Pasquale Zagari aveva avviato un apparente percorso di "riabilitazione sociale", partecipando a dibattiti e convegni, inoltre durante le sue testimonianze andava contro l'ergastolo ostativo.
Ma una volta uscito dal carcere, avvalendosi dei permessi di sorveglianza speciale, grazie alla collaborazione di alcuni suoi sodali era tornato nel suo paese di origine, Taurianova, come capo e reggente con tutte le sue funzioni ristabilite, dal risolvere una qualsivoglia questione, anche privata come la richiesta del 'pizzo' all'influenzare pesantemente le scelte economiche di molti imprenditori locali a favore di soggetti a lui vicini.
Zagari, da storico 'ndranghetista, ha anche offerto e imposto la sua protezione mafiosa, non richiesta, alle vittime, in cambio di aiuti economici e favori, il tutto per tentare di ristabilire il controllo egemonico del territorio e ottenere l'assoluto riconoscimento di "capo".
Ed è proprio a causa della violenza e delle sue attività illecite che nell'ottobre del 2020 è stato arrestato in flagranza dai Carabinieri di Taurianova, in occasione dell'ennesima "visita" ad uno degli imprenditori con l'ipotizzabile scopo di piegarlo alle proprie richieste.
L'indagine da cui è scaturito l'arresto è stata avviata nel giugno 2020 supportata da attività di osservazione e pedinamento, il tutto rafforzato dalle testimonianze di alcuni imprenditori vittime di estorsione.
Gli investigatori sono così riusciti a risalire ai due storici referenti mafiosi di zona, Domenico Avignone e, appunto, Pasquale Zagari.
'Ndrangheta, dopo 30anni di carcere boss voleva tornare a comandare
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