Giulio Giaccio aveva 26 anni, era stato scambiato per errore per l’amante della sorella di un camorrista
Lo scorso luglio i due mandanti, presunti esponenti del clan Polverino, erano stati condannati a 30 anni. Gli stessi che ora dovranno scontare in carcere Raffaele D’Alterio, Luigi De Cristoforo e Salvatore Simioli. Anche per loro, ritenuti gli esecutori materiali del delitto, è arrivata la sentenza nel processo - celebrato con rito abbreviato presso il Tribunale di Napoli - per l’omicidio di Giulio Giaccio, il ventiseienne operaio di Pianura che il 30 luglio del 2000 fu sequestrato da falsi poliziotti, torturato, ucciso e poi sciolto nell’acido per un tragico errore di persona. Fu scambiato per un tale “Salvatore”, sulle cui tracce si erano messi i killer poiché convinti che avesse una relazione con la sorella di Salvatore Cammarota, uno dei due mandanti insieme a Carlo Nappi. A nulla valse il tentativo di Giulio di spiegare la sua estraneità, come testimoniato dal collaboratore di giustizia Roberto Perrone, condannato poi a dieci anni di reclusione. La condanna dei tre killer a trent’anni con esclusione dell’aggravante mafiosa chiude un “cold case” durato quasi un quarto di secolo, mentre prosegue la battaglia dei due fratelli della vittima, rappresentati dall’avvocato Alessandro Motta che dice: “Soddisfatti della sentenza, ma ora Giulio deve essere dichiarato vittima innocente di camorra”.
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