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Operazione condotta dai carabinieri capitolini con perquisizioni e sequestri anche a Milano

Stamane a Roma, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia della capitale, è scattata una maxioperazione dei carabinieri contro un'organizzazione criminale di stampo mafioso. Il blitz ha portato a 65 arresti tra Roma e il territorio provinciale. In manette sono finiti anche i presunti affiliati a una locale romana della ‘Ndrangheta che, stando alla ricostruzione degli inquirenti capitolini, aveva assunto il controllo del territorio nel litorale a sud di Roma, infiltrandosi nelle pubbliche amministrazioni e gestendo operazioni di narcotraffico internazionale. Sono in corso anche perquisizioni e sequestri.

Dei 65 arrestati 39 si trovano in carcere e 26 agli arresti domiciliari. Le accuse a vario titolo sono di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti aggravata dal metodo mafioso, cessione e detenzione ai fini di spaccio, estorsione aggravata e detenzione illegale di arma da fuoco, fittizia intestazione di beni e attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti aggravato dal metodo mafioso. Tutte ipotesi di reato scattate nell'ambito dell'indagine avviata nel 2018 dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma con il coordinamento della Dda capitolina che ha portato gli inquirenti ad accertare l'esistenza di un clan della ‘Ndrangheta, appunto, attiva nel territorio dei comuni di Anzio e Nettuno, denominata "locale" di Anzio e Nettuno. Questa locale costituisce il "distaccamento" dalla locale di Santa Cristina d'Aspromonte ed è composta in gran parte anche da soggetti appartenenti a famiglie di ‘Ndrangheta originarie di Guardavalle.

Secondo gli investigatori, l’obiettivo del sodalizio era acquisire la gestione e il controllo di attività economiche nei più svariati settori (ad es. ittico, della panificazione, della gestione e smaltimento dei rifiuti, del movimento terra), commettere delitti contro il patrimonio, contro la vita e l'incolumità individuale, contro la pubblica amministrazione e in materia di armi e stupefacenti, affermare il controllo egemonico sul territorio anche attraverso accordi con altre organizzazioni criminali e con infiltrazioni nelle amministrazioni comunali. Il clan era capeggiato da Giacomo Madaffari e composto anche da diversi individui affiliati a storiche famiglie di ‘Ndrangheta originarie di Guardavalle, nel Catanzarese, come Gallace, i Perronace e i Tedesco.

Grazie all’inchiesta è stato possibile documentare l'esistenza di due associazioni criminali specializzate nel narcotraffico e in particolare nell'importazione di ingenti quantità di cocaina dal Sudamerica. La prima una capeggiata da Giacomo Madaffari, appunto, e la seconda da Bruno Gallace. Inoltre, è emerso che nella primavera 2018 un carico di oltre 258 kg di cocaina era stato importato dalla Colombia in Italia con uno stratagemma: la droga era stata disciolta nel carbone per essere poi estratta in un laboratorio allestito ad hoc nel territorio a sud di Roma. Parte della sostanza stupefacente, circa 15 kg, era stata rintracciata nel corso di una perquisizione domiciliare all'interno di una valigia nascosta nell'abitazione della sorella di uno degli affiliati del clan, poi arrestata.

L'organizzazione aveva inoltre progettato un’operazione mai andata in porto, ovvero quella di acquistare e importare da Panama circa 500 kg di cocaina occultata a bordo di un veliero.

I magistrati della Dda capitolina hanno contestato anche reati come quello di traffico organizzato di rifiuti: accusa scattata per la gestione abusiva di ingenti quantitativi di liquami che sarebbero stati scaricati nella rete fognaria comunale attraverso tombini, alcuni dei quali realizzati ad hoc all'interno della sede di attività imprenditoriali riconducibili agli indagati sul territorio di Anzio. Le quote, l'intero patrimonio aziendale, i conti correnti e le autorizzazioni all'esercizio delle attività commerciali sono state sottoposte a sequestro preventivo.

Purtroppo, non sorprende il coinvolgimento di uomini dell’Arma dei carabinieri tra gli arrestati (uno in carcere e l'altro ai domiciliari). È ben nota la capacità di infiltrazione della ’Ndrangheta anche nelle forze dell’ordine e nelle istituzioni. I due carabinieri erano in servizio in una caserma del litorale accusati di aver fornito informazioni riservate ai componenti dell'organizzazione. Le accuse contestate sono rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio, con uno dei due che risponde anche di concorso esterno in associazione mafiosa.

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