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Sulla collaborazione tanto attesa tra "Sandokan” e la giustizia continuano a pesare questioni familiari non risolte

Lo scorso marzo, dopo 26 anni di carcere, il boss Francesco Schiavone, noto come “Sandokan” per la sua somiglianza con l’attore indiano Kabir Bedi, ha deciso di collaborare con la giustizia. La notizia si è rapidamente diffusa in tutto il mondo. D’altronde, le attese e le aspettative sono alte: i segreti e i nomi che il boss dei Casalesi potrebbe rivelare sono numerosi e di grande importanza. Ma la collaborazione con la giustizia, che avrebbe dovuto segnare la fine di un’era con rivelazioni capaci di innescare sconvolgimenti, forse anche nel mondo politico e giudiziario, finora si è dimostrata poco proficua.

A tre mesi di distanza dalla notizia del pentimento del noto boss di Camorra, sono emersi diversi silenzi e reticenze che potrebbero far pensare a un inizio di collaborazione tutt'altro che facile. A riportare la notizia è stato il quotidiano “Domani”, che da tempo segue questa vicenda. Tuttavia, ci sono ancora tre mesi per completare i 180 giorni previsti dalla legge per la piena confessione del collaboratore, anche se al momento, il percorso sembra essere ancora in salita: o la collaborazione riprende con slancio o si rischia l'esclusione dal programma di protezione. Intanto, la procura di Napoli, guidata dal procuratore capo Nicola Gratteri, noto per il suo approccio rigoroso con i collaboratori di giustizia, mantiene un gran riserbo sulla questione.

I conflitti in famiglia Schiavone
La collaborazione di Schiavone con la giustizia potrebbe essere influenzata anche da vicende familiari, in particolare dalla situazione del figlio di Sandokan, Emanuele Libero Schiavone, recentemente arrestato per possesso di armi e per aver organizzato una rappresaglia per i colpi di pistola sparati contro la sua abitazione. Una spaccatura familiare emersa - come riportato dal “Domani” - grazie a un’intercettazione avvenuta in carcere durante un colloquio tra Schiavone e suo figlio Emanuele. “Francesco Schiavone confida a suo figlio che ha avviato il percorso di collaborazione e lo invita ad andare via da Casal di Principe, ma riceve un secco rifiuto dal figlio che gli risponde a brutto muso: ‘Devi far ridere i San Ciprianesi, dobbiam far ridere tutti (...) che tutto quanto ha le corna e sono cornuti’. I due litigano, il figlio gli dice un’ultima frase: ‘Ci porti sulla coscienza a me e tuo figlio Ivanhoe (l’altro figlio non pentito, ndr)’.”

Sandokan, arrestato nel 1998, già in passato ha manifestato l’idea di collaborare con la giustizia, ma il conflitto familiare potrebbe continuare a pesare sulle sue decisioni e sul suo futuro. La collaborazione del boss dei Casalesi con le autorità potrebbe avere implicazioni significative a vari livelli: sociologico, umano e giudiziario. Anche la giornalista Rosaria Capacchione ha evidenziato l'importanza di questa collaborazione, particolarmente utile per chiarire gli omicidi di innocenti. Tuttavia, almeno dal punto di vista giudiziario, il contributo di Sandokan potrebbe risultare limitato, poiché molti reati sono ormai prescritti.

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