e di riscuotere le tangenti, che subito reinvestiva anche per conto proprio. Sfruttando il potere che gli derivava dal vincolo mafioso, in particolare con il clan di Michele Zagaria (il “re del cemento” che fu tra i primi a capire come quello dell’edilizia fosse un campo promettente per le mafie) Francesco Lampo riuscì infatti anche a ottenere l’appalto per la costruzione di tre edifici nel Casertano.
Alla luce di ciò ià il 6 dicembre del 2013 ai arrivò al sequestro di quattro milioni di euro nei confronti di Corvino e di Lampo, tra beni mobili e immobili, veicoli e varie società sparse tra Milano, Latina e Caserta, con accuse che andavano dalla turbativa di voto all’estorsione, passando per l’estorsione, la truffa ai danni dello Stato, l’abuso d’ufficio, il falso e riciclaggio, senza farsi mancare la classica associazione a delinquere di tipo mafioso (il 416 bis).
Fino al sequestro di oggi di sei milioni di euro, ultimo tassello di una serie di controlli patrimoniali nei confronti di Luigi Corvino e della sua famiglia, che ha coinvolto una decina di immobili tra terreni e appartamenti, tre società, due autoveicoli e una ventina di rapporti finanziari, compresi il patrimonio e il capitale sociale della Cas. Rib, società edile di Caserta, le quote societarie della Medical Campus, azienda di rifornimenti medici di san Cipriano d’Aversa (sempre nel Casertano) e una quota della Building Immobiliare di Aversa.