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gdf auto ric webdi Giuliano Girlando - 8 luglio 2013
Il noto clan di camorra Mallardo è stato oggetto da parte dei finanzieri del Comando Provinciale di Roma, di un sequestro di beni complessivo di oltre 50 milioni di euro. L'operazione “Bad Brothers 2”, sta portando ancora una volta alla luce la complessa attività criminale nel Lazio della oramai nota come “Quinta mafia”.
Il G.I.C.O. (Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata) del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma, in data odierna, hanno posto sotto sequestro beni mobili ed immobili riconducibili al sodalizio criminale organizzato dai fratelli Michele, Giuliano e Luigi Ascione, indiziati di contiguità al clan Mallardo, per conto del quale avrebbero costituito una cellula economica, operante, prevalentemente, nel territorio del basso Lazio.
Le complesse indagini, coordinate dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Giuseppe Pignatone, e dai Sostituti Procuratori della Repubblica - D.D.A. (Direzione Distrettuale Antimafia) di Roma - dott.ssa Lina Cusano, dott.ssa Maria Cristina Palaia e dott.ssa Barbara Sargenti, con la collaborazione da tempo avviata con la D.D.A. di Napoli, hanno consentito di accertare la costante ed inarrestabile ascesa, nella Provincia di Latina, dei fratelli Ascione, noti imprenditori campani, attraverso rapporti dai reciproci vantaggi con esponenti di spicco del noto clan di camorra Mallardo.

Come dimostrato dalle investigazioni l’operatività criminale del clan è stata nel tempo orientata, oltre che al finanziamento del traffico di sostanze stupefacenti, prevalentemente al controllo - realizzato con la partecipazione finanziaria o con la riscossione di quote estorsive - delle attività economiche di rilievo (attività edilizia, appalti pubblici, forniture pubbliche, commercio all’ingrosso).
In particolare, gli Ascione – da qui il nome dell’operazione – hanno costituito, di fatto, uno stabile e ben ramificato “sodalizio criminale”, strategicamente inserito in un “sistema criminogeno” di più ampia portata, rappresentato dal clan camorrista dei Mallardo al quale sono risultati essere legati, fin dagli anni ’80, da uno stretto “pactum sceleris”, riferito principalmente al reimpiego di proventi illeciti nel circuito economico legale, attraverso, in un primo momento, società operanti nel settore del commercio delle automobili per poi investire, successivamente, in società operanti nel settore delle costruzioni e dell’intermediazione immobiliare.
Tra gli altri, i collaboratori di giustizia Gaetano Vassallo, Salvatore Izzo ed Massimo Amatrudi hanno reso specifiche dichiarazioni circa i collegamenti correnti tra il “gruppo dell'Aquila” e il “gruppo Ascione”. Più precisamente, i citati collaboratori hanno indicato i fratelli Ascione come intranei al clan Mallardo, direttamente legati ai capiclan Francesco e Giuseppe.
Proprio in virtù di tali qualificati collegamenti, gli Ascione operavano in stretta e sinergica collaborazione con il gruppo Dell'Aquila, in particolare con Domenico dell'Aquila, alias “Menicuccio”, con il quale divenivano soci in affari, sempre nel settore del commercio di autoveicoli. Le fiamme gialle del G.I.C.O. di Roma, interpretando concretamente le direttive impartite dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, hanno sviluppato circa 100 accertamenti economico-patrimoniali, nei confronti di altrettante persone fisiche e giuridiche, finalizzati all'aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati.
In definitiva, le riportate attività delittuose hanno permesso al gruppo Ascione, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva, di accumulare un ingente patrimonio mobiliare ed immobiliare, del tutto incongruente con il modesto profilo reddituale emergente dalle dichiarazioni dei redditi.
Tale sproporzione, unita alla qualificata pericolosità sociale, ha permesso di richiedere, ai sensi del dettato normativo del “Codice Antimafia” D. Lgs 159/2011, l’applicazione della sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza ed il sequestro finalizzato alla confisca dell’intero patrimonio, direttamente o indirettamente, riconducibile a Michele, Giuliano e Luigi Ascione.
I risultati di tali investigazioni, quindi, sono stati partecipati al Tribunale di Latina – Sezione Misure di Prevenzione, il quale, condividendo l’impianto accusatorio prospettato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, con proprio provvedimento ha disposto il sequestro di: patrimonio aziendale e relativi beni di n. 5 società, con sede nella provincia di Latina, Napoli, di cui n. 2 operanti nel settore delle costruzioni di edifici, n. 1 nella locazione di immobili, n. 1 nel commercio di autoveicoli e n. 1 nel settore dell’intermediazione immobiliare; quote societarie di n. 1 società, con sede nella provincia di Napoli, operante nel settore della gestione di stabilimenti balneari; 112 unità immobiliari (site nella provincia di Latina, Napoli, Cosenza); 175 auto/motoveicoli e n. 1 imbarcazione; numerosi rapporti bancari/postali/assicurativi/azioni, per un valore complessivo di stima dei beni sottoposti a sequestro pari ad oltre 50 milioni di euro.
Le operazioni di polizia economico-finanziaria in parola, aventi valenza strategica rispetto all'aggressione ai patrimoni accumulati dalle consorterie criminali, al fine di contrastare l’immissione di denaro di provenienza illecita nei circuiti legali dell’economia, hanno comportato l’impiego di oltre cento Finanzieri in Lazio, Campania, Sicilia e Calabria.
Aggredire i patrimoni illecitamente accumulati dalle “mafie” significa fargli perdere prestigio all'interno del proprio ambiente delinquenziale, privandole del fondamentale strumento di condizionamento delle realtà socio economiche, tradizionalmente occupate e soffocate dall'indisturbata presenza delle loro risorse e del loro controllo.

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