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Catturato in un casolare nei pressi di Vibo Valentia, ora si indaga sulla rete di fiancheggiatori

E’ finita la latitanza di Domenico Bellocco, esponente di spicco dell'omonima famiglia mafiosa di Rosarno, attuale reggente della cosca. A un anno di distanza dall’operazione “Magma” dalla quale era riuscito a fuggire, il boss è stato finalmente arrestato ieri sera in un casolare di Mongiana, in provincia di Vibo Valentia. Il blitz eseguito dai finanzieri del Goa e dai carabinieri "Cacciatori di Calabria" è stato coordinato dal procuratore di Reggio Giovanni Bombardieri e dall'aggiunto Gaetano Paci. I militari sono arrivati alla sua cattura grazie ad elementi utili alla sua localizzazione raccolti nell'ambito dell'operazione "Tre croci” di ieri. Bellocco era sfuggito all'ordinanza di custodia cautelare emessa nei suoi confronti dal gip Antonino Foti su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Si trattava di un'inchiesta che ha consentito ai pm di stroncare la cosca Bellocco e le sue articolazioni operanti nel centro e nord Italia. L'indagine era partita dal sequestro, avvenuto nel 2016, di quasi 400 chili di cocaina che era stata gettata in mare dall'equipaggio di una motonave a bordo della quale c'era un soggetto che le indagini hanno accertato essere in contatto con un uomo legato alle cosche di Rosarno il cui promotore, secondo i pm, era proprio Domenico Bellocco. Stando all'inchiesta, il latitante coordinava le operazioni di importazione di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente giunti in Italia attraverso il porto di Gioia Tauro. Nei confronti di Bellocco, ci sono anche le dichiarazioni dei pentiti Salvatore Albanese e Giuseppe Tirintino. I due collaboratori di giustizia lo indicano come uno dei soggetti che hanno ricevuto dallo zio capo cosca Umberto Bellocco l'investitura a reggente della cosca. Il boss si trova ora nel carcere di Vibo Valentia. "L'approfondimento e la cura delle indagini della Dda di Reggio Calabria nella ricerca dei latitanti sono stati ancora una volta premiati da un risultato molto importante" ha commentato il procuratore Giovanni Bombardieri che, assieme all'aggiunto Gaetano Paci, ha seguito tutte le fasi della cattura. "Dopo gli arresti di qualche mese addietro nel Sud America - ha aggiunto il capo della Dda - oggi, sempre nell'ambito della medesima operazione 'Magma', è stato catturato un personaggio di spicco della criminalità organizzata di stampo 'ndranghetista della zona tirrenica della provincia di Reggio Calabria. Domenico Bellocco, anche alla luce di recenti dichiarazioni di collaboratori di giustizia, è ritenuto il reggente della potente cosca Bellocco di Rosarno. Ringrazio il Comando provinciale della Guardia di finanza ed il Comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria per lo straordinario lavoro dei loro uomini che con grande professionalità e con esemplare sinergia hanno saputo ottenere questo importante risultato, perseguito sin dal momento in cui il Bellocco, l'anno scorso, si era reso latitante”, ha concluso.

La rete di fiancheggiatori
Nel frattempo il sostituto procuratore della Dda Francesco Ponzetta è già al lavoro per ricostruire la rete di fiancheggiatori che avrebbero consentito al boss di stare alla macchia per circa un anno e, allo stesso tempo, non allontanarsi dalla locale di 'Ndrangheta di Rosarno che lui stesso reggeva su incarico del patriarca della cosca Umberto Bellocco. Il magistrato, coordinato dal procuratore Giovanni Bombardieri e dall'aggiunto Gaetano Paci, ha avviato alcuni accertamenti sul documento falso trovato addosso a Domenico Bellocco che nell'ambiente mafioso si fa chiamare "Mico u curtu" o "Mico di Mario", dal nome di suo padre, ritenuto dagli inquirenti un altro esponente importante della cosca di Rosarno. Accanto alla fotografia del latitante su quel documento, infatti, carabinieri e guardia di finanza sono convinti ci sia un nome che corrisponde a una persona realmente esistente. Adesso resta da comprendere se si tratta di un soggetto consapevole, o meno, che il boss si muoveva utilizzando la sua identità. Partendo anche da questo, oltre che riesaminando gli elementi di indagine raccolti dal Gico e dal Nucleo investigativo dell'Arma, i pm sperano di riuscire a identificare i soggetti che, l'anno scorso, hanno consentito al boss prima di sfuggire alla cattura nell'ambito dell'inchiesta "Magma" e poi di muoversi liberamente tra la Piana di Gioia Tauro e la provincia di Vibo Valentia.

Foto © Imagoeconomica

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