Sono passati 14 anni dall'uccisione in un appartamento di piazza Prealpi di Lea Garofalo, testimone di giustizia, madre di Denise ed ex compagna di un uomo della ‘Ndrangheta con base a Milano. Per difendere la figlia e farla crescere lontana dal malaffare viene trasferita, con un programma di protezione speciale, a Campobasso. Una volta tornata a Milano però il compagno e uno dei suoi fratelli, con la scusa di parlare della figlia, la convincono ad un incontro e la uccidono. Il suo corpo viene trasportato a Monza e bruciato fino alla dissoluzione in un campo in località San Fruttuoso. Dopo la sua scomparsa iniziano le indagini e nel 2012 uno dei condannati per il suo omicidio rivela dove il corpo è stato disperso. Vengono rinvenuti oltre 2mila frammenti ossei. Per l’omicidio venne condannato Rosario Curcio, detto “U patatino”, da poco suicidato nel carcere di Opera, dove era detenuto. Assieme a lui vennero condannati anche i fratelli Vito e Carlo Cosco (quest’ultimo ex compagno della vittima e padre della figlia Denise) e Massimo Sabatino, mentre Carmine Venturino, successivamente divenuto collaboratore di giustizia, sta scontando una condanna a venticinque anni di reclusione.
La partecipazione all’omicidio
Curcio ha partecipato all’omicidio della Garofalo, di cui l’ex compagno voleva vendicarsi. La donna, infatti, divenuta testimone di giustizia, non solo diede importanti informazioni agli inquirenti, ma manifestò al marito la volontà di rompere i rapporti con lui e portare con sé la figlia.
Tuttavia le falle del sistema di protezione permisero a Cosco prima di tentare di rapire Lea, tramite il suo sodale Massimo Sabatino. E poi, dopo la rinuncia della donna alla protezione per via delle condizioni inaccettabili in cui viveva con la figlia, di incontrarla a Milano, a fine novembre 2009.
Da qui il ruolo di Curcio nell’omicidio. La donna venne rapita, poi strangolata e, infine, data alle fiamme. La Corte d’Appello, nella sentenza successivamente confermata dalla Cassazione, ha affermato che è da escludere la partecipazione materiale dell’ex compagno Carlo Cosco, ritenuto il mandante, all’omicidio, che sarebbe stato eseguito dagli altri condannati.
La commemorazione
Solo nel 2013, con una cerimonia laica in via Beccaria, il suo funerale viene celebrato alla presenza delle autorità cittadine, l'allora sindaco di Milano Giuliano Pisapia, Don Ciotti, Nando dalla Chiesa, Mario Calabresi e migliaia di cittadini e cittadine. Da qualche anno, nel giorno della sua morte avvenuta il 24 novembre, il Comune di Milano e Libera organizzano una fiaccolata in sua memoria dal centro della città fino al Giardino di via Montello a lei intitolato nel 2020. Alle ore 19 all'Arco della Pace la commemorazione inizierà con gli interventi delle scuole. A seguire partirà la fiaccolata che giungerà in via Montello dove, presso il Giardino comunitario ‘Lea Garofalo’, inizieranno gli interventi istituzionali. I vari interventi saranno intervallati da brevi contributi delle ragazze e dei ragazzi del presidio "Lea Garofalo". All'evento parteciperanno gli studenti e le studentesse dei licei Beccaria, Manzoni e Volta, Libera e le associazioni Mamme a scuola onlus, APS Giardini in transito, La Freccia APS - Circolo Arci ‘LatoB’, i ragazzi e le ragazze di Libera. Insieme a loro interverranno l'assessora ai Servizi Civici, Gaia Romani e Lucilla Andreucci del Coordinamento provinciale Libera Milano.
La storia di Lea Garofalo da un lato mostra la violenza di genere e i femminicidi commessi da un sistema patriarcale di cui le organizzazioni mafiose fanno parte costituendone uno degli aspetti più cruenti. Dall’altro, invece, la tragica vicenda riassume la disattenzione e la lacunosità del sistema dei collaboratori e testimoni di giustizia.
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