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L’operazione è il frutto di quattro anni di inchiesta. Gli indagati usavano la chat della PlayStation per evitare di essere intercettati

I carabinieri del comando provinciale di Napoli hanno eseguito stamane un'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Dda partenopea, a carico di 24 persone (15 destinatari di custodia cautelare in carcere, 6 agli arresti domiciliari e 3 di misure interdittive dell'attività imprenditoriale). Gli indagati sono gravemente indiziati di appartenere a due organizzazioni di tipo mafioso, riconducibili alle famiglie camorristiche Troncone e Frizziero, rispettivamente operanti nei quartieri napoletani di Fuorigrotta e Chiaia (zona Torretta) e dedite al traffico organizzato di sostanze stupefacenti, alla detenzione di armi, alle estorsioni ed al contrabbando di T.L.E. Le indagini, condotte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli e coordinate dalla locale Direzione distrettuale antimafia, hanno documentato la piena operatività dei due clan nei quartieri occidentali del capoluogo campano. Sono stati ricostruiti numerosi episodi estorsivi, non solo nei confronti di esercizi pubblici ma anche nei riguardi di persone dedite allo svolgimento di attività illecite (spaccio di sostanze stupefacenti , contrabbando di tabacchi lavorati esteri e parcheggiatori abusivi). Le indagini hanno documentato il versamento, con cadenza settimanale, di somme di denaro a titolo di "controprestazione" per l'esercizio delle relative attività illecite sul territorio. Nel corso delle indagini, svolte in quattro anni (dal 2020 al 2023), è stato anche dimostrato da parte del clanTroncone il reimpiego dei proventi delle attività di contrabbando e di spaccio di sostanze stupefacenti nell'acquisto di natanti, questi ultimi intestati fittiziamente e poi noleggiati attraverso una società di Nisida. Il Gip di Napoli ha emesso un provvedimento di sequestro preventivo, disponendo altresì il divieto di esercizio dell'attività imprenditoriale nei confronti della titolare della società e del marito, che aveva agito quale intermediario. Le indagini svolte hanno consentito di accertare anche l'ingresso occulto e l'utilizzo di telefoni cellulari in alcune strutture detentive, a mezzo dei quali i vertici dei clan avrebbero impartito disposizioni per la gestione degli affari illeciti. Il provvedimento eseguito e' una misura cautelare disposta in sede di indagini preliminari e i destinatari della stessa sono persone sottoposte alle indagini e, quindi, presunte innocenti fino a sentenza definitiva.


Le chat dei boss sulla PlayStation per evitare di essere intercettati

I carabinieri del nucleo investigativo di Napoli hanno scoperto che per evitare di essere intercettati dagli inquirenti gli indagati comunicavano con la chat della PlayStation. I fatti risalgono al 15 maggio 2020, quando gli investigatori ascoltano il boss Vitale Troncone e suo figlio Giuseppe (entrambi raggiunti dalle nuove accuse in carcere). In una telefonata in cui Giuseppe parla con il padre, viene fuori che poco prima il figlio di Vitale aveva intrattenuto una conversazione via chat con la PlayStation con Mariano Frizziero, elemento di spicco dell'omonimo clan. I militari hanno scoperto che i Troncone, in chat, lo chiamano con il soprannome "zia Maria": Vitale chiede al figlio di metterlo in contatto con "zia Maria" tramite la PlayStation e Giuseppe subito si attiva per consentire il contatto. Nel frattempo, non ci riesce perché nel frattempo Mariano Frizziero non era più on-line. Per poter attivare la conversazione i due utenti utilizzano un gioco on-line che consente di mettere in contatto i player che così si scambiano suggerimenti su come operare, per esempio, quando si fa parte della stessa squadra.

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