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Gratteri: “Un ulteriore passo avanti nella dimostrazione di quella che oggi è la ‘Ndrangheta”

Dieci ordinanze cautelari e il sequestro preventivo di beni per un valore complessivo di oltre 50 milioni di euro, sono questi i dati dell’operazione Coccodrillo riassunti dal procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri. Il lavoro degli investigatori ha messo in luce le collusioni che c’erano tra il gruppo imprenditoriale Lobello e alcune delle più potenti cosche della 'ndrangheta.
“Questa è un’indagine importante - ha detto Gratteri - un ulteriore passo avanti nella dimostrazione di quella che oggi è la ‘Ndrangheta. Ci sono coinvolte le imprese che si relazionano in modo diretto con le famiglie di ‘Ndrangheta come i Mazzagatti e gli Arena. Decine di imprese che noi inseguiamo mentre loro mutano pelle nel corso degli anni per non farsi raggiungere sul piano delle misure di prevenzione, sul piano delle interdittive antimafia e poi sul piano penale”. Riferendosi poi nello specifico alla famiglia Lobello ha spiegato che, “ha messo in piedi una costellazione di imprese che, nel corso degli anni, ha cercato di dissimulare e di sfuggire alla giustizia, cercando di correre più veloce rispetto agli accertamenti”.
Certamente il gruppo Lobello partecipava alla realizzazione degli appalti pubblici e privati in collaborazione con diverse consorterie di ‘Ndrangheta, inoltre, ha concluso Gratteri, “riuscivano a mimetizzarsi usando un vocabolario 'Ndranghetista con la 'Ndrangheta e diverso per i rapporti con la pubblica amministrazione”.
Anche il procuratore Vincenzo Capomolla si è espresso nel merito dichiarando che "si tratta di uno spaccato chiarissimo di un gruppo imprenditoriale che ha scelto la collusione con la criminalità organizzata. Un quadro chiaro dell'attività che negli ultimi 15/20 anni ha posto in essere grazie a rapporti di protezione e reciproco sostegno con i gruppi criminali sia del Catanzarese che del Reggino”.





Il gruppo imprenditoriale quindi grazie alla collaborazione delle consorterie mafiose è riuscito a mettere le mani anche su appalti di notevole rilevanza pubblica come per la realizzazione della variante alla strada statale 106, ma anche diverse opere private nel Catanzarese e nel Crotonese riuscendo così - ha detto il procuratore Vincenzo Capomolla - "a distorcere completamente il meccanismo del mercato sul territorio, con un clima intimidatorio anche all'interno della stessa azienda”, ribadendo che questo gruppo “ha scelto la ‘Ndrangheta come strategia imprenditoriale” e che “si tratta di rapporti diretti con esponenti apicali delle cosche da parte di Antonio Lobello e suo figlio Giuseppe per assicurarsi gli appalti e la tranquillità sui cantieri. Abbiamo registrato il monopolio della gestione del calcestruzzo per realizzazione di macrolotti della 106. Non dimentichiamo che la scelta collusiva con le cosche rendono inoltre nulli i diritti dei lavoratori all’interno della ditta stessa”.
Oltretutto l’esponente della famiglia imprenditoriale Giuseppe Lobello (figlio di Antonio Lobello) era diventato un vero e proprio punto di riferimento imprenditoriale per la ’Ndrangheta, poiché come ha spiegato il comandante del gruppo polizia economica, il colonnello Camine Virno “c'era una condivisione di obiettivi con la 'Ndrangheta e Giuseppe Lobello” sottolineando che “solo nell'ultimo periodo il gruppo Lobello si era aggiudicato 25 appalti pubblici, grazie ad un'organizzazione ben strutturata”.
Alla conferenza stampa era presente anche il generale della Guardia di Finanza Dario Solombrino che si è soffermato sulla capacità di condizionamento degli appalti ed evidenziando l’importanza di aver sequestrato 50 milioni di beni alla criminalità organizzata calabrese.

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