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Non solo l'Italia, la Calabria ed il territorio di Limbadi. La cosca Mancuso aveva ramificazioni fino in Africa. A raccontarlo è stato il collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso, figlio di Pantaleone detto “l’ingegnere”, sentito ieri nel corso del processo "Rinascita-Scott", in corso a Vibo Valentia. Stando alle dichiarazioni del collaboratore il clan avrebbe delle cellule in Africa. Trattasi di rapporti con politici di spicco siti nella zona centrale del continente, tra cui anche l'ambasciatore del Congo. Grazie alle dichiarazioni dell'ex rampollo della famiglia mafiosa di Limbadi viene delineata sempre di più la potenza del clan il quale, oltre ad essere entrato in contatto con figure istituzionali, le avrebbe anche ospitate a Nicotera per chiudere accordi.
Il contatto con l'ambasciatore risalirebbe al 2014, quando - secondo la Dda - "l'ingegnere" Mancuso si diede alla latitanza in quanto ricercato per tentato omicidio (commesso assieme al figlio Giuseppe Salvatore) ai danni della zia Romana Mancuso. Pantaleone Mancuso trovò così rifugio nella Capitale e poi nel continente sudamericano. Dapprima in Argentina, "dove era di casa, soprattutto nelle carceri" - ha detto il collaboratore di giustizia in risposta alle domande del pm Annamaria Frustaci - e successivamente spostatosi in Brasile, Paese in cui venne poi catturato ed estradato in Italia. "Dopo essere stato preso, venne poi messo in libertà dal Tdl a seguito di annullamento della Cassazione", ha detto Emanuele Mancuso. Ed è proprio in quel periodo che sarebbe avvenuto l'incontro raccontato dal giovane: "Prima che tornasse ad essere sottoposto alla misura della libertà vigilata, si verificò l'incontro con l'ambasciatore del Congo. La mia famiglia, infatti, aveva rapporti con esponenti politici del Paese africano e in quel periodo l'ambasciatore ed un altro funzionario vennero ospitati per due volte a pranzo nella mia abitazione". "Mio padre, - ha continuato Emanuele Mancuso - conoscendo il mio carattere, ricordo che la mattina del primo incontro mi disse: 'Mi raccomando, oggi comportati bene perché è un giorno importante'. Quando chiesi i motivi della visita di quelle persone, mia madre mi riferì che mio padre sarebbe entrato ad investire nel business del petrolio. E ricordo, inoltre, che in una delle due occasioni, l'ambasciatore ci portò anche numerosi passaporti diplomatici". Su quest'ultimo aspetto è intervenuta subito la Frustaci stoppando il collaboratore in quanto sulla questione sono in corso le indagini. Le dichiarazioni di Emanuele Mancuso, sui rapporti della famiglia con esponenti istituzionali di primo livello, non sono andate più a fondo perché sulla vicenda vige ancora il segreto istruttorio. Il collaboratore, infatti, si è poi concentrato su altri aspetti che rientrano nell'inchiesta "Petrolmafie".

Foto © ACFB

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