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I pm si dicevano cauti già nei giorni in cui la notizia stava circolando in tutta Italia. Oggi, però, a distanza di un mese dall’inizio della sua effettiva collaborazione con la giustizia, sul racconto del superboss di ‘Ndrangheta Nicolino Grande Aracri quella cautela sembra aver ragione d'esistere. O almeno è quello che la Dda di Catanzaro ha lasciato intendere con lo stop agli interrogatori all’aspirante collaboratore di giustizia un tempo a capo di una "locale" di ‘Ndrangheta radicata ben oltre il crotonese e che comandava su metà Calabria nonché parte del nord Italia. Le sue prime deposizioni infatti non convincono i magistrati. Dubbi che sono propedeutici al fatto che ancora i suoi verbali non sono stati depositati nei principali processi sulla ‘Ndrangheta in cui è imputato o in quelli in cui il suo dichiarato potrebbe risultare determinante ai fini dell’accertamento della verità. Tra questi è da ricordare il processo per l’omicidio di Rosario Ruggiero, avvenuto nel 1992 a Cutro, o il processo Aemilia, il più grande processo contro la ‘Ndrangheta al nord, in cui il mammasantissima è stato riconosciuto colpevole in primo grado per l’omicidio di Giuseppe Ruggiero e condannato all’ergastolo. In quel troncone del processo Aemilia, Grande Aracri era stato condannato solo per quell’omicidio e gli altri imputati - Angelo Greco, Antonio Ciampà e Antonio Lerose - erano stati assolti. Chissà se il dichiarato di Nicolino Grande Aracri riuscirà ad entrare nel processo (la procura di Bologna ha fatto ricorso contro le assoluzioni dei boss) ora che la sua attendibilità è stata quantomeno messa in discussione. Nel frattempo però il super boss continua a godere dello status di collaboratore di giustizia tant’è che ai suoi familiari è stato proposto protezione dallo Stato che però è stata rifiutata.

Foto tratta da: calabria7.it

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