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Gratteri: "Cosca molto potente, inchiesta è uno step"
Inquinavano il settore turistico, quello boschivo e quello immobiliare oltre a gestire importanti traffici di stupefacenti, gli uomini della cosca di ‘ndrangheta Anello-Fruci dominante a cavallo tra le province di Catanzaro, nell'area del Lametino, e di Vibo Valentia che stamane sono stati arrestati dalle Fiamme Gialle guidate dalla Dda di Catanzaro. Il blitz, che ha portato all'emissione di 75 misure cautelari e che vede sotto indagine 158 soggetti, oltre ad aver accertato le attività di truffe all’Inail e gli immancabili rapporti politico-istituzionali, ha svelato le proiezioni internazionali della cosca Anello-Fruci all'estero, con un forte radicamento in Svizzera. L’operazione infatti è nata da una complessa attività investigativa, lunga 4 anni, coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro e dalla Procura della Confederazione Elvetica, con l'impiego di 720 finanzieri e di appartenenti alla Polizia Federale Svizzera, confluiti in una squadra investigativa comune presso Eurojust. L'esito del blitz è stato presentato oggi in una conferenza stampa alla quale hanno presenziato il procuratore capo della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri, il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla, il comandante regionale della Guardia di Finanza, generale Fabio Contini, il comandante dello Scico della Gdf, Alessandro Barbera, il comandante provinciale della Guardia di Finanza di Catanzaro, generale Dario Solombrino, e il comandante del Nucleo di polizia economica della Guardia di Finanza, colonnello Carmine Virno. Le indagini hanno consentito di delineare i profili di una cosca, quella degli Anello-Fruci, assurta al rango di "locale", al cui vertice - hanno riferito gli investigatori - si poneva Rocco Anello, non colpito dalle odierne misure cautelari perché già in carcere, affiancato nella guida della consorteria dal fratello Tommaso e da Giuseppe e Vincenzino Fruci. Molteplici, i rapporti accertati dagli inquirenti della cosca con altre potenti cosche, come i Mancuso di Limbadi, i Bonavota di Sant'Onofrio, i Tripodi e Lo Bianco di Vibo Valentia, gli Accorinti di Zungri, gli Iozzo Chiefari di Chiaravalle Centrale, i Bruno di Vallefiorita, i Trapasso di San Leonardo di Cutro. Documentati inoltre dagli inquirenti "summit mafiosi", tra gli esponenti di vertice della cosca Anello-Fruci e leader di altri gruppi come gli stessi Mancuso. Fondamentali sono state le puntuali dichiarazioni di ben 29 collaboratori di giustizia che hanno consentito agli inquirenti di portare a termine l’inchiesta con successo.
In conferenza stampa, gli investigatori hanno illustrato i settori nei quali la cosca Anello-Fruci esercitava un "controllo totale", da qui il nome dell'operazione "Imponimento”. I settori su cui, più di altri, si erano concentrate le attenzioni del clan erano il settore turistico "attraverso una profonda infiltrazione all'interno di alcune delle più importanti realtà della fascia tirrenica del territorio di azione" e l'imposizione delle guardianie, anche a gruppi di rilievo nazionale, e lo sfruttamento del settore boschivo, "attraverso l'imprenditore di riferimento, Nicolas Monteleone, uomo di fiducia di Rocco Anello, che aveva creato un collaudato meccanismo collusivo di rotazione nell'aggiudicazione delle gare relative agli appalti boschivi, posto in essere attraverso turbative d'asta e illecita concorrenza sleale, grazie all'appoggio di amministratori e tecnici comunali". Ma la cosca Anello-Fruci aveva in sostanza il monopolio, nel territorio di riferimento, anche del movimento terra per la costruzione di supermercati, edifici pubblici, strutture turistico-alberghiere; e aveva allungato le radici anche nel settore dello smaltimento dei materiali tossici di risulta, che - hanno spiegato gli investigatori in conferenza stampa - "venivano illecitamente sversati in aree naturalistiche protette" come il Parco delle Serre. Tra i campi di attività illecita della cosca inoltre le truffe all'Inail, attuate attraverso un collaudato meccanismo che permetteva al sodalizio di "conseguire l'indennizzo per supposti incidenti sul lavoro dei quali veniva creata l'apparenza, anche tramite false assunzioni, o comunque per ottenere il riconoscimento di indennità in misura superiore a quella spettante". Ovviamente, la cosca Anello-Fruci - hanno poi annotato gli inquirenti - poteva contare su una considerevole "potenza di fuoco", al punto che è stato sequestrato, tra Calabria e Svizzera, un autentico "arsenale" composto da fucili, carabine, kalashnikov, pistole di diversi calibri e munizionamento. Così come è stato sequestrato il "tesoro" della cosca, per un valore stimato in oltre 169 milioni di euro, composto da 124 terreni, 116 fabbricati, 26 società, 19 ditte individuali, 84 automezzi, 2 moto e diversi rapporti bancari e finanziari, detenuto sia direttamente che attraverso prestanome, il cui valore è risultato sproporzionato rispetto alle capacità economico-reddituali dei rispettivi titolari: fondamentale sotto quest'ultimo aspetto è stato il lavoro di approfondimento, da parte della Guardia di Finanza, delle segnalazioni per operazioni sospette.
Legami con i politici
Dalla complessa attività d’indagine emerge altresì come la cosca Anello-Fruci, colpita dall'operazione "Imponimento" della Guardia di Finanza, si avvaleva della complicità e della collusione di pubblici amministratori e politici, soprattutto nell'aggiudicazione delle gare relative agli appalti boschivi. Parlando con i giornalisti a margine della conferenza stampa di questa mattina, il procuratore capo della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri, ha osservato: "Ormai purtroppo è una costante: nelle indagini che stiamo facendo alla Procura di Catanzaro troviamo sempre pubblici amministratori e politici, sia perché noi abbiamo alzato il tiro e il livello investigativo, sia perché - è un dato ormai riscontrato nella realtà - la criminalità organizzata e la 'ndrangheta da sole non potrebbero commettere certi reati senza il controllo di una pubblica amministrazione corrotta o collusa e di una politica collusa. Il nostro è un lavoro che durerà a lungo, cercando di convincere, anche attraverso i risultati qualitativi di oggi, che delinquere non conviene". Nell'operazione "Imponimento" - hanno poi spiegato in conferenza stampa i vertici della Guardia di Finanza - risultano indagati alcuni amministratori locali di Comuni del Catanzarese e del Vibonese, che - è stato rilevato dagli inquirenti - con le loro attività avrebbero agevolato la cosca Anello-Fruci.
Dalle indagini è emerso inoltre il legame di Rocco Anello con la Svizzera, sede di investimenti e traffici illeciti della cosca. Un legame, hanno sottolineato gli investigatori - di lunga data". Il presunto capocosca Rocco Anello - ha rilevato in conferenza stampa il comandante del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Catanzaro, il colonnello Carmine Virno - "mensilmente saliva in Svizzera e introduceva in Italia grosse quantità di soldi e anche di armi". Secondo quanto emerge dall'inchiesta, inoltre, "i principali referenti degli Anello-Fruci in territorio elvetico, Carmelo Masdea (uomo soprattutto vicino a Tommaso Anello), Marco Galati e Fiore Francesco Masdea, ne curavano gli affari provvedendo al comparto armi e gestione attività economiche, riscuotendo soldi (le cosiddette 'potature') e trasportando, in contanti, ingenti somme di denaro verso Filadelfia", il paese epicentro del dominio della cosca Anello-Fruci. Sempre secondo quanto riferito in conferenza stampa dagli inquirenti, nelle perquisizioni di stanotte in Svizzera sono stati ritrovati, e sequestrati, 100mila euro in contanti.
Il caso dell’ex assessore regionale, da vittima a sostenitore dei boss
Altre risultanze riguardano, in particolare, i fratelli imprenditori del settore alberghiero, Emanuele e Francescantonio Stillitani, quest'ultimo accusato di concorso esterno in associazione mafiosa ed estorsione, in passato già sindaco di Pizzo Calabro (Vibo Valentia) e già assessore regionale, "inizialmente erano vittime" della cosca Anello-Fruci, ha spiegato il comandante del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza, colonnello Carmine Virno, poi "hanno deciso di passare dalla loro parte per ricavarne dei tornaconti". Secondo il colonnello Virno, in particolare, "c'era un lido che dava parecchio fastidio agli Stillitani, perché posizionato tra due loro villaggi, e hanno fatto di tutto per cercare di non farlo partire: muovendo anche degli escavatori per creare dei cumuli di sabbia. Fino a quando questi imprenditori onesti non hanno ceduto dopo l'incendio della struttura". Nell'incontro con i giornalisti, gli investigatori hanno evidenziato che successivamente "i fratelli Stillitani, Emanuele e Francescantonio, ponendosi quali concorrenti esterni al sodalizio mafioso Anello-Fruci, ne hanno rafforzato la sfera di influenza, rendendosi parte attiva in condotte estorsive e favorendo la gestione dei servizi e delle forniture dei villaggi in capo alla cosca stessa, traendone i relativi benefici sia in termini di protezione mafiosa che di tipo economico; forniture, guardiania e servizi connessi all'attività erano a gestione esclusiva della cosca".
Anello cosca molto potente
Durante la conferenza stampa il procuratore capo della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri, che ha coordinato le indagini, ha detto che “questa indagine è uno step. La famiglia di 'ndrangheta più importante è quella degli Anello, un locale di 'ndrangheta molto forte, molto determinato, che si allarga fino alle Serre. Abbiamo notato da subito il respiro internazionale di questa organizzazione e ci siamo rivolti a Eurogest, in particolare a Filippo Spezia che è il magistrato che rappresenta l'Italia ad Eurogest. Abbiamo così creato - ha spiegato il capo della Dda del capoluogo calabrese - delle squadre investigative comuni con finanzieri che sono andati in Svizzera e investigatori svizzeri che sono arrivati fin qui, perché questa indagine, oltre a riguardare due province, Vibo Valentia e Catanzaro, ha riguardato anche l'estero, in particolare il territorio di Berna". Per quanto riguarda l’arsenale sequestrato al clan il procuratore ha spiegato che “le armi servono non solo per fare mercato, ma soprattutto sono una riserva, perché ogni locale di 'ndrangheta ha bisogno di un esercito armato per intimorire le altre organizzazioni limitrofe". In Svizzera, ha sottolineato Carmine Virno, comandante del Nucleo di polizia economico-finanziaria, sono state sequestrate munizioni, pistole, fucili e soldi in contante: "La cosca in Svizzera - ha detto il colonnello - è viva e in filo diretto con la Calabria".
Fermi eseguiti per evitare fuga notizie
Nicola Gratteri ha inoltre confessato in conferenza stampa che “siamo stati costretti a fare il provvedimento di fermo perché l'autorità giudiziaria svizzera aveva la necessità di depositare gli atti, perché i sistemi giudiziari non sono omologhi, e si doveva evitare la fuga di decine e decine di indagati". "Ringrazio il direttore della Banca d'Italia che, come per 'Rinascita-Scott' in 48 ore - ha spiegato Gratteri - ci ha consentito di avere i provvedimenti di fermo, sono 3500 pagine per 75 soggetti. Un grande ringraziamento, perché altrimenti noi non saremmo riusciti nemmeno in una settimana a fare questo lavoro. Questo provvedimento di fermo è stato necessario farlo perché, in base al codice di procedura penale svizzero, le autorità giudiziarie di Berna avrebbero dovuto depositare gli atti a conoscenza degli indagati e quindi avremmo avuto una fuga di notizie clamorosa. Purtroppo - ha concluso il procuratore capo della Dda di Catanzaro - fino a quando gli Stati non avranno la volontà e il coraggio di creare un sistema omologo nel contrasto alla criminalità organizzata nel mondo occidentale, dobbiamo cercare noi, con il buon senso, di sopperire alle deficienze dei sistemi legislativi e quindi anche del potere politico del mondo occidentale”, ha concluso.