Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Emanuele Mancuso (figlio trentaquattrenne di Pantaleone detto 'l'ingegnere' e nipote di Luigi detto il 'Supremo') ha scelto nel 2018 di collaborare con la giustizia arrivando anche a denunciare i suoi stessi familiari facenti parte del clan élite della 'Ndrangheta calabrese, capace di intrecciare rapporti internazionali e di interloquire al pari, se non da superiori, con i cartelli della droga del Sud America.
La nascita della figlia (nata dalla compagna Nensy Vera Chimirri) è stato ciò che ha spinto il rampollo dei Mancuso, assistito ora dall'avvocato Antonia Nicolini, verso la collaborazione. Tuttavia tale decisione ora sta venendo messa a dura prova. A spiegarne i motivi è lo stesso pentito in una massiva indirizzata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e all’Autorità garante per l’infanzia, dott.ssa Carla Garlatti e pubblicata su WordNews.it: “Il 18 giugno 2018, mentre ero detenuto, sette giorni prima che nascesse la mia primogenita, ho deciso di collaborare con la giustizia, rendendo dichiarazioni auto ed etero accusatorie, nei confronti di esponenti di spicco della criminalità organizzata, alla Procura della Repubblica di Catanzaro - Direzione Distrettuale Antimafia-, recidendo i contatti con la mia famiglia di origine e sottoponendomi, nel corso di questi quattro anni, a numerosi esami anche per gravi reati omicidiari”. “Le scrivo in quanto - si legge nella missiva - mia figlia è affidata al Servizio Sociale, noto al Servizio Centrale di Protezione, ed in virtù di tale affidamento subisce continui maltrattamenti dagli operatori dei Servizi Sociali, fatti comunicati e denunciati, tempestivamente e puntualmente, alle Autorità competenti. Purtroppo, nel corso dei mesi, nonostante le numerose segnalazioni, nessuno ha preso a cuore la delicata questione della mia bambina con totale disinteresse da parte di tutti".
Il tribunale dei minori di Roma ha stabilito una limitazione della genitorialità tenendo conto del conflitto tra padre e madre.
Emanuele Mancuso può vedere la figlia solo per un'ora a settimana, permettendo impegni di giustizia. "Quando riesco a vedere mia figlia devo incontrarla in locali fatiscenti che non mi consentono di costruire un rapporto, una relazione con lei, tutto questo è inaccettabile" ha raccontato il pentito. “O mi fate fare il padre o mollo tutto” ha replicato ancora Mancuso in un articolo de ‘il Domani’.
Una situazione paradossale se si pensa che la madre, nonostante si sia da sempre rifiutata di recidere i rapporti con l'ambiente criminale e abbia cercato in più occasioni di convincere Emanuele Mancuso a ritirare la sua decisione a collaborare con la giustizia (fatto per il quale la donna è stata condannata a quattro anni) può continuare a crescere la figlia (affidata ai servizi sociali) a vivere con lei in una casa famiglia e a percepire l'assegno di mantenimento versato dallo Stato.
Il caso presenta anche altre anomalie, come ad esempio il fatto che la madre della bambina si sarebbe resa protagonista di un furto avvenuto nella località segreta in cui vive.
A queste complicanze si aggiungono anche gli sforzi dei familiari di Mancuso per cercare di farlo recedere. "Mi avevano dato i nomi di due avvocati - ha raccontato il collaboratore di giustizia - dovevo fingermi pazzo, prendere soldi e andare all'estero per aprirmi un bar, mia figlia viene utilizzata per raggiungere questo scopo, ma non ci sono riusciti e non ci riusciranno". Inoltre, sempre come riportato da 'il Domani', mentre si trovava in carcere Mancuso era stato 'avvisato' da un altro detenuto.
La conversazione è stata annotata in una relazione dei poliziotti carcerari: "Chi bue tamburru, cane...vedi di tornare indietro...vi ma ti ricogli se no fai al fine di latri” (che vuoi pecorone, cane vedi di tornare indietro altrimenti fai la fine degli altri). Lo stesso detenuto che gli ha dato del 'cane' in seguito gli aveva detto anche: "Cuè che ti dice mu parri? U Cumpari Nicola? (Chi ti dice di parlare? Il compare Nicola?) riferito al procuratore della repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri.
In un’intervista rilasciata a WordNews.it pochi giorni fa, il collaboratore aveva detto: "Ormai con i servizi criminali non avrò più niente a che fare. Li ho denunciati, già diverse volte. Chiedo di restare nello stesso paese con mia figlia per vivere la quotidianità con mia figlia, come la vivono tutti i papà. Mi sono venduto tutta la famiglia per lo Stato e non ci ho guadagnato nulla. Questo è il ringraziamento che mi riserva lo Stato. Ed io non posso stare tutto il giorno a piangermi addosso".

Foto: it.depositphotos.com

ARTICOLI CORRELATI

Rinascita-Scott: ulteriori rivelazioni di Emanuele Mancuso

Rinascita-Scott: Carabinieri, politici e preti 'a la mercé' dei Mancuso

Rinascita-Scott, Emanuele Mancuso racconta la forza del clan

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos