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Sono state sette le condanne chieste dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Veronica Calcagno nell’ambito del processo denominato "Coccodrillo" incentrato su un sistema di presunte intestazioni fittizie di beni che sarebbero state messe in atto, secondo l'accusa, dal gruppo imprenditoriale Lobello. Agli imputati sono contestati, a vario titolo, i reati di concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, autoriciclaggio, favoreggiamento reale ed estorsione. Queste intestazioni fittizie avrebbero avuto lo scopo di sottrarre il patrimonio aziendale del gruppo Lobello all'adozione di eventuali misure di prevenzione antimafia. Nello specifico il pm ha chiesto la condanna a sei anni per Francesco Iiritano, dipendente del gruppo Lobello e nominato presidente e legale rappresentante del Consorzio Zeus); a quattro anni e sei mesi per Vincenzo Pasquino, anch'egli dipendente del gruppo Lobello con mansioni di ragioniere; a quattro anni per Giuseppe Rotella e Caterina Garcea, che sarebbero stati i titolari fittizi della Strade Sud; a tre anni ed otto mesi per Pasquale Torchia e a due anni e sei mesi per Pasquale Vespertini, anche loro dipendenti del gruppo Lobello, e a due anni e sei mesi per Luciano Vitale, che, oltre ad essere dipendente dei Lobello sarebbe stato nominato fittiziamente presidente del Consorzio stabile Genesi. Il non doversi procedere, per sopravvenuta prescrizione è stato invocato, invece, nei confronti di Pietro Garcea, anch'egli presunto titolare fittizio della Strade Sud, mentre è stata chiesta l'assoluzione per il consulente esterno Antonio Capellupo.
Nei confronti di Antonio, Giuseppe e Daniele Lobello, titolari dell'omonima impresa, si procede separatamente perché per loro è stato disposto il giudizio immediato. Nel relativo processo il pm Calcagno, nel settembre scorso aveva chiesto la condanna 12 anni per Giuseppe e ad 8 anni per Antonio e Daniele Lobello.

Foto © Imagoeconomica

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