Walter Ferrari: "Decisione dei giudici difficile da capire"
Giuseppe Battaglia, 63 anni, ex assessore del Comune di Lona Lases, è stato condannato a 12 anni di reclusione per associazione mafiosa, legata alle infiltrazioni della ’Ndrangheta nella estrazione del porfido in Trentino.
Battaglia era stato assolto dai reati di riduzione in schiavitù (art. 600 c.p) e di scambio elettorale politico-mafioso (416 ter c.p), ma era stato condannato per il reato associativo.
È in val di Cembra, come hanno ricordato i tre pubblici ministeri Davide Ognibene, Licia Scagliarini e Maria Colpani in udienza, che si concentravano tutti gli interessi della presunta locale 'ndrina che operava nel settore del porfido, attuando intimidazioni ai lavoratori e una serie di reati collaterali; Battaglia era considerato un personaggio di spicco all'interno dell'organizzazione con un "ruolo da dirigente" e ritenuto colui che ha avviato l’infiltrazione mafiosa silenziosa nel tessuto sociale ed economico trentino.
Secondo la ricostruzione dei carabinieri del Ros di Trento che hanno condotto le indagini Battaglia "dirigeva e organizzava gli aspetti di natura economico finanziaria legate alle ditte di porfido a lui riferibili, assumendo le decisioni più rilevanti e impartendo disposizioni". Accuse che l'imprenditore ha sempre respinto.
Ora si è in attesa del processo d'Appello ma nel frattempo la Corte d'Assise ha deciso che Giuseppe Battaglia andrà a vivere nel Comune della Bassa Valsugana a pochi chilometri dal fratello Pietro, che vive a Novaledo.
Pietro Battaglia nell'udienza di fine luglio è stato condannato a 9 anni e 8 mesi.
Giuseppe Battaglia, in base a quanto stabilito dal presidente della Corte d'Assise Carlo Busato potrà tornare al lavoro in attesa della sentenza definitiva. Ma non solo: sarà occupato in una azienda specializzata nella lavorazione del porfido, che, pur avendo sede a Pergine in Valsugana, è attiva a Fornace, in val di Cembra, ovvero a pochi chilometri di distanza dal paese di Lona Lases dove, secondo le risultanze processuali, si era insediata una ‘ndrina legata alla cosca dei Serraino. Dopo due anni di arresto preventivo era stato scarcerato e aveva ottenuto ospitalità dalla sorella che vive in Piemonte.
Gli era però stata imposta la misura cautelare dell’obbligo di dimora nel Comune di Trinità (in provincia di Cuneo) e di presentazione settimanale alla polizia giudiziaria, con il divieto di allontanarsi da casa dopo le ore 20. I difensori Michele Baldi e Filippo Fedrizzi hanno sostenuto che Battaglia è soggetto a misure cautelari da quasi tre anni, è stato privato del patrimonio personale e familiare, e non è in grado di reiterare il reato per cui è stato condannato. Inoltre, si legge nell'istanza, "ha la necessità di potersi mantenere onestamente, non potendo gravare oltre sulle spalle dell'anziana sorella che lo ospita a Trinità (CN) in regime di obbligo di dimora in quel piccolissimo comune, con l'obbligo altresì di permanenza notturna presso l'abitazione stessa".
Vorrebbe, quindi, un lavoro, per ricominciare a vivere e non pesare economicamente su nessuno.
Sempre nell'istanza si chiede nei confronti di Giuseppe Battaglia "la sostituzione della misura cautelare in essere con il divieto di dimora nei comuni di Lona Lases (TN) e di Albiano (TN); in via subordinata, l'autorizzazione a trasferire il domicilio presso l'abitazione di Paoli Franco ad Ospedaletto (TN) in Via Roma n. 48, nonché ad espletare attività lavorativa come cubettista alle dipendenze della S.r.l. Pietra di Pergine Valsugana (TN), presso il cantiere ubicato a Fornace (TN), in Zona Artigianale, Loc. Pian del Gac, con orario dal lunedì al venerdì, dalle 7 alle 19".
La Procura, da parte sua, ha dato parere negativo. La Corte d’Assise ha inoltre concesso a Battaglia di poter lasciare il comune dalle 6 alle 20 per andare a lavorare facendo rimanere però l’obbligo di dimora e di firma bisettimanale nella caserma dei carabinieri.
Le parole dei Walter Ferrari, portavoce del Coordinamento lavoratori del porfido
Intervistato dai giornali locali Ferrari ha detto di non riuscire "a capire quale tipo di valutazioni possano aver fatto i giudici. Questa è una decisione difficile da comprendere", ha spiegato Walter Ferrari, portavoce del Coordinamento lavoratori del porfido che in questi anni è sempre stato in prima linea nella battaglia legale. "Giuseppe Battaglia lavorerà proprio in val di Cembra, a Fornace, in uno dei comuni dove si era concretizzata l'attività illecita di questi imprenditori, siamo a pochi chilometri da Lona Lases". "I giudici forse non hanno tenuto conto che Fornace non è affatto estraneo dalle attività condotte da queste persone nel corso degli anni". Il primo pensiero del Coordinamento lavoratori del porfido va agli operai cinesi vittime di pestaggi, sfruttati dagli imprenditori locali. "Giuseppe Battaglia vivrà a Ospedaletto, quindi a pochi chilometri dal fratello Pietro che è stato anche coinvolto nell'indagine Perfido" ha aggiunto Walter Ferrari, "ma soprattutto sarà sulla stessa direttrice degli operai che si sono costituiti parte civile nel processo. Due di loro, infatti, vivono proprio in Valsugana. Anche l'ex segretario comunale che era uno dei testimoni chiave della Procura abita in quella zona". "Questa libertà di movimento può impensierire qualcuno ed è comprensibile" ha spiegato ancora Ferrari.
Il Consigliere provinciale Alex Marini: "Politica fa orecchie da mercante"
Dal processo 'Perfido' è emerso che le infiltrazioni della 'Ndrangheta nel territorio trentino non sono affatto "sporadiche" ma "si parla di una vera e propria colonizzazione di questa organizzazione criminale" i cui membri, in base ai processi, hanno avuto per anni "rapporti con la politica, con consiglieri provinciali, con assessori, con sindaci, con consiglieri comunali e quindi la politica dovrebbe farsi carico di affrontare questa situazione".
Sono state queste le parole del consigliere provinciale dei 5 Stelle Alex Marni il 20 settembre scorso, giorno in cui Svp (Südtiroler Volkspartei) e destra trentina hanno deciso di non completare la trattazione del disegno di legge per istituire un osservatorio sulla criminalità organizzata.
La politica ha sempre fatto "orecchie da mercante" riguardo a questi problemi e "ha fatto finta che il nostro territorio fosse un territorio indenne e che dunque non fosse necessario intraprendere alcuna iniziativa di tipo preventivo. Ad esempio le candidature. Cioè alcuni dei soggetti che sono stati condannati hanno legami con soggetti che sono stati candidati nel 2018, che potenzialmente possono essere candidati per le elezioni provinciali del 2023, quindi fra un mese. Cosa facciamo? Decidiamo prima di boicottare la trattazione di questo disegno di legge per istituire un osservatorio".
"Da questa inchiesta è peraltro emersa anche una grave criticità che riguarda i rapporti delle organizzazioni criminali sul Trentino con gli uomini dello Stato. Nel dibattimento processuale è emerso come vi fossero rapporti stretti con un ex vice questore, con un ex prefetto, con un ex capitano dei carabinieri, con alcuni giudici, con un primario, quindi abbiamo l’evidenza aldilà delle applicazioni penali che vi fosse un rapporto molto stretto tra organizzazioni criminali e professionisti della politica e imprenditori. Ma noi preferiamo far finta di niente, chiudere gli occhi, chiudere le orecchie, e metterci un bel cerotto sulla bocca".
"Il fatto che la politica sia indifferente di fronte a questo fenomeno l’hanno detto anche i vertici delle forze dell’ordine: il comandante dei carabinieri in provincia di Trento, il quale ha detto che pare si volesse trascurare il fenomeno, quasi come se ci si vergognasse di questo fenomeno e quindi vi fosse l’incapacità di assumersi delle responsabilità. Ma ce l’ha detto anche il responsabile della direzione investigativa antimafia del Triveneto il quale ha detto che c’è un vero e proprio fenomeno di negazionismo".
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