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La polizia e la guardia di finanza, coordinate dalla Dda della procura di Milano, hanno arrestato due uomini accusati di associazione mafiosa, favoreggiamento, frode fiscale, bancarotta, intestazione fittizia e possesso illegale di armi, aggravati dal metodo mafioso. Lo ha riferito la questura di Milano in una nota, spiegando che si tratta di un 64enne originario di Giffone (Reggio Calabria), già detenuto perché condannato in via definitiva per associazione mafiosa quale "capo società" della Locale di Fino Mornasco (Como) nell'ambito dell'operazione "La Notte dei Fiori di San Vito", e di un 44enne originario del Catanese ma residente nel Comasco. Il primo, che risulta anche condannato in secondo grado all'ergastolo come mandante di un omicidio, è accusato "di aver gestito i suoi affari nonostante la reclusione impartendo disposizioni ai suoi uomini, tra cui un violento pestaggio nei confronti di un soggetto debitore di somme di denaro". Il 64enne, inoltre, è accusato di essere "amministratore di fatto di numerosi esercizi commerciali intestati fittiziamente a terzi e di aver praticato prestiti a usura". Dalle indagini, infine, è emerso anche "come, ai fini del soddisfacimento delle esigenze della sua organizzazione, tra cui il mantenimento dei detenuti, tramite una serie di reati in materia fiscale e commerciale, abbia raccolto illecitamente ingenti liquidità". Il secondo arrestato, è invece accusato di aver fornito un supporto logistico all'associazione mafiosa, partecipando agli scavi per recuperare 55mila euro nascosti in un maneggio nel Comasco, mettendo anche a disposizione la strumentazione per eseguirli. Il maneggio, "riconducibile all'associazione", è stato sottoposto a sequestro nell'ambito di apposita misura di prevenzione patrimoniale.
I provvedimenti cautelari disposti dal gip di Milano, sono il frutto di un'indagine che, già nel novembre del 2021, aveva portato all'arresto di 54 persone indagate per i medesimi reati oltre che per estorsione, ricettazione, riciclaggio e corruzione, e che aveva fatto luce sull'operatività di famiglie di 'Ndrangheta operanti nelle province di Milano, Como e Varese, e sulle loro proiezioni in Svizzera.
In particolare si tratta del Cantone San Gallo, divenuto secondo la Dda di Milano "una vera e propria base logistica per alcuni dei soggetti indagati che vi si erano stabilmente insediati". Tanto da convincere gli inquirenti a costituire un pool investigativo comune tra l'autorità giudiziaria Italiana e il ministero pubblico della Confederazione per la Svizzera. Gli indagati, infatti, oltre ad essere attivi "nel tessuto economico e imprenditoriale lombardo" si occupavano di attività più tradizionalmente 'ndranghetistiche come il traffico di stupefacenti rispetto al quale emergevano "le mire espansionistiche verso la Svizzera". L'attenzione verso il territorio elvetico era emerso già nel novembre 2021, periodo della prima consistente parte dell'inchiesta, che aveva portato all'arresto di 54 persone indagate per gli stessi reati "nonché per estorsione, ricettazione, riciclaggio e corruzione, e che aveva fatto luce sull'operatività di famiglie di 'Ndrangheta operanti nelle province di Milano, Como e Varese, nonché sulle loro proiezioni in Svizzera".

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