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Op. anti-camorra nel casertano: 32 indagati, arresti domiciliari per tre persone, altre sette sono sottoposte al divieto di dimora

"I detenuti continuano a comunicare dal carcere, a mandare video di feste e compleanni, riescono a comunicare tra di loro".
È questo che ha riportato il procuratore di Napoli Nicola Gratteri nel corso della conferenza stampa indetta per fare il punto su un blitz anticamorra dei carabinieri nel casertano in cui i soggetti coinvolti sono ritenuti, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, autoriciclaggio, detenzione di armi, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti.
"Il problema dei telefonini nel carcere non è risolto. In un carcere mediamente ci sono 100 telefonini" e "quando anni fa ho proposto di comprare dei jammer, degli inibitori di frequenza, da mettere nelle carceri quantomeno dove c'è l'alta sicurezza, non sono stato ascoltato - ha spiegato Gratteri - mi è stato detto che non si possono mettere perché fanno male alla salute delle persone e anche che la polizia penitenziaria deve comunicare con il telefonino, ma non mi risulta che la penitenziaria possa usare telefonini nelle sezioni. Mi risulta invece che in ogni sezione c'è un telefono con il filo, perché la penitenziaria deve chiamare il comandante del carcere o l'ufficio matricola. Sono questi i numeri e i contatti che servono a chi è all'interno del carcere".
Da qui il magistrato ha richiamato l'attenzione sul nuovo indulto tanto declamato da certe forze politiche: "Non penso che questo governo possa permettersi di pensare a un indulto, per motivi di consenso popolare ed elettorale". In relazione alle criticità nelle carceri per Gratteri "bisognerebbe accelerare le procedure per spostare i giovani tossicodipendenti in nuove comunità terapeutiche e in nuove rems" realizzabili "utilizzando i beni confiscati che stanno cadendo a pezzi" in attesa di nuove carceri che si annunciano ma che non si realizzano: “Ci vogliono sette anni ma se non inizia mai...".


"Camorra al passo con i tempi con il riciclaggio"

La droga si pagava anche con il pos nel Casertano, tra Teverola e Carinaro ma secondo quanto emerso dall'analisi delle transazioni l'esercizio commerciale coinvolto era un negozio di abiti: in sostanza si comprava lo stupefacente facendo risultare che si erano venduti vestiti.
Sul fronte delle estorsioni sono una ventina quelle documentate tra quelle consumate e quelle tentate: le vittime venivano invitate a casa dal capoclan per incutere un maggiore livello di soggezione. Si tratta, ha riportato ancora Gratteri - insieme con i comandanti dei carabinieri presenti in conferenza stampa con il procuratore aggiunto Michele Del Prete - di "una camorra al passo con i tempi, in attività non solo estorsioni e droga ma anche riciclaggio che gli ha consentito di infiltrarsi nel tessuto economico, come dimostra il bar con fatturati da 900mila euro". La zona sul quale il clan agiva è quella sulla quale insiste l'area Asi.


Camorra: capo clan era stato scarcerato per fine pena

Era Aldo Picca, in passato legato alla fazione Bidognetti del clan dei Casalesi, a guidare il nuovo clan, che porta anche il suo nome, sgominato dai carabinieri di Caserta. L'area sulla quale il clan agiva era quella al confine di Napoli, tra i comuni di Teverola e Carinaro. "L'indagato principale è Aldo Picca, - ha detto Nicola Gratteri - condannato a 61 anni di reclusione, dopo 19 anni è uscito per fine pena, nel 2023".
Come documentato dai militari dell'arma appena fuori ha riorganizzato, secondo quanto emerge dalle intercettazioni, l'associazione a delinquere. A indagare sulla ricostituzione del clan sono stati i carabinieri del comando provinciale di Caserta con le stazioni locali. Il clan Picca-Di Martino, ha spiegato Gratteri insieme con i comandanti dei carabinieri, "è stato riorganizzato con la stessa tecnica criminale, aggiornandola con i nuovi sistemi di comunicazione e ha concentrato le sue attività sul piano imprenditoriale e commerciale con estorsioni a tappeto". "Estorsioni - ha voluto sottolineare Gratteri - che marcano il territorio, così come fa il cane che fa la pipì". Tra le vittime - poco collaborative - figurano farmacie, bar a cui venivano imposti videogiochi e anche un professore che aveva acquisito un terreno sul quale il clan voleva realizzare un inceneritore. Il clan però era particolarmente attivo anche nel riciclaggio: durante la pandemia ha gestito un bar per ripulire il denaro sporco e in cui sarebbero stati fatti transitare ben 900mila euro.

Foto © Imagoeconomica

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