zagaria-ansaIl capo dei Casalesi continua a dare ordini. Anche Sandro Ruotolo nel mirino
di Aaron Pettinari - 8 luglio 2015
“Mi devo ammazzare, oppure lo devo fare uccidere fuori?... Brigadiere, fuori ancora qualcosa posso fare”. Sono queste le parole che lo scorso 14 marzo un agente di polizia penitenziaria del Carcere di Milano Opera raccoglie dal boss dei Casalesi Michele Zagaria.
Queste sono state trascritte in un' informativa del Dap dove viene lanciato l'allarme sui rischi che corrono i magistrati impegnati nelle indagini sul clan dei Casalesi. Una relazione, depositata ieri all’udienza di un processo in corso davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che si basa anche sul contenuto di intercettazioni ambientali (fatte tra il 2013 e lo scorso marzo in carcere) dei colloqui tra il boss Michele Zagaria, uno dei capi dell'organizzazione, e i familiari.
In particolare la rabbia di Zagaria è rivolta soprattutto nei confronti del pm Catello Maresca, che con gli altri sostituti del pool coordina le indagini sul “Monaco” di Gomorra: “La prossima volta che vado in videoconferenza e c’è il magistrato Maresca gli dico che mi ha rotto le palle, visto che si è accanito su di me”, dice sempre l'ex superlatitante il 10 febbraio, rientrando in cella da un colloquio.

Il periodo è lo stesso delle minacce contro il giornalista di La7 Sandro Ruotolo, da qualche mese sotto scorta. Diceva Zagaria contro quest'ultimo: “Quell'altro Ruotolo, dice che io avevo contatti con i servizi segreti...questo...che ti possano squartare vivo. Perché ti permetti di dire queste cose? Queste sono infangate”.
Ma l'ira del boss accresce quando gli inquirenti arrestano Elvira, una sua sorella, nelle indagini sugli appalti dell’ospedale di Caserta. Il dato è registrato il 24 febbraio quando a colloqui con le altre sorelle ammette: “Questo fatto di Elvira mi ha ucciso”. E poi aggiunge di voler dire a Maresca: “Se vogliamo fare la giustizia è giustizia. Se mi volete far morire è un’altra cosa. State cercando di farmi impiccare, e mi portate sulla coscienza”.
In un'intercettazione del 20 marzo scorso se la prende con gli stessi magistrati che lo avevano interrogato. “Mi provocarono, mi dissero: non ci servite – raccontava ai familiari - Stiamo attenti perché vogliono trovare il pelo nell’uovo..io mi metto paura di una cosa sola: che all’improvviso prendono e fanno un’altra stupidaggine (indica i familiari presenti come per coinvolgerli, spiegano gli investigatori)...mi sono spiegato?”. E poi aggiunge: “Io sto facendo il mestiere mio, però se tu lo strumentalizzi.. e fai uscire sul giornale che io sto per cedere, allora io ti dico da dentro al microfono: sentimi bene, puoi fare tutto quello che vuoi tu, ma mi tieni solo sulla coscienza: io non cedo mai”. I riferimenti al pm Maresca da parte del capomafia casalese risalgono già al 2012. In particolare la relazione fa riferimento alle intercettazioni del 26 gennaio quando chiese ai suoi avvocati di parlare con il magistrato e quando nel febbraio disse au suoi stessi familiari di incatenarsi davanti alla Procura di Napoli. 

Foto © Ansa

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