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I boss comandano dal carcere. E' una realtà ormai comprovata da numerosi casi e l'ultimo riguarda proprio il boss di 'Ndrangheta Carmelo Consolato Murina, 57enne, esponente di primo piano della “vecchia guardia” delle 'ndrine Tegano e De Stefano (in virtù dell'alleanza con Michele Franco di cui era genero). Il boss contava, e anche tanto, nello storico quartiere di Santa Caterina. Infatti per la Procura antimafia di Reggio era lui, nonostante fosse in carcere, a comandare una gang dedita a furti e rapine.
Ma non solo. Per il Pubblico ministero Sara Amerio, che ha chiesto il processo per il boss ed altre cinque persone, il ruolo di Carmelo Consolato Murina era di così evidente spessore criminale che avrebbe garantito in prima persona il ritorno a Reggio Calabria, dalla località protetta dove viveva, del pentito Giuseppe Morabito, "su cui vantava un potere di vita e di morte. In cambio della ritrattazione di tutte le dichiarazioni da lui rese durante la sua collaborazione con la giustizia" con priorità massima rispetto alle accuse sostenute dall'Antimafia reggina "nei confronti di Donatello Canzonieri, divenuto nel frattempo braccio destro di Murina, in ordine alla sua responsabilità rispetto all'estorsione al bar Malavenda".
Tornando alla banda, era libera quindi di scorrazzare indisturbata nel cuore di Reggio nord con la benedizione delle ’ndrine, imponendo la sua parola nella risoluzione di contrasti o malumori interni "sul 'traffico' di furti e rapine nel rione" e quindi stroncare le sempre più minacciose fibrillazioni interne agli stessi ambienti criminali che lamentavano una spartizione sproporzionata dei proventi.

Foto © Imagoeconomica

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