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La Corte di Cassazione ieri ha annullato con rinvio la condanna a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa alla 'Ndrangheta comminata nel settembre del 2020 a due imprenditori di Reggio Calabria, i fratelli Gianni Remo - per alcuni anni vicepresidente della squadra di calcio della Reggina - e Pasquale Remo, di 64 e 59 anni, accogliendo il ricorso presentato dagli avvocati Francesco Calabrese, Francesco Albanese e Tonino Curatola, difensori dei due imprenditori reggini.
Le motivazioni della sentenza saranno depositate nelle prossime settimane. Quello che è certo che per i due imprenditori ci sarà un nuovo processo davanti un’altra sezione della Corte d’Appello di Reggio Calabria.
I due erano già finiti al centro di un’inchiesta sulla cosca Labate conosciuta con il soprannome di “Ti Mangio” avente come oggetto il settore della commercializzazione delle carni nel quale, secondo gli inquirenti, i fratelli Remo avrebbero goduto della vicinanza della cosca Labate.
Tra gli imputati c’era pure il cognato dei due Remo, il boss Michele Labate, fratello di un altro boss, Pietro Labate, mammasantissima del quartiere Gebbione nella periferia sud di Reggio.
Condannati in primo grado a 15 anni, inizialmente i due imprenditori erano stati accusati anche di concorrenza sleale e di estorsione ai danni dello zio Umberto Remo. Accuse per le quali Gianni e Pasquale Remo erano stati assolti in secondo grado dove però aveva retto l’accusa di concorso esterno costata una condanna a 7 anni di carcere. Il ricorso di Michele Labate, formulato dagli avvocati Francesco Calabrese e Giovanna Araniti, è stato rigettato dalla Suprema Corte. Per lui, quindi, va definitiva la condanna a un anno di carcere, in continuazione con altre sentenze in cui è stato giudicato colpevole.

Foto © Imagoeconomica

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