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La Dda di Catanzaro, guidata dal Procuratore della Repubblica Nicola Gratteri, ha proposto ricorso in Appello nei confronti di cinque degli imputati assolti con il rito abbreviato nell'ambito del processo scaturito dalla Maxi inchiesta Rinascita Scott. È stata inoltre avanzata la richiesta di rinnovazione dell'istruttore dibattimentale con l'approfondimento delle dichiarazioni rese da quattro collaboratori di giustizia: Bartolomeo Arena, Raffaele Moscato, Andrea Mantella ed Emanuele Mancuso.

Secondo la procura distrettuale, il gup, nell'emettere sentenza assolutoria nei confronti dei 5 imputati non ha tenuto conto “e dunque abbia omesso di valutare fonti probatorie di fondamentale importanza”: elementi che “se concretamente valorizzati, avrebbero condotto ad un ben diverso esito".

In tutto erano 91 gli imputati che avevano scelto il rito abbreviato, e i giudici avevano emesso rispettivamente 70 condanne e 19 assoluzioni, alcune delle quali richieste dallo stesso procuratore Nicola Gratteri e dai sostituti Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci e Andrea Mancuso. Alla sbarra i presunti affiliati al clan Mancuso di Limbadi e Nicotera assieme ai sodali delle 'ndrine Lo Bianco, Barba, Pardea, Macrì, Camillò, Pugliese di Vibo Valentia, Cracolici di Maierato e Filogaso; e poi Bonavota di Sant'Onofrio, Mazzotta di Pizzo Calabro, Accorinti di Zungri, Barbieri di Cessaniti, Fiarè-Gasparro di San Gregorio d'Ippona.

I ricorsi della Dda in Appello riguardano rispettivamente: Emanuele Chillà, 35 anni di Roma, (difeso dall'avvocato Marco Michele Picciani), per la quale il pubblica accusa aveva chiesto tre anni di detenzione per favoreggiamento personale aggravato dalle modalità mafiose; Antonino Di Virgilio, 62 anni di Santa Maria Capua a Vetere, (difeso dall'avvocato Aldo Casalinuovo) per il quale l'accusa aveva chiesto la condanna a un anno e dieci mesi per concorso in corruzione di atti giudiziari e falsità ideologica; Maurizio Fiumara, 66 anni di Francavilla Angiola, (difeso dagli avvocati Francesco Gambardella e Franco Roberto Donato) per il quale la richiesta di condanna era stata di un anno e sei mesi per concorso in abuso d'ufficio con l'aggravante mafiosa; Francesca Mazzotta 37 anni di Soriano ma domiciliata a Pizzo (difesa dell'avvocato Sergio Rotondo) per la quale erano stati chiesti quattro anni per l'accusa di abuso d'ufficio in concorso, reato aggravato dalle modalità mafiose; Vincenzo Alberto Maria Renda, 50 anni di Vibo (difeso dagli avvocati Diego Brancia e Francesco Gambardella), per lui i pm avevano chiesto nei suoi confronti una condanna a dieci anni e 10 mesi di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, capo di imputazione per il quale Renda era stato assolto per "non aver commesso il fatto".

Alberto Maria Renda è un avvocato e imprenditore vibonese che secondo l'accusa, rinnovata con la richiesta, avrebbe devoluto alla cosca somme di denaro, con vantaggio per i Mancuso di Limbaldi di percepire risorse a cadenze fisse.

Renda, in cambio di questi soldi aveva, sempre secondo l'accusa, ottenuto due cose: l'azzeramento della concorrenza e protezione. Infatti l'avvocato e imprenditore è stato indicato in qualità di direttore tecnico comproprietario della società "Genco Carmela e figli srl" e di amministratore unico delle società "Calfood srl" e "Ite srl".

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